Benvenuti al numero 181 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Vi siete mai chiesti quali sono gli insaccati e quali i salumi? Il prosciutto è un insaccato? Quando parliamo di prosciutto, bresaola, salame e simili prodotti a base di carne, spesso utilizziamo come sinonimi le parole “salumi” e “insaccati”. Eppure, se vogliamo essere più precisi dovremmo riferirci a due macrocategorie: salumi insaccati e salumi non insaccati. In Italia si producono più di 300 tipi di salumi, insaccati e non insaccati, normalmente a base di carne (ne esistono anche a base di pesce, ma oggi rimaniamo su quelli a base di carne). Proviamo a fare un po’ di chiarezza su questa distinzione e sulle relative caratteristiche. I tratti comuni che apparentano salumi insaccati e non insaccati riguardano la loro provenienza: si tratta infatti di alimenti a base di carne sottoposti a un processo di trasformazione, che ne aumenta la conservabilità, e a eventuali trattamenti specifici quali la stagionatura o l’affumicatura. L’origine delle carni può ovviamente variare di prodotto in prodotto: suino, ovino e bovino di allevamento sono quelle più comuni, ma sono utilizzate anche carni più rare e pregiate come quelle del cervo e della selvaggina, cinghiale e capriolo su tutte. Possono essere di carne cruda o cotta. In alcuni casi le carni sono mischiate per ottenere un sapore unico, il tutto, almeno in Italia e nella comunità europea in genere, sottoposto a rigide certificazioni e a stretti controlli di qualità. Sono altamente calorici, anche se esistono affettati magri adatti per le diete. Contengono elevate quantità di sale che ne permette la conservazione per molto tempo. E’ un tipo di lavorazione che risale a quando non c’erano i frigoriferi, ma era necessario conservare gli alimenti per consumarli nel corso dei mesi. Le somiglianze si fermano qui, perché poi possiamo distinguere, come detto, tra salumi insaccati e salumi non insaccati. I salumi insaccati vengono fatti a partire da carni tritate crude o cotte, anche se ci sono insaccati in cui la carne non viene tritata (coppa o culatello per esempio). La più comune è il maiale, ma possono essere mischiate più carni, che vengono inserite in un involucro contenitore (appunto “insaccate”), solitamente l’intestino di un animale, anche se sempre più spesso le aziende produttrici usano involucri sintetici. La lavorazione degli insaccati passa attraverso diverse fasi. Si inizia dalla la scelta delle carni a cui segue la lavorazione: la carne viene disossata e pulita, vengono eliminate le cartilagini e i tendini, dopo di che si procede alla triturazione a cui segue il mescolamento. In questa fase alla carne vengono aggiunti vari ingredienti come sale, spezie, erbe aromatiche, zuccheri, polvere di latte e additivi. Segue infine, come già detto, l’inserimento in un involucro contenitore su cui vengono fatti dei fori far uscire l’acqua. Segue l’essiccazione, che dura tra le 30 e le 50 ore, poi il prodotto viene fatto stagionare in locali adatti. Apro una parentesi sugli additivi, su cui si sentono spesso notizie allarmanti infondate. (Sulle bufale alimentari, che sono uno dei miei argomenti preferiti, invito a rivedere la mia newsletter n. 153.) Gli additivi più comuni negli insaccati sono i nitriti e nitrati di sodio e potassio, che danno il tipico colore rosso, la cui funzione è quella di impedire lo svilupparsi del botulino e di altre muffe. Forse anche a causa di un certo allarme diffusosi sugli additivi, va detto che la produzione di salumi senza nitriti e nitrati si sta diffondendo sempre di più (naturalmente usando altri tipi di additivi, perché comunque botulino e muffe vanno combattuti). Permettetemi una digressione: è la dose che fa il veleno. Vale per i nititi, i nitrati, il sale, i solfiti. Io ad esempio non sopporto i cibi insipidi, mangio il salame, bevo il vino e mangio la frutta secca, che di solfiti ne ha anche più del vino!, e mi piace tanto il basilico, che sembra sia stato ormai accertato sia cancerogeno. Per ogni sostanza ritenuta pericolosa dipende ovviamente da quanto uno ne assume. Sui nitriti e nitrati, non solo per tranquillizzare, ma per confutare le bufale che circolano, rimando a quello che sull’argomento dice l’ESFA (l’agenzia dell’Unione europea istituita per studiare e comunicare i rischi associati alla filiera alimentare): Nitriti e nitrati aggiunti agli alimenti. Ma quali sono gli insaccati più famosi? Ecco un elenco, sicuramente incompleto, che solo a leggerlo vi farà venire l’acquolina in bocca: salame, salamella, mortadella, coppa, culatello, culaccia, salsiccia, würstel, sanguinaccio, soppressata, testa in cassetta, finocchiona toscana, zampone, cotechino, luganega e verzino. Uno dei salumi insaccati più diffusi – forse il più famoso – è il salame, che viene insaccato prima di essere sottoposto al processo di asciugatura e poi a quello di stagionatura. Credo che sul salame, per qualità e varietà, l’Italia vanti un primato assoluto. Anche la mortadella rientra in questa categoria: per la precisione, è un insaccato cotto di suino che utilizza le cosce nelle loro rifilature minori, con l’aggiunta del lardello di gola. Infine la coppa, che secondo il metodo tradizionale di produzione, dopo la rifilatura e il massaggio con una miscela di sale, pepe e erbe aromatiche prevede l’insacco