Benvenuti al numero 226 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Martedì scorso è stata presentata la 70sima edizione italiana della Guida Michelin. Non è la mia guida preferita, ma è sicuramente la più nota al mondo e conseguentemente quella che influisce maggiormente sulla reputazione di un ristorante, sicuramente sul suo conto economico. Queste le novità: un nuovo tre stelle (il che porta a 14 i tristellati italiani), due nuovi due stelle e 33 nuovi monostella. Il numero dei ristoranti premiati con delle stelle in Italia è quindi 393 (due meno dello scorso anno, visti alcuni ristoranti che l’hanno persa e le chiusure). Premiato con la terza stella Casa Perbellini 12 Apostoli, a Verona, di Giancarlo Perbellini. Questa la motivazione “Nel pieno centro storico di Verona, accanto a piazza delle Erbe e a due passi dal balcone più famoso del mondo – quello di Romeo e Giulietta – sorge la nuova casa di Giancarlo Perbellini. In un locale che ha fatto la storia – il 12 Apostoli – in cui lo chef si è formato da ragazzino, ora va in scena un concerto di sapori, che unisce tradizione e innovazione nel rispetto della stagionalità e delle materie prime. Lo chef omaggia e reinterpreta la cucina italiana con tecniche moderne e un tocco personale offrendovi una esperienza che vale il viaggio. Il Wafer al sesamo con tartare di branzino con il tocco di liquirizia è solo uno dei tanti classici che vi resteranno nel cuore”. Manina veramente corta per i nuovi ristoranti italiani con due stelle. Solo due: Villa Elena di Bergamo e Campo del Drago di Montalcino (Si). Oltre alla new entry di Verona, i ristoranti con tre stelle che per la Michelin valgono il viaggio in Italia e confermano il massimo riconoscimento sono (in rigoroso ordine alfabetico): Atelier Moessmer a Brunico (BZ) con Norbert Niederkofler, Da Vittorio a Brusaporto (BG) con i fratelli Chicco e Bobo Cerea, Dal Pescatore a Canneto Sull’Oglio (MN) con la famiglia Santini, Enoteca Pinchiorri a Firenze con Riccardo Monco, Enrico Bartolini al MUDEC a Milano con Enrico Bartolini, La Pergola a Roma con Heinz Beck, Le Calandre a Rubano (PD) con Massimiliano Alajmo, Osteria Francescana a Modena con Massimo Bottura, Piazza Duomo ad Alba (CN) con Enrico Crippa, Quattro Passi a Massa Lubrense (NA) con Fabrizio Mellino, Reale a Castel di Sangro (AQ) con Niko Romito, Uliassi a Senigallia (AN) con Mauro Uliassi e Villa Crespi a Orta San Giulio (NO) con Antonino Cannavacciuolo.
Curiosità
Complessivamente la regione con più stelle è la Lombardia con 61 ristoranti (3 tre Stelle, 7 due Stelle, 51 una Stella); la Campania si conferma al secondo posto con 50 ristoranti, (1 tre Stelle, 7 due Stelle, 42 una Stella), mentre al terzo posto c'è la Toscana con 44 ristoranti (1 tre Stelle, 5 due Stelle, 38 una Stella), che supera il Piemonte oggi in quarta posizione con 35 ristoranti (2 tre Stelle, 3 due Stelle, 30 una Stella), mentre rimane al quinto posto il Veneto con 34 ristoranti Stellati (2 tre Stelle, 3 due Stelle, 29 una Stella). Curiosa la classifica per provincia: la prima è Napoli con 27 ristoranti (1 tre Stelle, 6 due Stelle, 20 una Stella), la seconda è Roma con 23 ristoranti Stellati (1 tre Stelle, 3 due Stelle, 1 una Stella), seguita da Milano con 20 ristoranti Stellati (1 tre Stelle, 4 due Stelle, 15 una Stella). In quarta e quinta posizione due province inattese che confermano la loro eccellenza, rispettivamente Bolzano con 19 ristoranti (1 tre Stelle, 2 due Stelle, 16 una Stella) e Salerno con 18 ristoranti (1 due Stelle, 17 una Stella).
Con 393 ristoranti stellati l’Italia è il secondo paese al mondo per numero di stelle (a pari merito col Giappone, dove però la Rossa guarda solo alla città di Tokyo, quindi l’Italia è virtualmente terza). Il primo è la Francia con 639 (si tratta per sempre di una guida di matrice francese). Il quarto, forse soprendente per molti, è la Germania con 313 stellati e poi c’è la Spagna con 269.
Servono le guide gastronomiche?
