Benvenuti al numero 209 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Oggi vi parlo delle melanzane.
Sembra che le ricette a base di melanzane in questo periodo spopolino. Nell’ultimo mese ho proposto due video con melanzane, le cotolette di melanzana e le melanzane alla pizzaiola ed entrambi stanno ricevendo tantissime visualizzazioni. Visto che si tratta di un ortaggio che a me piace molto negli anni scorsi ho proposto altre ricette come ad esempio la pasta alla norma e la parmigiana di melanzane. Sicuramente ne proporrò altre. In effetti, per quanto le melanzane si trovino tutto l’anno, si tratta di un ortaggio tipicamente estivo, in particolare perfetto nel periodo che va da giugno a ottobre, conosciutissimo e consumato sulle tavole di tutto il mondo.
Proviene dall’Oriente, più precisamente dall’India. Nell’area del Mediterraneo venne introdotto dagli Arabi all’inizio del IV secolo, infatti è uno di quegli ortaggi che non ha un nome latino. Il nome deriva dall’arabo “badingian”, mutato in Italia in “petonciana”, “petonciano” o “petronciano”. Successivamente è stato aggiunto il prefisso ‘mela’, trasformando la parola in ‘melanciana’ e poi in ‘melanzana’. Il nome aveva assunto il significato di “mela non sana” per il fatto che l’ortaggio non fosse commestibile crudo. E’ infatti altamente sconsigliato il consumo delle melanzane crude poiché contengono una sostanza dannosa per il nostro organismo chiamata “solanina” che con la cottura diminuisce fino a diventare innocua.
Forse non tutti lo sanno, ma l’Italia è il primo produttore europeo.
La melanzana fa parte della famiglia delle “solanacee”, come le patate e i pomodori; è una pianta che può raggiungere 1 m di altezza, con fiori violacei-bianchi molto belli. Il frutto, appunto la melanzana che conosciamo, è commestibile e non è altro che una bacca allungata o tonda a seconda delle varietà, che va dal colore nero al viola chiaro.
Tipologie di melanzana
In commercio ci sono le seguenti melanzane:
melanzana ovale nera: di media pezzatura, di forma tonda-ovale, di colore nero brillante;
melanzana striata (o zebrina): zebrina per le striature bianco avorio che percorrono il viola della buccia. I colori sono brillanti e la forma può essere allungata o leggermente globosa, di media o piccola pezzatura;
melanzana lunga nera: dal frutto allungato dalle dimensioni di 20-25 cm e peso di circa g.250;
melanzana lunga viola o “perlina”: detta mini o baby, la perlina è una specie di cucciolo di melanzana. Di colore viola intenso, è lunga soltanto 10-15 centimetri e ha forma estremamente affusolata. La buccia sottile racchiude una polpa dolcissima, compatta e quasi priva di semi;
melanzana tonda viola (di Firenze o di Sicilia): dalla forma tonda e dimensioni notevoli con una buccia a tonalità più o meno scure di viola con striature bianche sul peduncolo. La polpa è molto dolce;
melanzana bianca: il curioso colore bianco della melanzana e la presenza di pochi semi fanno di questa varietà un prodotto eccezionale.
Le melanzane in cucina
In cucina, per quanto come appena mostrato vi siano differenze di forma e dimensione e, quando cotte, piccole differenze sia di consistenza, sia di dolcezza nelle varietà menzionate, il loro impiego è piuttosto intercambiabile. Si tende a scegliere le varietà che si conoscono meglio o quelle che offre il mercato. Le ricette sono innumerevoli, a partire dalle specialità regionali come la caponata, la parmigiana o la pasta alla Norma. E poi le melanzane sono eccellenti fritte, impanate e fritte, al forno, in padella, grigliate, nel sugo, ripiene di carne, di pesce o di altre verdure. Un ingrediente versatile, perfetto in questa stagione in cui sono saporitissime.
Le migliori melanzane hanno la buccia soda e lucida, il picciolo verde fresco e non avvizzito. Nessuna macchia sulla buccia, che deve risultare compatta al tatto. Una buccia poco distesa nasconde un ortaggio vecchio, probabilmente pieno di semi che rendono la sua polpa amarognola e piccante.
