Orazio Food Experience #231
Benvenuti al numero 231 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Oggi vorrei parlare della cucina a bassa temperatura sottovuoto, una tecnica ormai da anni utilizzata nella cucina professionale, ma che vede sempre più appassionati anche a casa. Ne avevo già parlato la primavera scorsa quando ero sul punto di pubblicare un videocorso su questo argomento. Poi le cose sono andate per le lunghe, anche perché quello che avevo girato era un adattamento alle mura domestiche di quello che si fa in un ristorante con tutte le complicazioni annesse e connesse, mentre il mio obiettivo era di fare un corso dal punto di vista di chi fa da mangiare a casa e non ha gli strumenti, le metodologie, l’organizzazione e la capacità operativa tipiche della ristorazione professionale, Alla fine ho rifatto tutto in modo da mettere in grado chiunque ne abbia il desiderio di usare questa tecnica a casa sia chi ha già iniziato, sia chi comincia da zero. Credo finalmente di esserci riuscito. Al di là dei tanti vantaggi che questa tecnica offre (li elencherò di seguito), incluso il fatto che è facile e costa poco, il motivo che più mi ha spinto ad adottarla ormai da tanti anni a casa mia e a produrre addirittura un videocorso è che consente di anticipare il grosso delle preparazioni a quando si ha tempo (per me tipicamente dopo cena uno o più giorni prima!) e di dedicarsi solo alla finitura dei piatti quando si va in tavola. Un vero game changer, perfetto per chi ha voglia di far da mangiare a casa anche quando si torna tardi dal lavoro. Ormai adotto con regolarità la cucina sottovuoto a bassa temperatura dal 2011, data in cui ho comprato il primo roner, e avendo fatto tutti i possibili errori, so di poter suggerire come evitarli.
La cottura sottovuoto a bassa temperatura o a temperatura controllata è spesso chiamata sous vide, che vuol dire sottovuoto in francese, o con l'acronimo CBT, ovvero “cottura a bassa temperatura”. E’ un metodo di cottura che consiste sostanzialmente nel mettere sottovuoto il cibo in un sacchetto apposito insieme al condimento desiderato e cucinarlo a bagnomaria in un contenitore in cui l'acqua viene mantenuta alla temperatura voluta attraverso uno strumento chiamato “roner”, un termine ormai comunemente usato per indicare un attrezzo che dovrebbe essere chiamato “termoregolatore a immersione”.
Come già detto, si tratta di una tecnica largamente usata nella cucina professionale, e da qualche tempo, sempre di più, anche nella cucina casalinga, forse anche grazie alla disponibilità di attrezzi come le macchine del sottovuoto e i roner di nuova generazione sempre meno ingombranti, poco costosi, facili da usare e performanti (oggi si trovano macchine del sottovuoto intorno a 50 euro e roner che costano intorno ai 100 euro).
Le origini “moderne” di questa tecnica di cottura, i cui primi esperimenti furono fatti dal Conte di Rumford già nel Settecento (che però usava l’aria, anziché l’acqua come fluido termoreattore), risalgono agli inizi degli agli anni ’70. In particolare bisogna fare riferimento a due personaggi, entrambi di origine francese, che per risolvere problemi concreti sono arrivati a risultati simili più o meno negli stessi anni: si tratta di Bruno Goussault e di Georges Pralus. Interessante il fatto che anche nei paesi di lingua anglosassone questa tecnica si sia affermata con una parola francese, cioè “sous vide” (sottovuoto). Nel 1972 Bruno Goussault, ricercatore e scienziato, avendo avuto l’incarico di realizzare un roast beef morbido e succoso, utilizzando dei tagli di carne economici, pare che, in assenza di un forno nel suo laboratorio, si sia servito del circolatore termico che usava per le sue colture batteriche e che per cuocere il pezzo di carne lo avesse avvolto in una busta. Il risultato fu inatteso: eccellente cottura e limitato calo peso, molto inferiore a quello causato dalla cottura in forno (la mia versione del roast beef è qui). Goussault dedicherà il resto della sua vita a studiare e perfezionare questa nuova tecnica. L’invenzione della tecnica sous vide secondo molti va attribuita a lui. Successivamente fece molte ricerche sugli effetti della temperatura sui vari alimenti e divenne noto come formatore di grandi chef sull’utilizzo di questo metodo. Goussault ha sviluppato i parametri di tempi e temperature di cottura per molti alimenti. Più o meno nello stesso periodo, siamo nel 1974, ma non si ha certezza della cosa, a Villemontais, nei pressi di Roanne, sempre in Francia, lo chef Georges Pralus, titolare del ristorante Le Coq En Paille, sperimentando, scoprì che cucinando la carne in acqua calda, in assenza di aria, si ottenevano risultati ottimali, consentendo la perdita di meno liquidi durante la cottura e favorendo così la morbidezza ad ogni boccone. Si può dire che Bruno Gaussault in laboratorio e Georges Pralus in cucina furono i pionieri della tecnica di cucina sottovuoto a bassa temperatura.
