Benvenuti al numero 167 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto ai nuovi iscritti di questa settimana! La settimana scorsa ho pubblicato una videoricetta per gli spaghetti alle vongole, un piatto iconico della cucina italiana. Evidentemente ha suscitato un interesse maggiore del solito visto la quantità di domande che ho ricevuto. Ho pensato quindi di fare un po' di chiarezza e raccontare quello che so sull’argomento. Anzitutto una questione terminologica: vongole e lupini sono la stessa cosa? C’è differenza tra vongole e vongole veraci? Esistono vongole veraci diverse? E le arselle e le vongole sono molluschi diversi? Esistono confusioni terminologiche dovute all’uso di termini diffusi in certe regioni d’Italia? E poi al di là delle differenze di forma e dimensione hanno tutte lo stesso sapore e sono perfettamente intercambiabili in cucina o no? Fanno bene? Quanto e come si conservano? Come si spurgano? E così via.
Per quanto ai meno esperti sia difficile distinguerli, lupini e vongole (parliamo dopo delle vongole veraci) sono differenti. Entrambi molluschi bivalvi, appartenenti alla famiglia delle Veneridae, i lupini, spesso chiamati vongole lupino (la terminologia crea confusione) hanno dimensioni inferiori rispetto alle vongole, una forma tondeggiante e una conchiglia contraddistinta da una colorazione che può variare dal marrone chiaro a leggermente più scuro con striature grigie; inoltre i loro sifoni (quelle cornette o antenne che tirano fuori dalla conchiglia per filtrare l’acqua e recuperare fitoplancton e microorganismi) sono molto corti. Le vongole, anch’esse piuttosto piccole, sono un po’ più grandi rispetto ai lupini. La loro conchiglia ha forma ovale o triangolare e il guscio tende al bianco ed è abbastanza liscio. Sono dotate di un doppio sifone, più lungo rispetto a quello dei lupini. I lupini sono solamente pescati (infatti non vengono allevati), in genere nell’Adriatico; le vongole, spesso chiamate vongole bianche, invece, sono pescate, ma anche allevate, sono originarie delle coste atlantiche europee e sono molto comuni nel bacino del Mediterraneo. In Italia si trovano principalmente nel Tirreno. Ma è importante la distinzione? Secondo me sì, perché c’è una differenza di sapore: le vongole sono meno sapide e più delicate, in confronto al sapore più sapido dei lupini.
Ma veniamo alle vongole veraci. Anche loro appartengono alla famiglia delle Veneridae, hanno la caratteristica forma triangolare e sono più grandi sia dei lupini che delle vongole. Da frequentatore abituale di pescherie e mercato del pesce, mentre non mi è mai stato chiesto: “vuole delle vongole o dei lupini”, mi viene sempre chiesto: “vuole delle vongole o delle vongole veraci?” Qui la differenza è netta. Nei nostri mari ne esistono principalmente di due specie, tra loro morfologicamente simili: la vongola verace mediterranea (Tapes decussatus) e la vongola filippina (Tapes philippinarum). La prima tecnicamente sarebbe la “vera” vongola verace. E’ una vongola autoctona, di forma ovale o leggermente angolata, con superficie esterna segnata da una fitta scultura formata da elementi concentrici e radiali, mentre internamente è liscia. La colorazione è variabile, dal marrone, al verde fino al giallo, o nerastra. Vive da pochi sino ad oltre 20 metri di profondità, infossata nei fondali costieri o lagunari, fangosi o sabbiosi. La dimensione varia da 3-4 cm fino a 7 cm. Purtroppo la vongola mediterranea non è una specie facile da riprodurre in condizioni controllate quali i vivai. La seconda, la vongola filippina, è originaria dell’Oceano Indiano e dell’Oceano Pacifico, ed è stata introdotta volontariamente in valliculture sperimentali della Laguna di Venezia nel 1983. Nei nostri mari ha trovato condizioni ideali ed è ormai da tempo commercializzata come vongola verace. Dal punto di vista biologico è una specie in grado di sopportare notevoli variazioni di salinità, più resistente a condizioni sfavorevoli e alla competizione, e, soprattutto, è dotata di un periodo riproduttivo doppio rispetto a quello della vongola mediterranea. La vongola filippina inoltre ha un ritmo di crescita molto elevato, raggiungendo in soli due anni la taglia che la mediterranea raggiungerebbe in tre. Inutile dire che la vongola filippina si adatta perfettamente all’allevamento in vivaio. La si può riconoscere perché i sifoni, che nella mediterranea sono ben separati, nella filippina sono saldati (uniti) dalla base sino all’estremità. Per questi motivi la vera vongola verace, quella mediterranea, anche se più pregiata, non è facile da trovare. Quando al supermercato o in pescheria comprate delle vongole veraci, normalmente si tratta delle veraci filippine, comunque di eccellente qualità, anche se rispetto alle veraci mediterranee risultano leggermente più tenaci e dal sapore meno intenso. La verace mediterranea, che, come detto, raramente viene coltivata, è raccolta su banchi naturali, soprattutto in Sardegna, dove la sua pesca è soggetta a restrizioni per evitarne l’estinzione, e mediamente costa il doppio delle altre.