Proprietà e caratteristiche delle melanzane
La melanzana è un alimento ipocalorico con 18 kcal per 100 grammi di prodotto crudo, quindi ottima per le diete. Contiene circa il 93% di acqua, il 3% di carboidrati, il 3% di fibre e il 2% di grassi e proteine. Fra i sali minerali è molto presente il potassio. Lo svantaggio di questo ortaggio è che in cottura può assorbire eccessivo condimento (anche se dal punto di vista del gusto non è proprio uno svantaggio), diventando ipercalorico. Ha virtù depurative, diuretiche, antinfiammatorie, proprietà rimineralizzanti e ipocolesterolemizzanti. Ottima per chi sta seguendo una dieta e chi è affetto da anemia, arteriosclerosi, gotta e oliguria. Le melanzane contengono, inoltre, acido clorogenico e nasunina, due molecole che hanno un forte potere antiossidante, che aiutano quindi a combattere l’invecchiamento, l’infiammazione, le malattie cardiovascolari e il cancro.
Oggi ho un po’ di fretta, quindi melanzane alla pizzaiola!
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Questo numero contiene:
La videoricetta: Cotolette di zucchine ripiene di formaggio
Il ristorante della settimana: Condividere, Torino
Il vino della settimana: Anselmi: uno sguardo visionario al futuro
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La videoricetta: Cotolette di zucchine ripiene di formaggio
Una ricetta semplice e gustosa, perfetta per l’estate. Alcuni accorgimenti: le fette devono essere piuttosto spesse (7-8 mm); dopo aver fatto in modo che perdano parte della loro acqua è essenziale scottarle in padella prima di impanarle; nella panatura conviene mettere anche del parmigiano; per il ripieno di formaggio conviene usare un formaggio che fila; la panatura è meglio farla doppia e per impedire al formaggio di uscire durante la frittura, il trucco è mettere le cotolette ripiene in frigo per un po’ di tempo prima di friggerle. Il risultato è una delizia: un secondo piatto davvero sfizioso. Tutto nel video di questa settimana. Da non perdere! Buona visione!
Il ristorante della settimana: Condividere, Torino
Siamo a Torino, nell’avveniristico centro direzionale Lavazza, noto come la Nuvola, che oltre a un museo interattivo dedicato al caffè, ospita il ristorante Condividere, una stella Michelin, un mix tra famiglia Lavazza, l’approccio non convenzionale del noto chef Ferran Adrià e il talento dello chef Federico Zanasi.
Il locale è accogliente, l’ambiente spassoso, caratterizzato da colore, street art, ironia nell’arredamento, mescolanza di stili: un’accattivante scenografia firmata dal Premio Oscar Dante Ferretti. La grande cucina è a vista. Le pareti oltre ai graffiti sono ricoperti di orologi come tributo artistico a un elemento prezioso di questo secolo: il tempo. C’è anche un’area dove ci si sposta, dopo aver sperimentato una degustazione completa, per degustare un assortimento di dolci (ovviamente da condividere) accompagnati magari da un caffè Lavazza.
Federico Zanasi, chef dal curriculum già prestigioso e di respiro internazionale, propone una cucina divertente e golosa, pensata per la condivisione, per far stare bene il cliente, in cui piatti e sapori hanno la stessa rilevanza del gioco, del divertimento appunto. La cucina di Zanasi è una sintesi seducente di tecnica e armonia, gustosa e facile da comprendere, indipendentemente dal fatto che la sua realizzazione possa implicare l’uso di tecniche complicatissime, anche perché fatta di piatti con una precisa identità culturale proposti in chiave contemporanea. Qualità e riconoscibilità dei prodotti, estetica, sapori e profumi trattati con nuove tecniche, gestite con maestria, sono il filo conduttore di una cucina che alla fine risulta goduriosa e irresistibile per ogni categoria di commensale. Uno dei segreti di Condividere, che mi ha ricordato la sensazione provata a Barcellona per esempio in ristoranti come Disfrutar, Enigma o Tickets (oggi Teatro), è che il centro dell’attenzione non è lo chef con i suoi piatti, peraltro buonissimi, ma il cliente. Il fulcro è lui ed è importante che si diverta. Fondamentale perché questo avvenga è la brigata di sala (noi siamo stati accuditi da Andrea), giovane, efficiente, cordiale e non invadente, capace di mettere chiunque a suo agio. La cantina, gestita da Stefano Quero, sommelier competente, da cui vale la pena di accettare consigli, è in tono con le ambizioni del locale.
