Benvenuti al numero 193 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana!
Tra i commenti che ricevo alle mie ricette del canale YouTube ce n’è stata qualcuna che mi chiedeva di essere preciso e di specificare se uso Parmigiano Reggiano o Grana Padano. C’è differenza tra questi due formaggi? In realtà ce ne sono, e sono molteplici, anche se a volte tendiamo a considerarli intercambiabili (facendo inorridire i puristi). Ammetto che, nell’indicazione degli ingredienti delle mie ricette, io per primo ho spesso parlato di “formaggio grana”, in modo da lasciare la scelta a chi prepara la ricetta di usare il Parmigiano Reggiano (che è quello che uso io di solito) o il Grana Padano, o, perché no, anche altri formaggi grattugiabili, per esempio formaggi simili come il Trentingrana o il Granone Lodigiano o alcuni pecorini. Per la verità ci sono anche altri formaggi a pasta dura che possono essere grattugiati, quali lo sbrinz svizzero, il gouda stagionato olandese e il cheddar stagionato inglese, ma la loro consistenza tende a essere più elastica e quindi la pasta si attacca con più facilità alla grattugia.
Per chiarezza terminologica, va detto che il termine “grana”, che viene normalmente usato per indicare un qualsiasi formaggio a pasta dura e granulosa, legalmente è un vocabolo protetto dalla denominazione del Grana Padano Dop, l’unica ufficialmente riconosciuta.
Comunque ho deciso deciso di vederci chiaro almeno su Parmigiano Reggiano e Grana Padano, due formaggi che insieme a una serie di elementi che li accomunano ne hanno altri che li differenziano nettamente, tanto che entrambi i formaggi si sono affermati come denominazione di origine e tipica, dapprima a livello italiano e successivamente a livello europeo, con il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta.
Magari non tutti lo sanno, ma stiamo parlando dei due formaggi DOP più venduti al mondo. Giusto per dare un idea, nel 2022 sono state prodotte oltre 5 ml di forme di Grana Padano e quasi 4 ml di forme di Parmigiano Reggiano, di cui rispettivamente il 45% e il 41% destinate all’esportazione (una forma di entrambi questi formaggi mediamente pesa 40 kg).
Inizio dalle similitudini. Sono entrambi nati nei monasteri in epoca medievale, nella Pianura Padana, e sono entrambi formaggi a pasta dura, stagionati e prodotti con latte bovino italiano, lavorato a crudo (ovvero non pastorizzato) con caglio animale.
Nella forma, dimensione e in altre macro-caratteristiche organolettiche, ovvero quelle immediatamente percepite dagli organi di senso, i due formaggi appaiono simili, così come per i valori nutrizionali che a livello di proteine, calcio, fosforo e potassio si equivalgono. Inoltre entrambi sono privi di lattosio.
Anche i passaggi tecnici della lavorazione del latte per entrambi i formaggi corrispondono: dalla scrematura del latte per affioramento naturale, all’utilizzo di caldaie dalla tipica forma di campana rovesciata in rame o con rivestimento di rame e alla rottura dei coaguli della cagliata a mezzo spinatura.
Ma veniamo alle differenze che sono molteplici.
Sapore e gusto Parto dalla caratteristica che mi interessa di più. Il Parmigiano Reggiano ha un sapore complesso, fruttato, e una consistenza granulosa. Più va avanti nella stagionatura, più si avvertono note di agrumi e frutta secca. Le stagionature lunghe permettono poi al Parmigiano di tagliarsi con le caratteristiche scaglie. Il Grana padano ha invece un sapore più burroso, è meno granuloso e ha note di latte più accentuate. Nel Parmigiano 12 mesi si percepisce ancora chiaramente la morbidezza del latte, che col passare dei mesi tende a trasformarsi in una nota di agrumi, fino a richiamare, in stagionature più elevate, quella più pungente della frutta secca. Il Grana Padano ha invece un sapore più burroso e fondente, che ricorda le caratteristiche del brodo e delle verdure bollite e che è meno soggetto a trasformazione, venendo normalmente stagionato per periodi più brevi.