E le arselle? Le arselle, chiamate anche telline, appartengono invece a un’altra famiglia (quella delle Donacidae). Nonostante il sapore sia simile a quello delle vongole anche se la forma è diversa, più triangolare rispetto alla forma arrotondata della vongola, la dimensione è più piccola e il guscio, che nelle vongole ha rigature sopraelevate e concentriche, nelle arselle è liscio e lucido. Un discorso a parte meritano le arselle sarde, che sono a tutti gli effetti delle vongole. Questo perché in Sardegna e in Liguria si tende ad usare la parola arsella come sinonimo di vongola, generando non poca confusione.
E a tavola? Che siano preparate con la pasta, solo saltate, usate per arricchire un’insalata o su un crostino, normalmente si tratta di molluschi intercambiabili. Naturalmente bisogna tenere conto delle differenze in termini di sapidità e dimensione. Io per esempio, se posso, preferisco le vongole veraci.
Alcuni consigli per l’acquisto, la preparazione e la conservazione. Anzitutto è altamente sconsigliabile acquistare prodotti sfusi. Bisogna acquistare solo quelli in confezione (nella retina), con regolare cartellino, che ne certifichi la provenienza. Inoltre al momento dell’acquisto vongole, lupini o vongole veraci che siano devono risultare vivi. Per accertarsene basta vedere che tutti i gusci siano ben chiusi e, nel caso di una leggera apertura, basterà toccare le vongole per vederle chiudersi all’istante. Se questo non accade, la vongola non è viva. E’ infine consigliabile anzitutto fate una cernita delle vongole ed eliminare quelle rotte o già aperte e, prima del consumo, lasciarle a spurgare in acqua e sale (35 grammi di sale a litro) per qualche ora allo scopo non solo di eliminare sabbia e fango, ma anche di consentire il ricambio dell’acqua, visto che l’ultima acqua che è rimasta nel guscio prima della cattura rischia di non essere delle più salutari. Magari dopo un primo spurgo, quando l’acqua diventa torbida, uno o più cambi dell’acqua non faranno male! Si possono conservare in frigorifero, magari per non più di un giorno. Consiglio di metterle in un recipiente in modo che siano strette tra di loro e di coprirle con un panno umido. Con questa tecnica le vongole eviteranno di aprirsi perdendo la propria acqua.
Da un punto di vista dietetico la vongola (ma anche il lupino e perfino l’arsella) è ricca di proteine e povera di grassi, contiene sali minerali come ferro, calcio e fosforo e fornisce solo una settantina di calorie per 100 grammi di prodotto edibile. Insomma fa bene. Basta non esagerare!
Magari non tutti lo sanno, ma la vongola è un mollusco particolarmente longevo. Addirittura quella artica, se lasciata in pace, è uno degli animali più longevi al mondo, tanto che può vivere per secoli, come dimostrò, suo malgrado, la vongola Ming, che, pescata nel 2006 in Islanda, secondo i ricercatori che l’hanno prelevata dal mare, era arrivata a vivere fino all’età di 507 anni.
Direi che le vongole che ho messo a spurgare sono pronte e quindi sono pronte per i miei spaghetti!
Questo numero contiene:
La videoricetta: la panzanella
Il ristorante della settimana: Crocifisso, Noto (SR)
Il vino della settimana: Ventolaio, un’azienda familiare a Montalcino
Come già detto da un paio di settimane, mi prendo una vacanza e questa newsletter non uscirà nelle due settimane centrali di agosto, cioè il 13 e il 20 agosto. Ci rivediamo il 27 agosto.
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato.
