Benvenuti al numero 225 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Con l’arrivo dei primi freddi, almeno per me, aumenta la voglia di zuppe e minestroni, in particolare di fagioli e ceci. Oggi vorrei parlare dei ceci, protagonisti di tantissime ricette della cucina tradizionale italiana, da Nord a Sud, dalle minestre e zuppe di tante regioni, alle panelle siciliane o alla farinata ligure, nonché base di pietanze che arrivano dal Medio Oriente, come l’hummus e i falafel. Forse pochi lo sanno ma gli italiano sono quelli che mangiano più legumi in Europa (anche se tre quarti sono importati): 9,2 kg annui pro capite, rileva Ismea, contro i 3,4 kg degli spagnoli e i 2,5 kg dei francesi. Ma andiamo per gradi.
Dall'antichità ai giorni nostri
I ceci (chickpeas in inglese), con il loro alto valore nutritivo, sono stati tra i primi alimenti dell’umanità e oggi si confermano come la terza leguminosa più importante dopo la soia e il fagiolo. Sono semi eduli appartenenti all'insieme dei legumi; si presentano più o meno tondeggianti, ma dalla superficie leggermente bitorzoluta e più appuntita su un vertice, di colore bianco-beige, nero o verde, con un diametro che misura dai 10 ai 15 millimetri. La parte esterna del seme ha una consistenza robusta, mentre all’interno sono più farinosi, e il loro sapore è delicato e nocciolato. Prodotti dal Cicer arietinum, una pianta erbacea annuale della sottofamiglia Faboidae, alta non più di mezzo metro e verosimilmente originaria della Turchia, i ceci rientrano nell'alimentazione di molte popolazioni fin dai tempi più antichi; i reperti indicano la loro presenza in Medio Oriente già 7500 anni fa. Si diffusero dapprima in Egitto, dove era considerata un cibo povero destinato agli schiavi, per poi conquistare l'intero bacino del Mediterraneo. Grazie alle attività commerciali sono approdati alle coste del Vicino Oriente, fino ad arrivare in India. I ceci erano un cibo consumato anche nell’antica Roma, come testimonia Orazio che ci racconta dell'apprezzamento dei Romani per una specialità del tempo: i ceci fritti nell’olio d’oliva. Con il suo nome scientifico Cicer arietinum, che deriva da “aries” (ariete) per via della forma del seme che assomiglia alla testa di un ariete, il cece è anche legato alla storia romana. Il termine "cicer" divenne addirittura un cognomen (soprannome): fu ad esempio soprannominato così il celebre oratore Marco Tullio Cicerone, per una piccola escrescenza sul volto simile a un cece. Nel mondo antico i ceci erano considerati non solo nutrienti ma anche afrodisiaci. Plinio il Vecchio scrive che i "ceci di Venere", dalla caratteristica colorazione candida, venivano consumati in rituali notturni dedicati alla dea dell’amore. Durante alcune di queste veglie femminili, le "pervigilia Veneris", si pensa che venissero celebrati riti orgiastici accompagnati dal consumo di ceci, simbolo di vitalità. Anche il medico Galeno attribuiva loro proprietà afrodisiache, tanto che scrisse “I ceci provocano il coito e generano molto sperma, per cui alcuni li danno da mangiare agli stalloni”.
Ma i ceci avevano un ruolo importante anche nella navigazione, tanto che erano usati per tappare i piccoli fori che si formavano con il tempo nel fasciame, poiché, gonfiandosi a contatto con l’acqua, impedivano le infiltrazioni. Era un segno di malaugurio per i marinai imbarcarsi su una nave vecchia, carica di ceci. A proposito di ceci nelle navi c’è un legame con la gastronomia ligure e toscana, con piatti come la panissa, la farinata e la cecina. Si narra che dopo la battaglia della Meloria (1284), in cui la flotta pisana venne sbaragliata da quella genovese, alcuni prigionieri toscani vennero richiusi nelle stive senza acqua né cibo. Ma, tra le masserizie, i pisani trovarono alcuni sacchi di ceci secchi, di cui riuscirono a cibarsi bagnandoli con l'acqua marina: fu così che i marinari si salvarono. E nacque la cecina, detta anche “l'oro di Pisa”. Curiosa infine è la connessione tra i ceci e i Vespri Siciliani, la rivolta popolare che scoppiò a Palermo nel 1282 per porre fine al dominio francese. Si racconta che ai sospetti stranieri si chiedesse di pronunciare la parola “ciceri” (ceci): se l’accento cadeva sulla "i" finale o se invece della “c” si pronunciava la “s” svelando la pronuncia straniera, si procedeva con l’esecuzione. Oggi questo legume è particolarmente diffuso in Medio Oriente e India dove rappresenta un alimento di base.
