Benvenuti al numero 150 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto ai nuovi iscritti di questa settimana. Tra una settimana è Pasqua. Approfitto per dire che domenica prossima questa newsletter non uscirà. Avevo pensato di parlarvi del mio menu di Pasqua, ma quest’anno a Pasqua sarò in Langa, al ristorante, col menu che lo chef avrà deciso di preparare. Per chi sta a casa e non ha ancora deciso cosa cucinare per Pasqua il mio canale YouTube contiene alcune ricette perfette per l’occasione. Quella di oggi, ad esempio, il carré di agnello con contorno di patate al forno e carciofi è un grande classico, oppure, per chi non ama l’agnello, quella proposta la settimana scorsa, il filetto alla Wellington; per chi non ama la carne, polpettone di verdure con lenticchie, o al contrario, per rimanere nella tradizione, la ricetta proposta per Pasqua due anni fa, il rollè di agnello alle erbe. Oggi in realtà, a qualche giorno dal “Carbonara day”, che sarà il 6 aprile, oltre a fare un po' di pubblicità alla “mia” ricetta delle mezze maniche alla carbonara, il cui video risale a qualche settimana fa (ve lo consiglio caldamente), volevo fare una riflessione, magari con un pizzico di ironia, oltre che su di me, soprattutto sui difensori della cosiddetta “tradizione”. Mi sono avventurato in questi tre anni nella preparazione e proposta di video di alcune delle principali ricette della tradizione, la carbonara, il risotto alla milanese, la cacio e pepe, la cotoletta alla milanese, l’amatriciana, le orecchiette alle cime di rapa, il ragù alla bolognese, il ragù napoletano, i tortellini, la pasta con le sarde, le puntarelle alla romana, la genovese (napoletana), la cassoeula, il tiramisù e molte altre e su tutte mi sono imbattuto in qualche “purista” che mi ha fatto notare qualche imperdonabile “sbaglio” (normalmente l’omissione o l’aggiunta di qualche ingrediente, o l’utilizzo o meno di qualche attrezzo assolutamente intollerabile o al contrario indispensabile seguendo la fantomatica tradizione). Questi puristi, difensori assoluti del “si è sempre fatto così” (e confesso che qualche volta non escludo di averne fatto parte – chi è senza peccato scagli la prima pietra), fanno quasi sempre la figura di essere “ciucci e presuntuosi” come dicono a Napoli. E ho scoperto una cosa incredibile: per il purista ogni carbonara (o qualunque delle ricette sopra citate) è sbagliata, tranne la propria ovviamente! Su ognuna delle ricette più tradizionali ho fatto un po’ di ricerca sulla storia, consultato libri di ricette regionali, intervistato chef amici e persone (mamme in particolare) “riconosciute gourmet”, normalmente provenienti dalla regione o città che teoricamente avrebbe dato i natali alla ricetta e, come prevedibile, ho scoperto che nessuno aveva in testa la stessa cosa. Anche nei casi in cui la ricetta, “quella ufficiale” (vedi il ragù alla bolognese), è addirittura depositata presso la Camera di commercio, tutti hanno un loro modo di interpretarla e realizzarla. Per fortuna! Quanto alla carbonara il mio punto di arrivo è il seguente: uova (prevalenza di tuorli, ma anche un po’ di bianco), guanciale, pecorino e – udite! udite! – parmigiano e pepe. Per quanto rimanga uno dei miei piatti preferiti (per me è sempre Carbonara day!), ho avuto un vero e proprio percorso. La prima svolta fu la ricetta che Ugo Tognazzi pubblicò sul libro L’Abbuffone, nel 1974, uscito dopo il film La grande abbuffata, che io vidi qualche anno dopo la sua uscita. In quella ricetta si usavano la pancetta e il burro: per un affronto del genere oggi ci sarebbe la pena capitale! Ho adorato tutte le ricette di quel libro (a parte quelle infattibili del film), che ho fatto e rifatto ripetutamente – e che hanno contribuito a creare tra gli amici una certa reputazione –, e ho mantenuto fede a quella versione della carbonara fino a che non arrivò la versione di Gualtiero Marchesi, noblesse oblige, che prevedeva l’uso della panna (oggi pare per questo si rischi l’arresto). La panna, proprio la panna, sì. Era il 1989: 250 grammi per 400 g di spaghetti! E la panna era già stata sdoganata da Luigi Carnacina, a cui si deve “l’innovazione”, perché di innovazione si trattò, di usare il guanciale – se fosse stata fatta oggi, probabilmente per i puristi l’introduzione del guanciale sarebbe inaccettabile – al posto della pancetta, non nel Medioevo, ma negli anni ’60. A dirla tutta, proprio la carbonara dimostra che la tradizione è qualcosa da cui prendere ispirazione per superarla. Nella prima ricetta ufficiale apparsa in Italia, pubblicata nel 1954, sulla rivista La Cucina Italiana, la pasta alla carbonara aveva tra i suoi ingredienti pancetta, uova, aglio e gruviera. Certo, nientepopodimeno che aglio e gruviera!!! Senza contare che nella sua versione originale, da quello che si sa, forse i primi ingredienti vanno ricercati nelle razioni dei militari americani durante la fine della Seconda Guerra mondiale (forse c’era perfino il latte in polvere). Comunque sulla carbonara oggi non ho dubbi, finché qualcuno non me ne proporrà una più buona. Ripeto: uova (prevalenza di tuorli, ma anche un po’ di bianco), guanciale, pecorino, parmigiano, pepe e pasta corta: mezze maniche alla carbonara.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Carré di agnello a bassa temperatura con patate e carciofi
Il ristorante della settimana: Le Calandre, Sarmeola di Rubano (PD)
Il vino della settimana: Tignanello di Antinori
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato.