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La videoricetta: La panzanella
La panzanella è un piatto della cucina povera contadina, tipico della Toscana, ma anche di altre regioni dell'Italia centrale. Col tempo è diventato un gustoso e versatile piatto, perfetto per le giornate estive, ma non solo. Lo propongo nella sua versione classica, con l’aggiunta di un tocco gourmet, rappresentato dalla sostituzione dell'acqua con l'acqua di pomodoro per ammorbidire il pane, in modo da conferire alla panzanella ancora più gusto. Buona visione!
Il ristorante della settimana: Crocifisso, Noto (SR)
Siamo a Noto, capitale del barocco italiano, in Via Principe Umberto, nella parte alta del centro storico in una casa antica, vicino alla chiesa del Santissimo Crocifisso. Qui troviamo il ristorante Crocifisso, che consta di tre sale, arredate in modo moderno, sobrio e raffinato, in grado di ospitare una quarantina di persone. Lo chef, nonché patron del ristorante è Marco Baglieri, classe 1971, figlio d’arte, nato e cresciuto nella trattoria di suo padre, finché non ne ha preso le redini trasformandola in un ristorante di livello anche grazie alle influenze derivanti dalla sua collaborazione con Corrado Assenza, maestro pasticciere del Caffè Sicilia di Noto, e con il pluristellato Ciccio Sultano del Duomo di Ragusa. Al Crocifisso Marco propone la sua versione, originale e contemporanea, dei piatti tipici della tradizione familiare siciliana. Ci sono ritornato recentemente dopo averlo visitato poco prima del lockdown e ho ritrovato insieme ad una grande energia e ad una coerenza di percorso, piatti rinnovati, sia di mare sia di terra, molto ben presentati, dai sapori netti e precisi, in cui la tecnica e l’utilizzo di qualche ingrediente esotico sono sempre al servizio dell’esaltazione di una materia prima del territorio di eccellente qualità. E così nel Baccalà il caviale affumicato è un comprimario che rinforza il gusto del merluzzo e di una raffinatissima salsa ai due peperoni, o nello Spaghettone la zuppa di bouillabaisse, usata per risottare la pasta, valorizza lo scorfano rosso crudo e la polvere di arancia amara, senza contare le perfette cotture che esaltano l’eccellenza della materia prima della Cernia bianca in crosta di pane e del Controfiletto di Agnello. Oltre alla possibilità di scegliere alla carta ci sono quattro menù degustazione: vegetariano da quattro portate, uno di mare e uno di terra entrambi da cinque portate e uno da sette portate rispettivamente da 60, 85, 75 e 110 euro. Le tempistiche sono perfette, la sala offre un servizio giovane ed efficiente e la cantina è di livello. Se si passa da Noto secondo me una visita al Crocifisso è una tappa imperdibile! Crocifisso
Il vino della settimana: Ventolaio, un’azienda familiare a Montalcino
Situata lungo l’itinerario che porta da Montalcino all’Abbazia di Sant’Antimo, Ventolaio è un’azienda agricola familiare condotta dalla famiglia Fanti, originaria di Montalcino da generazioni, che ha tramandato l’azienda di padre in figlio, coltivando da sempre uliveti e vigneti. Oggi vanta un’estensione di circa 14 ettari vitati, suddivisi in 8 ettari di Brunello di Montalcino, 2 di Rosso di Montalcino e 4 di Sant’Antimo, nonché circa 1700 piante di olivo dalle quali viene prodotto un olio extra vergine di oliva attraverso il sistema di molitura a freddo. Nel 1988 Luigi ereditò l’azienda dal padre e già dai primi anni ‘90 lui e sua moglie Maria Assunta si trasferirono nel podere iniziando i lavori di restauro del casolare e l’ampliamento dei vigneti. Il loro primo vigneto fu piantato nel 1990. L’azienda produce “vini che rappresentano uno stile preciso e un gusto e una traiettoria netti al punto che non stupisce che essi siano ormai conosciuti anche presso gli appassionati, che riconoscono loro il coraggio della spontaneità, dell’espressività, della leggerezza e del respiro, anche nelle annate calde, ovvero quelle, sempre più numerose, che destano maggiore preoccupazione presso tutta la Denominazione”. Sono parole di Leila Salimbeni, con cui ho avuto il piacere di visitare l’azienda, e che in seguito a quella visita ha scritto uno splendido articolo pubblicato nella sezione vini di Passione Gourmet. Buona lettura! Ventolaio, dove finisce e dove incomincia la strada.
Buona domenica!
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