Ogni volta che la nuova guida Michelin viene pubblicata ci sono da una parte i contenti e dall’altra i delusi. Mi capita spesso, come quest’anno, di far parte dei delusi, anche se concordo pienamente con la terza stella a Casa Perbellini, che forse la meritava già da anni anche nella precedente location. Se si guarda la motivazione infatti, a parte la nuova sede, tutte le altre cose avrebbero potute essere scritte anche alcuni anni fa. Secondo me anche Duomo di Ciccio Sultano a Ragusa Ibla avrebbe meritato la terza stella e non capisco la sottostima di numerosi ristoranti italiani di grande pregio come ad esempio Lido 84, primo ristorante italiano nella 50 Best e tre coltelli (assieme ai grandi del mondo in una classifica che premia la crème de la crème della cucina nella classifica “Best chef of the world”). Sarà forse per questo che insieme a un bel gruppo di gourmet facciamo la nostra guida, Passione Gourmet, una guida online. Personalmente collaboro anche con la guida dell’Espresso che verrà presentata il 26 novembre al Teatro degli Arcimboldi a Milano. Quanto all’utilità delle guide, ritorno su quanto ho scritto negli anni scorsi. Io rimango convinto che servano. Con una realtà eno-gastronomica così ricca e variegata come quella italiana penso che la critica e le guide siano fondamentali. Io credo lo pensino anche i clienti, stanchi di non trovare corrispondenza tra le proprie esperienze e quello che si legge nella maggior parte dei commenti su Google. Se ti fa male un dente non guardi Google. Vai dal dentista. Vale per l’idraulico, il medico, il barbiere, l’elettricista, ecc. Se vuoi mangiare bene, meglio rivolgersi a chi lo fa di mestiere (o quasi). Lo pensano tanti cuochi che rimpiangono i critici veri, che, a differenza degli influencer a cui interessa celebrare se stessi in primis e poi l’esperienza che “deve” essere necessariamente “issima” altrimenti non fa visualizzazioni, magari invece ti spiegano il perché di un giudizio sia esso positivo che negativo. Il problema è che le guide fanno fatica a sostenersi. Il crollo della carta stampata e l’abitudine a fruire gratis dei contenuti del web è sicuramente uno dei problemi. Le guide si mantengono, visto che le vendite delle copie cartacee sono ridotte ai minimi termini, con le sponsorizzazioni e la drastica riduzione dei costi. Con l’eccezione della Rossa, i cui ispettori sono dipendenti della Michelin, le altre guide hanno contributor (tipo me) che sono di fatto appassionati, certo esperti di critica gastronomica, che ottengono un rimborso parziale, che per le visite ai ristoranti più costosi diventa una frazione minima di quanto speso. Mi fermo qui perché il discorso meriterebbe una lunga analisi, forse non adatta a un post domenicale.
Che siano orientate alle sole eccellenze dell’alta cucina o che riguardino anche altre tipologie di ristorazione, che siano nazionali o regionali o perfino cittadine, che siano cartacee o solo online o entrambi, che esprimano valutazioni (stelle, numeri, piatti, forchette, coltelli, ecc.) o no, rimango un fruitore (oltre che, ripeto, contributor) di guide di ristoranti, da consultare a seconda delle necessità. Negli ultimi dieci anni, forse anche venti, si è assistito a una svolta epocale nella cucina, un salto tecnico enorme determinato da chef sempre più preparati, anche grazie a un accesso all’informazione mai sperimentato prima, scuole sempre più attrezzate, conoscenza sempre più approfondita delle tecniche culinarie, altissimo livello degli strumenti utilizzati nelle preparazioni e facilità di approvvigionamento di ingredienti di qualità, solo per citare alcuni fattori. La conseguenza è che non si è mai mangiato così bene, ma anche che il cibo oggi si presta a una lettura sempre più complessa. La gastronomia, oltre a un esercizio palatale, è sempre più un esercizio intellettuale, emozionale e che implica la partecipazione di tutti i sensi. Chi si occupa di critica gastronomica dovrebbe essere in grado di dare una lettura di livello corrispondente a quello raggiunto oggi dagli chef. Ecco perché penso che il ruolo delle guide non sia mai stato così utile come adesso.
Ok, oggi dove vado al ristorante? Quasi quasi guardo su Passione Gourmet o rileggo i miei post!
Se ti è piaciuto questo post, fammelo sapere usando il cuoricino per i like!
Questo numero contiene:
La videoricetta: Funghi fritti
Il ristorante della settimana: Oro, Venezia
Il vino della settimana: Bellavista: Alma Assemblage
Se vi piacciono gli argomenti che tratto, aiutatemi a diffondere questa newsletter! Pensate a un amico buongustaio o un’amica buongustaia e usate questo pulsante rosso qui sotto per condividerla, è gratis:
Se vi occorre qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato. Acquistare da questi link è un modo per sostenere il lavoro che sta dietro ai video.
La videoricetta: Funghi fritti
I funghi fritti sono un piatto jolly, gustoso e sfizioso, che può fare da snack, antipasto, secondo o contorno. E' facile da preparare se si seguono con attenzione gli step indicati nel video. E' una preparazione che non richiede necessariamente funghi pregiati come i porcini (anche se i porcini fritti sono strepitosi), ma che si può fare per esempio anche con funghi come i cardoncelli, le orecchie di elefante, i Portobello o gli champignon. Sono proprio buoni. Buona visione!