Dove si producono
Ma da dove provengono i ceci? L’India è di gran lunga il principale produttore mondiale, oltre 10 volte l’Australia, il secondo produttore, seguito da Etiopia e Turchia. In Europa il primo produttore è la Spagna, seguito dall’Italia. Forse non tutti lo sanno, ma tre piatti di legumi su quattro che si consumano in Italia oggi, sono in realtà stranieri, perché i ceci provengono soprattutto da Paesi come gli Stati Uniti e il Canada dove vengono fatti seccare con l’utilizzo in pre-raccolta del glifosato secondo modalità vietate sul territorio nazionale. Secondo i dati della Coldiretti oltre il 90% delle lenticchie consumate in Italia sono straniere, soprattutto americane e canadesi, e la dipendenza dalle importazioni è all’incirca della stessa percentuale anche per i fagioli, che arrivano in gran parte dall’Argentina oltre che dal Nord America, del 70% per i piselli e di più del 50% per i ceci.
In Italia i ceci vengono prodotti prevalentemente in Puglia, Marche, Abruzzo, Toscana e Sicilia. La produzione italiana, che aveva avuto un crollo a partire dagli anni ’70 a causa della poca redditività, è comunque tornata a crescere grazie al boom dei consumi degli ultimi anni, tanto che negli ultimi 10 anni la crescita è stata notevole (oggi l’Italia è intorno al ventesimo posto in termini di produzione mondiale).
Proprietà nutritive
I ceci sono un’ottima fonte di proteine e di fibre alimentari, utili per regolare le funzioni intestinali e per il controllo dei livelli di glucosio e colesterolo nel sangue, e, per trarne il massimo beneficio è consigliabile consumare anche dei cereali integrali nell’arco della stessa giornata: è questa la combinazione in grado di riunire tutti gli aminoacidi essenziali che strutturano le proteine. Se l’intestino è pigro, le fibre contenute nei ceci aiutano a regolarizzarlo. Contengono poi un elevato tenore di calcio, un toccasana per prevenire l’osteoporosi, oltre ad altri sali di sali minerali come potassio, fosforo e magnesio, un trio che ricarica di energie e aiuta a distendere la muscolatura. Non mancano vitamine del gruppo B, essenziali per il corretto funzionamento del sistema nervoso e per il metabolismo delle proteine. Tra le proprietà più interessanti dei ceci c’è la capacità controllare la pressione arteriosa e aumentare i livelli colesterolo “buono” HDL, grazie all’apporto di acidi grassi omega 3. Inoltre contengono i folati che mantengono bassa l’omocisteina, un aminoacido che, se presente in quantità troppo elevate, aumenta il rischio di infarti e ictus. Contengono anche ferro, ma per poterne usufruire bisogna frullarli per frantumare le fibre che ne ostacolano l’assorbimento; abbinati ad alimenti con un alto tasso di vitamina C, come il limone, diventano un toccasana: l’ hummus di ceci è un ottimo metodo per assorbire ferro e vitamina C contemporaneamente! Non esistono particolari controindicazioni per quanto riguarda il consumo di ceci, meglio però non esagerare con le quantità se si tende a soffrire di gonfiori addominali o di problemi intestinali. Anche chi segue un regime ipocalorico dovrebbe prestare attenzione alle porzioni perché i ceci non sono il legume meno calorico in circolazione (120 chilocalorie per 100 grammi di ceci bolliti).
Secchi o già lessati?
I ceci si trovano in commercio secchi o già lessati. Quelli freschi, oltre a essere una rarità, necessitano di essere privati del baccello esterno e lavati con cura, senza contare che mangiati a crudo potrebbero creare qualche problema digestivo o gonfiore persistente. I ceci secchi, che si ottengono dalla disidratazione di quelli freschi, prima di essere lessati vanno reidratati in acqua per almeno 12 ore. L’acqua di ammollo dei ceci deve essere buttata, in quanto contiene l’acido fitico che limita l’assorbimento di sali minerali come calcio e magnesio. Quella di cottura invece è ottima. Se da un lato l‘ammollo aumenta i tempi di preparazione, dall’altro è bene ricordare che i ceci secchi sono più economici della controparte in scatola e, se bolliti con qualche foglia di alloro, risulteranno più digeribili. Se avete scelto i ceci in barattolo già lessati, non dimenticate di eliminare l’acqua di governo: i ceci in scatola, infatti, possono contenere additivi, sale o zucchero, per questo è meglio sciacquarli bene con l'acqua corrente prima di impiegarli nelle vostre ricette.