Negli anni successivi, purtroppo, questa tecnica venne sottovalutata e marginalizzata, quasi sicuramente per la ridotta apertura mentale nel mondo della ristorazione ad acquisire una nuova “filosofia” e nuove tecniche di cottura. Probabilmente il parere negativo dei grandi chef condizionò lo sviluppo della nuova tecnica, e soltanto in tempi successivi questa tecnica si affermò.
Fu infatti a partire dagli anni ’90 che la cottura sous vide ha iniziato ad essere studiata in modo esteso dagli scienziati che si occupavano di cibo. Nel 1997 due chef spagnoli, Joan Roca e Narcís Caner, riadattando i circolatori termici usati nei laboratori chimici per far crescere le colture batteriche, crearono un termoregolatore termico a immersione che chiamarono Roner (“Ro” da Roca e “Ner” da Caner). Oggi usiamo il termine roner, che all’inizio era il nome commerciale di questo apparecchio, per indicare tutti i termoregolatori a immersione. Ed è proprio all’inizio degli anni 2000, anche grazie alla possibilità di disporre di utensili che consentivano di praticarla, che la cottura sous vide inizia a diffondersi in molti ristoranti del mondo. Io ricordo che a Milano alcuni pionieri cominciarono a utilizzare la tecnica della bassa temperatura proprio in quegli anni.
Per quanto riguarda la diffusione anche al mondo non professionale del sous vide, nel 2011 Nathan Myhrvold pubblicò l’enciclopedia Modernist Cuisine. The Art and Science of Cooking (che ebbi la fortuna di ricevere in regalo alla sua uscita) in cui tra le altre cose svelava al pubblico anche tutti i segreti di questa tecnica di cottura. Proprio nel 2011 acquistai attraverso internet il mio primo roner, un catafalco piuttosto ingombrante, dall’Inghilterra, perché in Italia non lo trovavo. Acquistai anche una macchina del sottovuoto e grazie ai suggerimenti di alcuni chef che a Milano usavano abitualmente questa tecnica, cominciai a cucinare a bassa temperatura sottovuoto a casa mia.
Ma quali sono questi vantaggi della cucina sottovuoto?
Cottura uniforme e precisa degli alimenti
Si riesce a cucinare tutto l'alimento dalla superficie al cuore, alla temperatura voluta, senza le approssimazioni, le imprecisioni e i compromessi della cottura tradizionale. A tutti sarà capitato di esagerare o di rimanere indietro in una cottura. Si può dire basta ai petti di pollo stopposi, arrosti gommosi, brasati induriti, pesci o verdure stracotti.
Minore perdita di liquidi e mantenimento nel sacchetto dei succhi di cottura
Con la chiusura del sacchetto, i liquidi che fuoriescono dagli alimenti rimangono nel sacchetto e possono essere utilizzati per realizzare delle ottime salse. Inoltre, proprio grazie alle basse temperature, i liquidi che fuoriescono sono molto di meno di quelli che si disperdono con le cutture tradizionali. Ad esempio, i tagli più teneri di carne rossa danno il loro meglio se cucinati tra i 50 e i 65 gradi a temperature che consentono di trattenere i liquidi. Con la cottura tradizionale, anche se si vuole raggiungere un risultato “al sangue”, si espone l'alimento, non solo nelle parti più esterne, a temperature ben più alte che favoriscono la fuoriuscita dei liquidi. Con la cottura CBT, la temperatura è uniforme e sempre sotto la soglia critica che fa perdere liquidi, e quindi gli alimenti rimangono più morbidi.
Minore calo peso
Questo forse è una cosa che interessa più la ristorazione professionale. Comunque, è chiaro che se si perdono meno liquidi il peso dell'alimento rimarrà maggiore. Questo nella ristorazione professionale vuol dire maggior numero di porzioni. In ogni caso è evidente che con la bassa temperatura gli alimenti rimangono più succosi.
Mantenimento delle qualità nutrizionali e organolettiche
È una tecnica di cottura che salvaguarda molti componenti sia sotto il profilo nutrizionale, come le vitamine, le proteine, gli zuccheri e i grassi, sia sotto quello organolettico, come profumo e colore. I sapori e gli aromi sono più decisi e intensi. Grazie al sacchetto sigillato si ottengono preparazioni molto profumate e saporite e con un minimo quantitativo di spezie e di aromi. Inoltre, si previene la perdita di sapore dovuta all'ossidazione e all'evaporazione delle sostanze volatili.
Perfetta riproducibilità del piatto
Non è necessario essere cuochi virtuosi ed esperti per fare una cottura perfetta e riuscire a cucinare un ingrediente sempre nello stesso modo, una volta capiti dosi, tempi e temperature. I risultati sono facili e sicuramente replicabili anche da chi è meno esperto.
