Benvenuti al numero 159 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto ai nuovi iscritti di questa settimana! Mi piace mangiare pesce e sicuramente nei mesi più caldi lo preparo più spesso del solito. Tra l’altro questo è un periodo in cui mi piace preparare tartare, quindi pesce crudo. Ho percepito che non tutti sono al corrente delle attenzioni che è necessario avere quando si ha a che fare con il pesce preparato a casa. Inizio col dire che le norme in Italia per il trattamento del pesce dal momento della pesca fino al momento dell’esposizione al banco per la vendita sono molto stringenti e quindi la qualità del pesce acquistato in pescheria o al supermercato, almeno da un punto di vista sanitario, è alta. Vale comunque sempre la pena di valutare alcuni segnali quando si procede all’acquisto. Il primo indicatore per essere sicuri che il pesce sia buono è l’odore, che deve essere quello del mare (se ci sono puzze strane è meglio lasciar perdere), le branchie a seconda della specie devono essere di un bel rosa intenso oppure di un rosso vivo e apparire umide ma non bagnate, la consistenza del pesce al tatto deve essere elastica e soda e gli occhi devono avere un colore “vivo” e brillante, di forma convessa e mai infossati e opachi. Ma come bisogna comportarsi dal momento dell’acquisto al momento della preparazione? Anzitutto bisogna considerare che il pesce al di sopra dei 4 gradi accumula batteri, quindi bisognerebbe far in modo di raggiungere al più presto possibile il proprio frigorifero per riporre il pesce nella zona più fredda (normalmente la parte bassa, sopra i cassetti destinati alle verdure), in modo da continuare la catena del freddo che è iniziata dal momento in cui il pesce viene pescato. Ma al di là della proliferazione batterica, forse il rischio più grande è rappresentato da un parassita, l’anisakis, anzi dalle larve di anisakis, che nello stadio di larva può annidarsi in molti pesci, come il salmone, il tonno, le acciughe, il merluzzo e lo sgombro, nei quali è diffusissimo. Si stima che sia rintracciabile, ad esempio, nell’85% delle aringhe e nel 70% dei merluzzi. Questo parassita può provocare una forma di parassitosi con livelli di gravità che possono essere diversi, senza escludere la possibilità di infiammazioni, ulcere e reazioni allergiche serie. Al momento non esistono farmaci per debellare il parassita e la prevenzione è l’unica arma. La buona notizia è che l’anisakis non sopravvive se il pesce viene cotto (ma attenzione, solo se in cottura il pesce raggiunge una temperatura al centro, cioè nel punto più freddo, di almeno 60 gradi per almeno un minuto). Inoltre, a differenza dei batteri, l’anisakis non sopravvive se il pesce viene congelato a una temperatura di -20 gradi per almeno 24 ore. La brutta notizia è che se si vuole cucinare il pesce a puntino, e questo vale per la maggior parte dei pesci, la temperatura al centro non dovrebbe superare i 50 gradi (a 60 gradi al centro il pesce risulta stracotto) e quindi, anche il pesce cotto, molto spesso da un punto di vista della sicurezza alimentare è come quello crudo. Insomma la cosa più sicura è congelare il pesce prima di consumarlo. Ci sono quindi due possibili soluzioni: acquistare pesce decongelato (che a differenza di quello che molti pensano è normalmente di ottima qualità) o procedere al congelamento a casa. Purtroppo se non si dispone di un abbattitore, ma solo del congelatore del proprio frigorifero, la congelazione, pur risultando efficace per l’eliminazione dell’anisakis, determina una perdita di liquidi quando il pesce viene scongelato che ne compromette irrimediabilmente la bontà. Insomma bisogna avere un abbattitore che permette di debellare l’anisakis mantenendo il vostro pesce compatto e succoso. Attenzione che molti ritengono che il pesce sotto sale, affumicato o trattato con limone o aceto sia sicuro. Si tratta di un errore. La salatura, ai fini dell’eliminazione del parassita, è efficace solo se la salagione è fatta con un quantitativo di sale che sia almeno il 10% del peso del pesce e se il periodo di salagione si protrae per oltre 8 settimane. Col baccalà, per esempio, in cui il sale è al 18%, il primo requisito è rispettato, ma visto che il processo di preparazione del baccalà dura circa quattro settimane prima che venga messo sul mercato, il secondo requisito spesso non lo è. Quanto all’affumicatura, se questa avviene a freddo, risulta inefficace ai fini dell’eliminazione del parassita. Lo stesso vale per il pesce trattato con limone o l’aceto. A questo proposito le intossicazioni principali in paesi come l’Italia o la Spagna avvengono proprio con le alici crude anche se condite con limone e/o aceto. Per fortuna nella ristorazione professionale esiste l’obbligo di congelare il pesce che si intende servire crudo o poco cotto (Regolamento CE 853/04). In questi giorni ho completato alcuni video sulla preparazione di tartare di tonno, ricciola, gamberi e baccalà che verranno pubblicati nelle prossime settimane. In tutti i casi ho usato pesce decongelato. E oggi: tartare di tonno (decongelato!).