Il ristorante della settimana: Oro, Venezia
Oro è il ristorante gourmet del Belmond Hotel Cipriani, a Venezia, simbolo di un lusso raffinato di cui hanno goduto star di ogni settore e personaggi del jet set internazionale, contribuendo a costruirne una fama senza tempo. Aperto nel 1958 da Giuseppe Cipriani, fondatore dell’Harry’s Bar di Venezia, l’hotel è stato acquisito da Belmond Hotel, del gruppo LVMH: 96 camere e suite, ripartite tra i due principali edifici che compongono la struttura che, nel corso del tempo, si è ingrandita e ha aggiunto al nucleo originario anche Palazzo Vendramin. L’esperienza inizia da San Marco dove c’è un approdo dedicato. Aprendo il cancelletto, sulla destra c’è una seduta, per l’attesa, mentre di fronte c’è una piccola cabina, coperta da uno sportellino: aprendolo, un citofono ed un pulsante consentono di ordinare la navetta che conduce gli ospiti del ristorante e dell’hotel all’isola della Giudecca assicurando loro il privilegio di non arrivarci in vaporetto, stretti tra i turisti. Giunti all’hotel si attraversa un ampio giardino (il “Casanova”) fatto di siepi curatissime e volte fiorite per arrivare alla sfarzosa sala sotto la cupola in foglia d'oro che dà il nome al ristorante, progettata da Adam D. Tihany, in cui pochi tavoli, una decina, attendono gli ospiti. Le finestre da un lato e gli specchi dall’altro consentono alla luce non solo di moltiplicare il proprio effetto ma di diventare essa stessa elemento d’arredo. Con la direzione creativa di Massimo Bottura, da questa estate, la chef è Vania Ghedini, ferrarese, capace di confermare la stella Michelin, interprete di una cucina originale e golosa in cui i piatti della tradizione veneziana con qualche influenza emiliana e orientale vengono proposti valorizzando gli ingredienti della Laguna. Un esempio di Laguna con influenze emiliane lo troviamo in Moeca, zabaione al guanciale e nero di seppia così come nei Tortelli ai frutti di mare, ripieni di cozze, granchio blu e gamberetti troviamo la celebrazione della biodiversità del Mare Adriatico senza dimenticare il fantasioso Tiramisù, all’apparenza così diverso dall’originale, ma che al gusto lo evoca inequivocabilmente, con in più un riso nero leggermente salato e croccante, tostato quasi fosse un chicco di caffè, che aggiunge qualcosa al vivido ricordo. Al tavolo il personale giovane e sorridente assicura un servizio attento e impeccabile. La carta dei vini è ben fornita con prezzi in linea con il lignaggio dell’hotel. Menù degustazione a 250 euro. 200 euro alla carta. Oro conferma che Venezia è diventata una meta di grande appeal anche per il pubblico gourmet. Da provare!
Il vino della settimana: Bellavista: Alma Assemblage
Fondata 47 anni fa dall’imprenditore delle costruzioni Vittorio Moretti, Bellavista, parte del Gruppo Terra Moretti Vino, che a sua volta fa parte della Holding Terra Moretti, è una delle più importanti maison produttrici di bollicine in Franciacorta. Con i suoi 209 ettari, l’azienda ha dato un contributo fondamentale alla costruzione di uno dei territori-simbolo del vino italiano, facendo entrare il Franciacorta nel salotto buono della produzione mondiale di bollicine. Da qualche tempo l’azienda si avvale della consulenza di Richard Geoffroy, uno dei più geniali e capaci chef de cave della storia di Champagne, l’uomo che per tanti anni ha diretto Dom Perignon contribuendo in modo determinante a crearne notorietà, mito e successo planetario. Il 28 ottobre a Erbusco Francesca Moretti, presidente del Gruppo Terra Moretti Vino, e Richard Geoffroy hanno presentato una trilogia di bollicine di cui sono anche i firmatari: Alma Assemblage 1, Alma Rosé Assemblage 1, Alma Non Dosato Assemblage 1, tre cuvée con base vendemmia 2021. Ne ho tratto un articolo che parla di questi nuovi vini e della svolta che rappresentano per l’azienda in un articolo pubblicato nella sezione vino di Passione Gourmet: Bellavista: Alma Assemblage
Buona lettura e buona domenica!
* * *
Questa newsletter è gratuita, ma se volete offrirmi uno dei caffè che consumo per scriverla potete farlo via PayPal, usando questo link Orazio Food Experience su PayPal e selezionando “invia denaro ad amici”.
Per fare la stessa cosa via Satispay, ecco il QR Code da inquadrare.
Grande Orazio, sempre interessante leggere i suoi post e mai banale in ciò che scrive. Una garanzia