Benvenuti al numero 186 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Siamo ormai abituati alla disinformazione in campo alimentare. Tra gli alimenti sul quale a proposito di disinformazione mi sembra ci si sia accaniti di più c’è il sale da cucina: esempi noti a tutti sono la bufala, di cui molti sono ancora convinti, che il sale faccia male, una specie di pericolo pubblico, o la convinzione circa le qualità salutistiche di certi sali colorati, tipo il sale rosa dell’Himalaya. Il sale da cucina per essere ritenuto tale deve essere composto di cloruro di sodio (NaCl) almeno al 97%: per il resto rimane poco. In Italia il sale da cucina si trova principalmente in commercio distinto a seconda della dimensione dei cristalli in "sale grosso" (che usiamo per salare la pasta e per rendere meno dura l’acqua della lavastoviglie) e "sale fino" (che usiamo per tutto il resto). Inoltre, a seconda del tipo di produzione, si distingue in "sale marino" se proveniente dall’acqua di mare, cioè da saline, e "salgemma" se da miniere o cave formatesi dall’evaporazione di bacini marini. Una volta estratto il sale - cosiddetto sale grezzo -, la raffinazione elimina la maggior parte dei residui minerali presenti, per ottenere un sale a uso alimentare che contenga quasi solamente cloruro di sodio. Sostenere che il sale faccia male all’organismo è una falsità. Semmai fa male privarsene completamente, così come è certo che un uso eccessivo, cosa che vale per ogni alimento, può rivelarsi dannoso. Il sale è un alimento naturale molto prezioso, e il sodio in esso contenuto un minerale essenziale per il nostro organismo. Il sale, infatti, è importante per il corretto passaggio dei fluidi e dei nutrienti attraverso le cellule e per la trasmissione degli impulsi nervosi; le riserve di sodio nelle ossa consentono all’organismo di attingervi per regolare il pH del sangue in caso di necessità. Il sale, poi, favorisce l’equilibrio dei liquidi e, se iodato (come raccomandato sia dall’OMS sia dal Ministero della salute italiano) e assunto nelle dosi raccomandate, contribuisce a prevenire o colmare la carenza di iodio, che è particolarmente diffusa nella popolazione italiana, contribuendo a un buon funzionamento della tiroide. Ha inoltre azione battericida, poiché in presenza di sale i batteri rilasciano liquidi all’esterno fino a morire per disidratazione: per questo motivo è sempre stato utilizzato come conservante alimentare. L’OMS ci dice che la dose massima giornaliera raccomandata non dovrebbe eccedere i 5 o 6 grammi giornalieri, contro un consumo medio in Italia da considerare eccessivo, visto che oscilla tra i 10 e i 14 grammi al giorno, determinato per i due terzi dall’eccessiva salatura di molti alimenti come salumi, formaggi o piatti pronti. E’ l’eccesso che va combattuto quindi, non il sale di per sé. Da questa ultima informazione sul consumo giornaliero dovremmo anche essere in grado di smascherare la bufala circa le presunte qualità salutistiche di certi sali. Quello rosa dell’Himalaya, ad esempio, viene considerato un toccasana per la salute, in grado di accrescere la forza delle ossa, promuovere la salute dei reni, favorire un sonno migliore e addirittura rappresentare anche un rimedio sessuale, questo grazie alle “enormi” quantità di ferro in esso contenuti. A parte il nome che è già una una bufala, infatti non è vero che viene estratto dall’Himalaya ma dal secondo giacimento di sale al mondo, nella catena montuosa del Salt Range, nella provincia del Punjab in Pakistan, i cristalli di questo particolare sale presentano sfumature di colori che vanno dal bianco rosato all’arancio scuro, passando per le diverse sfumature di rosa, dovute all’alto contenuto di ossido di ferro, cioè alla comune ruggine. Ma quand’anche fosse ferro di quello buono, poiché un chilogrammo di sale rosa contiene da 0.2 a 50 mg di ferro, con 5 grammi assumeremmo giornalmente da 0.001 mg a 0.25 mg di ferro al giorno e, considerando che la dose giornaliera raccomandata di ferro per un adulto è 14 mg al giorno, si capisce bene che col sale dell’Himalaya non si arriva da nessuna parte. Con altri sali colorati come il rosso delle Hawai, il blu di Persia, o il nero di Cipro, tutti contenenti importanti sostanze da un punto di vista organolettico, il ragionamento non è diverso. Tra l’altro bisogna riconoscere che i sali colorati o bianchi che siano, marini o salgemme, checché se ne dica, hanno un sapore che si assomiglia ed è veramente molto difficile distinguerli. Ma allora che sale scegliere? Quelli colorati hanno una valenza soprattutto cromatica e potrebbero in certe circostanze abbellire certi piatti. Esistono anche alcuni sali che si differenziano soprattutto per la loro granulometria e consistenza friabile e croccante, quindi non tanto per il sapore, ma per la loro “testura”. Tra questi forse i più famosi sono il sale Maldon, un sale marino prodotto in Inghilterra, nella regione dell’Essex; la Fleur de sel, un sale grezzo prodotto nel sud della Francia, chiamato anche “Il caviale del sale”; e il sale kosher, un sale senza additivi comunemente usato nella cucina ebraica. Per quanto leggermente diversi tra loro, questi sali hanno in comune rispetto al comune sale fino una grana più grossa, un maggiore contenuto di umidità, e una forma squamosa che li rende friabili e croccanti . Risultano perfetti e molto ricercati per condire alimenti appena pronti per essere mangiati, avendo la caratteristica non solo di salare adeguatamente, ma di non sciogliersi subito e rimanere friabili e croccanti durante la masticazione. Quindi a meno di avere particolari obiettivi cromatici o pietanze da condire in cui l’obiettivo non è solo salare, ma anche far percepire la croccantezza del sale, credo che sia difficile trovare un’alternativa al sale comune da cucina. Ad ogni modo, questa sera sulla costata di manzo al sangue, credo proprio che metterò qualche granello di Maldon!