Maggiore shelf life
Gli alimenti sono meno soggetti alle ossidazioni e possono essere conservati sia in frigo che in freezer per un tempo più lungo rispetto a quelli cotti in modo tradizionale.
Migliore gestione dei tempi di preparazione
Come ho già detto, si fa da mangiare quando si ha tempo e si va in tavola quando si ha fame! Con la cottura a bassa temperatura sottovuoto si possono separare le fasi di preparazione e cottura da quella di finitura del piatto. Normalmente le cotture sono lunghe e la finitura è breve. Si può procedere alla preparazione del piatto in tempi diversi rispetto a quando l’alimento viene consumato. Le cotture si fanno quando si ha tempo, certe si possono addirittura fare durante la notte, mentre invece la finitura del piatto la si fa solo quando si deve andare in tavola.
Minore uso di grassi e niente odori in cucina
L'uso di grassi è spesso non necessario e risulta comunque molto limitato. E poi visto che tutti i profumi rimangono del sacchetto, anche con le lunghe cotture si evitano gli odori in cucina.
La prossima settimana spero di poter fornire il link per acquistare il videocorso. A voi lettori dalla mia newsletter penso di poter riservare un prezzo scontato.
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Questo numero contiene:
La videoricetta: Minestrone a bassa temperatura sottovuoto
Il ristorante della settimana: Izu, Milano
Il vino della settimana: Champagne Bansionensi di Eric Taillet
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Se vi occorre qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato. Acquistare da questi link è un modo per sostenere il lavoro che sta dietro ai video.
La videoricetta: Minestrone a bassa temperatura sottovuoto
La bassa temperatura è perfetta anche per cucinare delle verdure. La videoricetta di oggi mostra come fare un minestrone con verdure tipicamente invernali come cavolfiore, zucca e broccoli. Una delizia! Buona visione!
Il ristorante della settimana: Izu, Milano
Siamo in corso Lodi 27 a Milano. Izu è un ristorante di cucina giapponese, creativa e fusion, presente da oltre trent’anni, che recentemente ha completamente rinnovato gli interni. Oggi il locale può ospitare fino a cento persone, tra la sala interna e il dehors estivo. L’ambiente è confortevole, con arredi in materiali pregiati come i tavoli in legno naturale e marmo bianco, e comode sedute. Di effetto il soffitto con una miriade di punti luce sospesi. Il nome di questo ristorante viene dall’omonima penisola del Giappone, Izu, nell’isola di Honshu (prefettura di Shizuoka), famosa oltre che per la sua bellezza anche per l’ospitalità della sua gente. Sicuramente l’ospitalità è uno dei punti di forza di Jin Yue Hu, chef e patron, proveniente da una famiglia di ristoratori cinesi, capace di assicurare un’accoglienza eccellente. Jin è affiancato in cucina da una solida brigata coordinata dagli chef Andino Murillo (il sushi chef) e Mingdon Huang (chef di cucina) e in sala da Cristian Alfredo Carias Ardon, competente sommelier che cura l’ampia carta dei vini. Cosa si mangia? Il ristorante offre un menù pensato per soddisfare gli amanti del sushi e della cucina orientale fusion. Insieme a tartare e carpacci di pesce crudo di eccellente qualità, il menù propone nigiri classici e creativi, gunkan e uramaki. Non mancano tempura, pesci cucinati e piatti sia di terra sia vegetariani. Vale la pena di affidarsi a Jin, capace di interpretare i gusti dei clienti e proporre menù pensati al momento. Cristian saprà consigliare un buon vino. Una bella conferma. Consigliatissimo! Izu, Milano
Il vino della settimana: Champagne Bansionensi di Eric Taillet
Situata nel cuore della Valle della Marna, La Maison Taillet è oggi guidata da Eric Taillet, rappresentante della quarta generazione. Eric è un perfezionista, che desidera preservare in ogni suo champagne una tipicità e uno stile riconoscibili al primo sorso. Il Pinot Meunier, il vitigno emblematico della Maison, viene ricavato da vecchie viti che crescono su un terreno vivo, argilloso, calcareo composto da selce, marna e argilla. Bansionensi, uno degli Champagne di punta dell’azienda, è prodotto al 100% con uve Meunier, dalle parcelle di Bainsonois.
Serena Sparagna ha scritto per la sezione vino di Passione Gourmet un articolo sulla Maison Eric Taillet e su Bansionensi. L’articolo contiene anche un video in cui il Bansionesi viene assaggiato alla cieca e commentato da Eros Teboni, nominato nel 2018 miglior sommelier al mondo, da Leila Salimbeni, direttrice della rivista Spirito diVino, e dal sottoscritto.
Ecco il link: Champagne Bansionensi di Eric Taillet
Buona lettura e buona domenica!
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