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La videoricetta: Carré di agnello a bassa temperatura con patate al forno e carciofi
Il carré di agnello è una carne tenerissima. che si presta perfettamente alla cottura a bassa temperatura. E’ una classica ricetta pasquale, e la cottura sous-vide, consentendo di separare il momento della cottura della carne da quello della finitura, permette di organizzarsi anticipando, magari a qualche giorno prima, la cottura dell’agnello. Il video mostra anche come preparare facilmente due contorni: patate al forno e carciofi saltati. Buona visione!
Il ristorante della settimana: Le Calandre
Siamo a Sarmeola di Rubano, in via Liguria, 1. Qui troviamo Le Calandre, chef Massimiliano Alajmo, che l’anno scorso ha festeggiato il trentesimo anno dal conseguimento (e mantenimento) della terza stella Michelin, il più giovane cuoco della storia ad ad essere diventato tristellato (vale la pena ricordarlo). A tanto successo contribuisce a tempo pieno il fratello-manager Raffaele che tiene le fila dell’impresa di famiglia. Infatti, oltre a Le Calandre, ci si può sedere ai tavoli del vicino bistrò Il Calandrino, a quelli delle Clementine a Roncade (TV), a quelli del Ristorante Quadri in piazza San Marco a Venezia nonché a quelli del Caffé Stern a Parigi. Avevo già perlato di Le Calandre al n. 4 di questa newsletter. Ci sono tornato recentemente e da una parte confermo quanto avevo già detto, cioè che “da sempre (e quando dico da sempre, intendo: da sempre) è uno dei miei ristoranti preferiti,” e a mio avviso “uno dei migliori ristoranti del mondo”. E confermo anche che in questi anni Massimiliano ci ha raccontato tante storie, mai una uguale all’altra, con una freschezza, un’energia, una verve ed una creatività che ce lo fanno apparire eternamente giovane. Una cosa non è cambiata: la filosofia di fondo: cioè che “la verità è quella degli ingredienti e alla cucina spetta il compito di valorizzarli.” Alcuni dei suoi piatti come il “cappuccino al nero di seppia” e il “risotto allo zafferano con polvere di liquirizia” sono ormai nella storia della ristorazione. Tre i menù degustazione (tutti a 265 euro) con possibilità di fare una composizione, a prezzo ridotto, da tre, quattro o cinque portate. E concordo pienamente con Claudio Persichella che su Passione Gourmet, a proposito delle Calandre ha scritto: “La grande cucina è, a tutti gli effetti, patrimonio culturale e, come tale, andrebbe diffuso il più possibile. Una tavola, allora, che riesce nell’intento di carpire l’interesse del gourmet incallito rappresentando anche un porto sicuro dove invitare l’amico titubante o disinteressato o, ancora, il parente stretto, sicuri che la grammatica gastronomica utilizzata sia comprensibile e latrice di gioia anche al profano, rappresenta una perla di inestimabile valore. Le Calandre appartiene a pieno titolo all’elenco di queste realtà, interpretando da tempo un ruolo trainante tra le pietre miliari della ristorazione italiana”. Posto imperdibile! Le Calandre
Il vino della settimana: Tignanello di Antinori
È uno dei vini più degustati, è battuto alle aste, discusso e vivisezionato in libri e riviste, custodito in cantina per figli e nipoti, è un’icona, un simbolo, una griffe: il Tignanello di Antinori. Il vino che Wine Spectator ha definito “The most influential wine in the history of Italy”. Inizia così un articolo che ho pubblicato recentemente nella sezione Pleasure Assets della rivista We Wealth. L’articolo include le mie note di degustazione sull’annata 2019 e ripercorre la storia del Tignanello, la cui prima annata fu il 1971, un vino diventato nel tempo, nonostante il numero cospicuo di bottiglie prodotte, anche molto interessante dal punto di vista di un eventuale investimento, visto che le quotazioni delle annate 2009, 2010 e 2011 sono aumentate mediamente di oltre il 100% negli ultimi cinque anni ponendo il Tignanello sul gradino più alto nella classifica degli incrementi di prezzo dei vini italiani sul mercato secondario. Ecco il link all’articolo: Tignanello di Antinori, il supertuscan per eccellenza
Buona domenica!
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