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Questo numero contiene:
La videoricetta: Crespelle ripiene di ricotta e spinaci
Il ristorante della settimana: Nostrano, Pesaro
Il vino della settimana: Nesos, il vino marino
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato.
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La videoricetta: Crespelle ripiene di ricotta e spinaci
Se avete voglia di fare un piatto facile, gustoso e che piaccia a tutti le crespelle ripiene di ricotta e spinaci sono perfette. Un piatto che si può preparare con grande anticipo, perfetto per la domenica o se avete ospiti. La chiave per una perfetta crespella è la pastella. Quella che propongo nel video è a prova di bomba. Quanto al ripieno ho optato per il classico ricotta e spinaci con qualche variante per renderlo più sfizioso e saporito. Buona visione!
Il ristorante della settimana: Nostrano, Pesaro
Siamo a Pesaro, in Piazzale della Libertà, 7 sul lungomare. Qui, in prossimità della Sfera di Arnaldo Pomodoro, troviamo troviamo Nostrano, il ristorante dello chef e patron Stefano Ciotti, aperto insieme alla sua compagna nel 2015. Il ristorante, che ha conquistato la stella Michelin già nel 2017, si affaccia sul mare, visibile grazie a una vetrata da ogni tavolo del ristorante. Il look è elegante e contemporaneo in un bell’ambiente luminoso.
Ciotti, romagnolo nelle Marche, esprime una cucina autoriale in cui riesce a valorizzare gli ingredienti del territorio, sia di mare sia di terra, con creatività, facendo perno su una tecnica di cucina appresa nelle varie esperienze vissute accanto a grandi maestri e consolidata negli anni e su una eccellente capacità di proporre abbinamenti originali in parte provenienti dall’innegabile bagaglio rappresentato dalla memoria, in parte portati a casa dalle sue esperienze estere. Una cucina golosa e divertente fatta di piatti senza spigoli, ma di grande profondità gustativa e appeal estetico. Nel suo menu “una giornata al mare” (110 euro) golosissime le Seppioline arrosto, porri all’acqua di ostriche e sugo di coniglio alla cacciatora. imperdibili le Pappardelle ripiene di cacio e pepe, calamaretti, vongole e zucchine, e sontuoso il piatto dalla carta, in due servizi Agnello alla Rossini, la sua spalla in fricassea, con la coratella servita a parte, senza contare il delizioso Croccantino, soufflé ghiacciato allo yogurt “Cau & Spada”, amarene di Cantiano, carcadè, arachidi. Divertente la chiusura, con la piccola pasticceria che esce da un teatro in miniatura, con quattro dolcezze dedicate ad altrettante opere del maestro Rossini, pesarese d’origine. Ottimo il servizio, curato da personale giovane e sorridente. Lista dei vini ben curata con etichette ben selezionate. Un posto divertente e in cui si mangia benissimo. Era la prima volta che lo visitavo. Consigliatissimo. Nostrano
Il vino della settimana: Nesos, il vino marino
Nesos è un vino bianco vinificato in anfora dalla cantina Arrighi, ottenuto da uva 100% Ansonica e mare dell’Elba. E’ un vino che ha tra gli ingredienti anche l’acqua del mare, ecco perché “il vino marino”: le uve infatti dopo la vendemmia, vengono immerse nel mare per 5 giorni, quindi appassite al sole, fermentate e lasciate a riposo in anfora, con le bucce, per 6 mesi. Nasce da un esperimento iniziato nel settembre 2018, con l’obiettivo di riprodurre le imprese enologiche degli antichi greci dell’isola di Chio.
Ce ne parla Valerio de Cristofaro, che recentemente ha pubblicato un articolo, nella sezione vini di Passione Gourmet, che ci parla di questo straordinario vino e ce ne fornisce le note di degustazione. Nesos, il vino marino. Buona lettura e buona domenica!
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