Questo numero contiene:
La videoricetta: Spaghetti, pesche e fragole di Alberto Gipponi
Il ristorante della settimana: Don Camillo, Siracusa
Il vino della settimana: Colombo, Cascina Pastori
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato.
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La videoricetta: Spaghetti, pesche e fragole di Alberto Gipponi
Gli ingredienti principali di questa fantasiosa ricetta, oltre agli spaghetti, sono pomodori, pesche, fragole e cipolla: si tratta di ingredienti che hanno in comune acidità e dolcezza sebbene di intensità e sfumature diverse. Lo chef Alberto Gipponi del Ristorante Dina di Gussago ha pensato di metterli assieme per crearne una squisita salsa, perfetta per condire gli spaghetti. Ho cercato di replicare questa ricetta nel video di questa settimana. Buona visione!
Il ristorante della settimana: Don Camillo, Siracusa
Siamo nella piccola isola di Ortigia, la zona più antica della città di Siracusa, in via della Maestranza, 96. Qui troviamo il ristorante Don Camillo, fondato nel 1985 per iniziativa di Camillo e Giovanni Guarneri. Don Camillo è diventato negli anni uno dei ristoranti siciliani più apprezzati. Le sale sono ricavate dai resti di un edificio religioso crollato nel terremoto del 1693. Giovanni, lo chef, figlio di Camillo, è un vero ambasciatore dei prodotti siciliani, capace di combinare i prodotti di mare con quelli di terra nel massimo rispetto dell'uno e dell'altra. Oltre a un’ampia scelta alla carta il ristorante propone tre menu degustazione, uno di pesce di 8 portate a 120 euro, uno del territorio di sette portate a 100 euro e uno contenente i piatti storici del ristorante (con tanto di data della ricetta) di 5 portate a 80 euro. Imperdibile il Rotolino nero con scampi in salsa di ricci e da urlo le Mezze maniche con gamberi affumicati con le scaglie di botti di Jack Daniels e crema di tuorlo d’uovo. Servizio attento e professionale. Fornita la cantina con circa 700 referenze regionali, nazionali ed internazionali con buona profondità di annate e particolare attenzione per piccoli produttori di nicchia. Posto da non perdere se si passa per Ortigia! Don Camillo
Il vino della settimana: Colombo, Cascina Pastori
La Cascina Pastori in Val Bormida, a Bobbio, in Langa astigiana è stata fondata nel 2004 da Antonio Colombo, rinomato cardiologo e appassionato di vino. Dal 2010 la cantina, che nella sua attività quotidiana è seguita dal figlio Andrea, si avvale della collaborazione di Riccardo Cotarella. Tra i vini prodotti spicca un eccellente Pinot Nero. Ho recentemente visitato l’azienda e degustato i suoi vini insieme a Irene Pinardi che ne ha ricavato un bell’articolo pubblicato nella sezione vini di Passione Gourmet. Colombo, Cascina Pastori.
Buona domenica!
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