in un budello naturale prima della stagionatura, lunga alcuni mesi. I salumi non insaccati sono invece quelli prodotti a partire da parti intere dell’animale di diversi tagli, come possono essere la spalla o la coscia che vengono lavorati attraverso processi di salatura, stagionatura o essiccazione, ma che non subiscono né macinatura né insaccamento e che non prevedono tra i vari step di trasformazione il processo di confezionamento, quindi salumi in cui non è presente un involucro naturale o artificiale. Anche nel caso dei salumi non insaccati possiamo distinguere tra salumi cotti e crudi. I salumi non insaccati cotti più conosciuti sono il prosciutto cotto (origine suina), la fesa e l'arrosto di tacchino; i salumi non insaccati crudi sono il prosciutto crudo, lo speck, il bacon ma anche la pancetta, il lardo e la bresaola. In Italia i salumi rappresentano un pilastro della gastronomia in grado di raccontarci storie e abitudini secolari del nostro paese. Tra le centinaia di salumi italiani, molti hanno ottenuto un riconoscimento Dop o Igp. Ecco quali sono i più diffusi: Prosciutto crudo di Parma Dop, Prosciutto di San Daniele Dop, Culatello di Zibello Dop, Mortadella di Bologna Igp, Cotechino di Modena Igp, Bresaola della Valtellina Igp, Finocchiona Igp, Lardo di Colonnata Igp. Ognuno di questi prodotti meriterebbe una trattazione a parte che prima o poi farò. Sento che è scattato l’avvertimento del tostapane in cui ho messo a scaldare una, ok due fette di pane perché ho due bei salami, uno di Felino e l’altro cremonese. Non so ancora quale sceglierò, anche se temo che li proverò entrambi.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Involtini di carne al sugo
Il ristorante della settimana: La Sala Bistrot, Milano
Il vino della settimana: Amarone: annate diverse
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato.
Se vi piace questa newsletter e volete condividerla con un amico buongustaio o un’amica buongustaia, c’è un comodo pulsante rosso qui sotto:
La videoricetta: Involtini di carne al sugo
Gli involtini di carne al sugo sono una tipica ricetta della domenica, anche se mi sembra adatta per essere fatta durante tutto l’arco della settimana. Il bello di questa ricetta è che grazie alla cottura prolungata degli involtini, il sugo fatto con la passata di pomodoro acquista un sapore ricco e inconfondibile. Il sugo di pomodoro, oltre a essere utilizzato per fare scarpetta, può essere poi benissimo utilizzato per condire una pasta. Buona visione!
Il ristorante della settimana: La Sala Bistrot
Siamo a Milano, tra corso Sempione e via Sarpi, via Prina 2/a. Qui troviamo la Sala Bistrot, quella che si può definire una enoteca con cucina. Il locale è un fazzoletto che comunque ospita una ventina di posti a sedere all’interno, qualche tavolino sul marciapiede, un bancone in marmo, due panche ai lati della sala e tante bottiglie su mensole e scaffali. Dai tavoli si può sbirciare la cucina da cui Tommaso Sorgentone (ex Spazio Milano) sforna piatti sfiziosi. Il menu è ristretto, senza la canonica divisione in antipasti, primi e secondi e, insieme a materie prime ben selezionate, tra cui ottimi salumi e formaggi campeggiano piatti sfiziosi come i Taglionini al burro acido, alici e cime di rapa, il Pesce spada in salsa mugnaia, pepe di timut, cicoria o il Diaframma, cipolle in agrodolce. Non è da meno la carta dei vini di Carlo Maldotti (anche lui ex Spazio Milano), capace di proporre una serie di chicche di livello, perlopiù di piccoli produttori, e di assicurare un servizio al tavolo attento e affabile che ti invoglia a tornare. Conto sui 50 euro a testa. Consigliato. La Sala Bistrot
Il vino della settimana: Amarone: annate diverse
L’Amarone della Valpolicella è uno dei grandi vini italiani, sicuramente il più pregiato della zona collinare intorno a Verona. Prodotto da uve appassite e vinificato secco, è un vino rosso che deriva dall’evoluzione di uno dei più antichi vini d’Italia, il Recioto, un vino dolce dalla storia millenaria. Si può affermare che si tratta di un vino che negli ultimi anni ha un po’ cambiato stile se confrontato con gli Amaroni del passato. Come ci racconta Angelo Sabbadin in un articolo scritto recentemente per la sezione vino di passione Gourmet, “abbiamo notato da tempo come sta evolvendo la metodica di produrre Amarone, abbassando il livello di zuccheri privilegiando le parti dure di acidità e mineralità dando più equilibrio e più beva, non relegandolo solo a grandi arrosti e grandi formaggi ma rendendolo più versatile e contemporaneo”. Lo scorso giugno Angelo ha partecipato a degustazioni organizzate dal Consorzio Tutela Vini della Valpolicella, in cui sono stati presentati Amaroni usciti in commercio con annate che vanno dalla 2011 alla 2019, e nell’articolo sopra citato ha presentato le sue note di degustazione relative a una sessantina di vini di queste nove annate, per ciascuna delle quali ci ha anche fornito brevi ed efficaci indicazioni. Ecco il link all’articolo: Amarone: annate diverse. Buona lettura!
Buona domenica!
* * *
Questa newsletter è gratuita, ma se volete offrirmi uno dei caffè che consumo per scriverla potete farlo via PayPal, usando questo link Orazio Food Experience su PayPal e selezionando “invia denaro ad amici”.
Per fare la stessa cosa via Satispay, ecco il QR Code da inquadrare.