In cucina
Dal punto di vista nutrizionale i legumi possono sostituire la carne e sono ideali per una dieta vegetariana, ma sono molto apprezzati anche in abbinamento con carne e pesci. Sono un prodotto ideale per una cucina semplice, che si esprime in zuppe a base di verdure e primi piatti regionali che possono anche essere piatti unici come le Logane e ceci, primo piatto gustoso e saziante dalla Calabria, Ciceri e tria, primo piatto salentino a base di pasta e ceci, le Virtù teramane (una minestra ricchissima di verdure, tipica della primavera), pasta e ceci alla Toscana, con la passata di pomodoro, o alla Romana, senza. Perfetti con le carni, come nella lonza di maiale in umido, con le costine di maiale (vedi la mia ricetta) o nello spezzatino di manzo. Ottimi nelle zuppe di pesce come la zuppa di ceci e gamberi, quella con calamari o quella con i frutti di mare. Mitico uno dei piatti icona della cucina italiana ideato da Fulvio Pierangelini: la passatina di ceci e gamberi. Dalla lavorazione dei ceci si può estrarre anche una farina molto versatile, oltre che priva di glutine e quindi adatta ai celiaci. Molto apprezzati nelle insalate. Con la farina di ceci si preparano ricette tradizionali, come la farinata ligure e le panelle siciliane, ma si può impiegare anche in sostituzione alla farina di grano per la preparazione di gnocchi, pasta fresca, frittate e crespelle senza glutine.
Ok, oggi una delle mie zuppe preferite: zuppa di ceci.
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Questo numero contiene:
La videoricetta: Pasta, funghi e pecorino
Il ristorante della settimana: L’Aurum, Erbusco (BS)
Il vino della settimana: Dobuje: i vini di Robi Bučinel (Slovenia)
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La videoricetta: Pasta, funghi e pecorino
E’ una pasta condita con due creme: una è una crema di pecorino e pepe, insomma una cacio e pepe, l’altra una crema di funghi trifolati. La pasta può essere fresca o secca, lunga o corta. Io ho usato dei tonnarelli e un misto di porcini e cardoncelli. Il risultato è una bomba. Buona visione!
Il ristorante della settimana: L’Aurum, Erbusco
Siamo a Erbusco (Via Vittorio Emanuele, 23), tra le colline e i vigneti di Franciacorta, nel complesso de L’Albereta Relais & Chateaux. Al suo interno, insieme al ristorante casual Leone Felice, troviamo il ristorante fine dining L’Aurum (senza l’apostrofo, “Alloro”) inaugurato da poco. L’ambiente è intimo e raffinato. Gli ampi tavoli hanno le vetrate che si affacciano sulla natura circostante e sul Lago d’Iseo da una parte e la rinnovata cucina a vista dall’altra. Eleganza e sostenibilità hanno guidato nella scelta dei materiali e degli arredi. A dirigere l’ambizioso progetto l’executive chef Alberto Quadrio, coadiuvato dallo chef Enrico Bartolini in qualità di mentore. Piemontese, di Vercelli, classe 1990, Alberto porta in dote la sua esperienza maturata a Tokyo, Barcellona, Copenaghen, Messico, Parigi e Milano. L’incarico è sfidante, visto che proprio qui, all’Albereta, Gualtiero Marchesi fondò un vero e proprio "tempio del gusto" che ha guidato per vent’anni, dal 1993 al 2013. Valorizzazione dei prodotti del territorio, inclusi quelli dell’orto sotto casa, materie prime di qualità da selezionati produttori che condividono la filosofia dello chef, attenzione alla sostenibilità, solida tecnica e creatività sono la base di una cucina che risulta gustosa, originale, esteticamente molto curata e contemporanea. Il menu è in continua evoluzione, rispettando l’avvicendarsi delle stagioni. Il Risotto all’Aurum, un risotto giallo con un sublime gioco di caldo e freddo, foglia d’oro (omaggio a Marchesi) e mantecatura al burro di alici, e lo Storione, Franciacorta e finferli dove gli ingredienti, storione incluso, sono tutti locali, sono una sintesi dell’approccio di Quadrio. La carta dei vini, oltre alle etichette della casa e di Franciacorta, si estende al resto d'Italia e del mondo. Attento e professionale il servizio. Tre le possibili scelte: il menù degustazione Connessioni, 12 portate a 160 euro, Dialogo, una versione ridotta del menù principale a 140 euro e Spunto, due portate a scelta dagli altri menù più dolce a 120 euro. Un ristorante da visitare e di cui sentiremo parlare. L'Aurum, Erbusco
Il vino della settimana: Dobuje: i vini di Robi Bučinel (Slovenia)
L’azienda Dobuje si trova nel cuore di Goriska Brda, nel villaggio di Snežeče, nella parte della regione del Collio che si trova all’estremo ovest della Slovenia. Condotta da Robi Bučinel, sesta generazione, che cura sia la parte agronomica sia la parte di cantina, è una piccola azienda di 10 ettari i cui vigneti sono dislocati a un’altitudine compresa tra i 100 e i 170 metri sopra il livello del mare su terrazze marnose, di Ponca. L’azienda produce vini a base di uve a bacca bianca come Rebula (Ribolla gialla), Malvasia istriana, Sauvignon Blanc, e Pinot grigio e a bacca rossa come Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc. Angelo Sabbadin ha recentemente pubblicato nella sezione vino di Passione Gourmet un articolo in cui ci parla di Dobuje, di Robi Bučinel, e dei suoi eccellenti vini. Di seguito il link: Dobuje: i vini di Robi Bučinel
Buona lettura e buona domenica!
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