Latte utilizzato Il Parmigiano Reggiano è composto da una parte di latte intero e da una parte di latte decremato, mentre il Grana Padano contiene solo latte decremato. Il Grana Padano è quindi leggermente meno grasso rispetto al primo (2,6% di grasso contro il 2,8% del Parmigiano Reggiano).
Zona di produzione Il Parmigiano Reggiano è prodotto per lo più in Emilia, nelle sole province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna (ma solo nella zona a sinistra del fiume Reno) e in una parte nella provincia lombarda di Mantova (a destra del fiume Po). Il Grana Padano è invece prodotto in una zona più ampia, che comprende ben 32 province divise tra Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Veneto.
Alimentazione L’alimentazione delle bovine per il Parmigiano Reggiano deve essere esclusivamente composta da fieni ed erba cresciuti nella zona di produzione del formaggio, dal momento che lo stesso deve poi essere prodotto senza additivi né conservanti. Per il Grana Padano vige la stessa limitazione territoriale dei mangimi e lo stesso divieto nell’uso di conservanti, ma, per favorire gli agricoltori nell’uso di ingredienti locali, le bovine possono essere alimentate, oltre che col fieno, anche con foraggi “insilati” (composti normalmente da piante intere di mais, trinciate e impilate in silos speciali) che, per evitare la formazione di alcuni batteri pericolosi per gli esseri umani, richiedono di essere addizionati con lisozima, una proteina estratta dall'albume delle uova delle galline, in grado di controllare le fermentazioni batteriche indesiderate. Da notare che il lisozima è una proteina e non un conservante, come da qualcuno viene detto per poter affermare che nel Grana Padano ci sono conservanti, cosa non vera. Il lisozima non solo è presente in tracce nel latte di vacca, ma in grande quantità nelle lacrime, nella saliva, nel latte materno e nelle uova.
Modalità produttive Anche a causa della differenza di latte (mix di decremato e intero in un caso e solo decremato nell’altro), per il Parmigiano Reggiano DOP solo una munta (generalmente quella della sera) viene sottoposta ad affioramento per effettuare la scrematura, mentre quella del mattino viene usata intera, miscelata a quella della sera, mentre per il Grana Padano entrambe le munte utilizzate, sia quella della sera che quella della mattina – siano esse impiegate separate o miscelate – sono sottoposte a scrematura mediante affioramento naturale della crema.
Marchiatura delle forme Nel Parmigiano Reggiano la marchiatura si fa a 12 mesi. Successivamente, il prodotto può raggiungere lunghe stagionature (24, 36 mesi e oltre, senza limiti) e viene consumato mediamente oltre i 24 mesi. Il Grana Padano, invece, a causa della minore quantità di grasso, matura prima, e viene marchiato dopo 9 mesi e consumato mediamente intorno ai 15 mesi. Il disciplinare del Grana Padano prevede le due specifiche tipologie “Oltre 16 mesi” e “Riserva – oltre 24 mesi”, senza escludere, tuttavia, che anche il Grana Padano possa eventualmente raggiungere stagionature più elevate.
Prezzi Il Grana Padano costa un po’ meno, anche se va detto che normalmente si trova il 15 mesi, contro il 24 mesi del Parmigiano Reggiano. Al supermercato vale la pena di dare un’occhiata alle promozioni.
Zona di montagna Il Parmigiano Reggiano è prodotto per il 20% in aree di montagna (diventando così la più importante DOP di Montagna), mentre la produzione montana di Grana Padano copre soltanto il 2% di quella totale. Per il Parmigiano Reggiano esiste infatti anche una menzione aggiuntiva: il Parmigiano Reggiano Prodotto Di Montagna.
Riassumendo, in effetti le differenze tra i due formaggi esistono. Sono due tra le eccellenze casearie italiane che hanno contribuito a rendere il nostro paese famoso e amato in tutto il mondo, e in quanto tali vanno amati e soprattutto conosciuti. Quindi, una volta trovata la risposta alla domanda iniziale, resta solo da porre un ultimo quesito: e voi, quale preferite tra i due?