Tre i menu degustazione: “I Classici”, “Festival” e “Gran Festival” rispettivamente di dieci, tredici e quattordici portate (incluso in tutti e tre i casi il “festival di dessert”) a 100, 110 e 130 euro (niente male per uno stellato). Difficile scegliere tra una serie di piatti tutti eccellenti. Ricordo a caldo (ci sonno stato ieri) la Vignarola di mare, un’insalata freschissima, con fave, piselli, cetriolo, uva di mare, finocchio di mare, erba ostrica e un paio di gustose salse ricoperta con una spuma dai sapori salmastri, Katsu Sando alla piemontese a base di filetto, meringa e salsa brusca piemontese e lo Gnocco burro e oro in cui lo gnocco ha la consistenza dello gnocco di patate, ma è interamente fatto di pomodoro, senza contare l’imperdibile festival di dolci finale, tutti squisiti e leggerissimi, serviti, come detto, in una stanza separata. Che dire, il posto è consigliatissimo. La prenotazione, non facilissima visto il successo del locale, è obbligatoria. Condividere.
Il vino della settimana: Anselmi: uno sguardo visionario al futuro
La Cantina Anselmi si trova in provincia di Verona, a Monteforte d’Alpone, in zona San Carlo per la precisione. I vigneti, non sono lontani dal Monte Foscarini e sono situati a circa trecento metri di altitudine sul livello del mare. In questa zona di fortissima tradizione vitivinicola questa cantina, gestita da Roberto Anselmi, oltre che per l’alta qualità dei suoi vini, si differenzia per il fortissimo sviluppo tecnologico adottato in fase di lavorazione. Per esempio la Cantina Anselmi è stata tra le prime ad adottare il tappo a vite per evitare il tricloroanisolo responsabile del sentore “di tappo” e ha deciso di adottare la forma di impianto ad alberello anche questa una novità. Oggi, come tutti del resto, la cantina deve fronteggiare un cambiamento climatico, che tra i vari impatti negativi sta purtroppo registrando l’incremento delle malattie della vite. Due in particolare che colpiscono le viti e i loro frutti: la peronospora (che si manifesta con macchie brune-giallastre) e l’oidio (quando le foglie si ricoprono di una patina biancastra e polverosa). Entrambi i casi, se non trattati tempestivamente, possono portare alla perdita del raccolto dell’uva. Attraverso la ricerca sono stati individuati alcuni vitigni resistenti ai funghi che provocano queste malattie. Si tratta di vitigni noti con il nome di PIWI, acronimo della difficile parola tedesca Pilzwiderstandsfähige, che significa viti resistenti ai funghi. I nomi di questi vitigni sono per esempio l’aromera, il souvignier gris o il gold traminer. Anselmi è fermamente convinto che il futoro passi per questi vitigni resistenti e così ai PIWI ha dedicato circa 15 ettari di impianto, riservando ad essi il luogo meglio esposto e più vocato della sua proprietà, il Capitel Foscarino.
Quello dei PIWI è un argomento controverso. Personalmente ho fatto vari assaggi di vini fatti con questi vitigni resistenti e devo riconoscere che non ne sono rimasto entusiasta. Visto che è stata una cantina di grande reputazione come Anselmi ad adottare i PIWI, Angelo Sabbadin ha avuto la curiosità e l’opportunità di assaggiare alcuni vini fatti da Anselmi con vitigni resistenti, e ne ha ricavato un articolo pubblicato nella la sezione vino di Passione Gourmet in cui spiega molto bene i termini della questione evidenziandone pro e contro, oltre alle note di degustazione degli assaggi fatti. Ecco il link al suo eccellente articolo: Anselmi: uno sguardo visionario al futuro. Buona lettura e buona domenica!
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