Oggi, nella ricetta del risotto agli scarti di carciofo, ho usato per la mantecatura il Parmigiano Reggiano. Però al supermercato ieri ho comprato sia l’uno che l’altro, oltre a due tipi di pecorino, uno più salato (il Romano) e uno più dolce (quello di Amatrice). Troverò facilmente il modo di usarli tutti!
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Da poche settimane ho un account TikTok con il quale condivido qualche breve video: se vi fa piacere seguirmi, mi trovate qui: Orazio Food Experience su TikTok.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Risotto agli scarti di carciofo
Il ristorante della settimana: Altrimenti, Milano
Il vino della settimana: Le Cucchie, un vino che è così come la natura vuole
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato.
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La videoricetta: Risotto agli scarti di carciofo
Si possono utilizzare gli scarti del carciofo? Certo! Per esempio ci si potrebbe fare un succulento risotto. Come? basta vedere la videoricetta di questa settimana: il risotto agli scarti di carciofo. Buona visione!
Il ristorante della settimana: Altrimenti, Milano
Siamo a quatto passi da CityLife, in via Monte Bianco 2/A. Altrimenti è il ristorante creato nel 2019 da Damien Janczara insieme ad altri due soci e allo chef Eugenio Boer, oggi uscito dalla compagine aziendale. In cucina c’è Pantaleo Daddato, classe 1988, da Bisceglie, chef con importanti esperienze tra cui Aimo e Naidia.
Il locale si presenta accogliente, intimo, informale e curato nei dettagli. La sala, che ha circa 25 posti a sedere, è luminosa e confortevole, con le pareti tappezzate da illustrazioni, tavoli di legno e archi a volta. Su prenotazione è disponibile un ampio privé e nella cantina un tavolo VIP con sei posti a sedere. Durante la bella stagione è possibile mangiare nel dehors approntato in cortile. Lo stile è quello di un bistrot e la sensazione entrando è quella di un posto in cui ci si potrebbe fermare per un solo piatto o per un calice di vino qualora non si avesse voglia di consumare un intero pasto.
Da Altrimenti il menu è alla carta, con cinque antipasti, cinque primi, cinque secondi e tre dessert per una spesa, se si prendono tutte le portate, di circa 80 euro, vini esclusi.
Daddato propone una cucina golosa e materica, in cui gli ingredienti sono riconoscibili e la materia prima è di alta qualità. Ottimo il pane, del brianzolo Del Mastro, che viene servito con l’eccellente olio extravergine Viola, di Foligno. Golosissimo l’Uovo morbido con crema di patate, guanciale e pane, notevoli i Ravioli di pasta fresca ripieni di ortica e ricotta, parmigiano e polvere di porro di Cervere, cotta perfettamente l’Ombrina, servita con cime di rapa e carote di Polignano.
Dalla cantina, curata da Damien, arriva una carta dei vini molto curata con tante etichette che oltre a coprire tutte le regioni italiane toccano anche Francia, Austria, Germania e Spagna, ricca di piccole realtà, magari poco conosciute, ma selezionate con talento.
Era da tempo che volevo visitare Altrimenti e qualche giorno fa finalmente l’ho fatto. E’ un posto in cui tornerò volentieri. Altrimenti
Il vino della settimana: Le Cùcchie, un vino che è così come la natura vuole
Le cùcchie, in dialetto siciliano sono le gemelle. In questo caso si tratta di Emma e Francesca Grasso che insieme al fratello Rosario hanno deciso di investire il loro futuro in un podere che i genitori hanno acquistato sull'Etna alcuni anni fa fondando Il podere dell’Etna segreta. Le Cùcchie è anche un vino, a base di Barbera, Cabernet sauvignon e Nero d’Avola, un blend che sull’Etna non ti aspetti. Della cantina e del suo vino Le Cucchie, ne ha scritto recentemente Luca Turner in un articolo pubblicato nella sezione vino di Passione Gourmet. Le Cùcchie, un vino che è così come la natura vuole.
Buona lettura e buona domenica!
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