Benvenuti al numero 245 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! E’ da un po’ di tempo che quando invito una persona che mi piacerebbe incontrare di nuovo, invece di proporre un caffè come ho sempre fatto in passato, la invito all’aperitivo o comunque a bere un “drink”. E ogni volta che vado in un bar un po’ “cool” mi rendo conto di come i drink siano cambiati negli ultimi tempi. Gin tonic, Martini, Spritz o Moscow Mule sono ormai “rivisitati”, arricchiti di profumi, colori e sapori, e stanno cedendo il passo a nuovi drink. Nel mondo della mixology è in atto una rivoluzione silenziosa ma potente. Quello che un tempo consisteva nella preparazione di cocktail classici oggi è un mestiere trasformato, tanto che il “bartender” (che suona molto meglio di barista) da mero esecutore è diventato creatore di esperienze sensoriali, al pari di uno chef. Tecniche innovative, ingredienti inediti e una crescente attenzione alla sostenibilità stanno ridefinendo radicalmente l’universo del bere miscelato.
Cocktail sostenibili e zero sprechi
L’attenzione all’ambiente è ormai un valore imprescindibile anche dietro il bancone. I bartender contemporanei abbracciano l’uso circolare degli ingredienti: bucce, foglie, semi e perfino scarti alimentari vengono recuperati e trasformati in infusioni, bitter o garnish aromatici. La plastica è bandita, sostituita da materiali compostabili o riutilizzabili, mentre l’acqua e l’energia vengono impiegate con maggiore consapevolezza. In questo scenario, ogni drink è un piacere per il palato, ma cerca anche di esserlo con responsabilità.
Il gusto del non conosciuto
Dopo l’epoca dell’acidità anni ’90 e la dolcezza protagonista della prima decade dei 2000, oggi il gusto che domina è l’amaro, spesso accompagnato dal misterioso e affascinante umami. Parallelamente, cresce la curiosità verso ingredienti meno comuni: dal bergamotto – aroma di tendenza del momento – a spezie, erbe e fermentazioni esotiche. La parola d’ordine è sorprendere, offrendo combinazioni cromatiche e aromatiche che stimolino il cliente a esplorare nuovi territori gustativi.
Texture e materia: la componente grassa
Una delle novità più interessanti degli ultimi anni è l’introduzione di una componente grassa all’interno dei drink: olio, panna, formaggio o granella aggiungono consistenza e profondità tattile, attivando recettori sensoriali diversi da quelli solitamente coinvolti nella degustazione liquida. Il risultato? Cocktail che non sono più solo da bere, ma quasi da masticare, capaci di lasciare una traccia più intensa e memorabile.
Il bere che fa bene: cocktail e benessere
Anche la salute trova spazio nel bicchiere. Sempre più locali propongono cocktail funzionali, realizzati con ingredienti noti per le loro proprietà benefiche: adattogeni (rimedi erboristici antistress), superfood, botaniche calmanti o energizzanti. Dalla lavanda alla camomilla, dalla curcuma allo zenzero, ogni sorso diventa un piccolo rituale di benessere, pensato per accompagnare il ritmo della giornata e migliorare lo stato psicofisico. La mixology insomma incontra così il mondo del wellness.
Cocktail analcolici gourmet
La crescente attenzione alla salute e al consumo consapevole ha favorito l’ascesa dei cocktail analcolici gourmet, noti anche come mocktail o zero-proof drinks. Non si tratta di semplici bevande senza alcol, ma di vere e proprie creazioni elaborate, capaci di soddisfare anche i palati più esigenti. Strutturati, profumati e complessi, questi drink rappresentano una nuova frontiera del bere consapevole, dimostrando che l’assenza di alcol non significa affatto rinunciare al piacere.
Insomma la mixology sta cambiando e dai bar più visionari stanno nascendo esperienze multisensoriali che ridefiniscono il modo di bere e di stare insieme. In questo nuovo panorama, il bartender con i suoi drink diventa artigiano, narratore e innovatore. Io nel frattempo rimango un po’ all’antica. Vorrei un gin tonic, grazie!
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Questo numero contiene:
La videoricetta: Petti di pollo alla crema
Il ristorante della settimana: Ristorante Berton, Milano
Il vino della settimana: La Viarte: la nuova sfida della famiglia Polegato
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La videoricetta: Petti di pollo alla crema
Spesso snobbato come sinonimo di cucina dietetica o piatti poco creativi, il petto di pollo soffre di una reputazione immeritata. In realtà, questo taglio ha caratteristiche tecniche e gastronomiche che lo rendono estremamente versatile e prezioso in cucina. È magro, neutro nel sapore, tenero se cotto correttamente, e si presta a una vasta gamma di preparazioni, dalle più semplici alle più elaborate. Grazie alla sua struttura delicata, assorbe bene spezie e condimenti, diventando una tela bianca su cui esprimere creatività. Inoltre, è rapido da cuocere, si adatta a tagli differenti (a striscioline, a cubetti, intero, battuto sottile), e può essere protagonista tanto di un piatto gourmet quanto di una ricetta veloce da tutti i giorni. La ricetta di oggi cerca di sfruttare al massimo queste caratteristiche. Il pollo viene infatti ben condito e insaporito con delle spezie, cucinato a dovere mantenendo tenera la carne al centro e rosolandolo in superficie, e condito con una succulenta crema vellutata. Una delizia! Buona visione!
Il ristorante della settimana: Ristorante Berton, Milano
Siamo nel quartiere di Porta Nuova, a Milano, in Via Mike Bongiorno 13, a pochi metri da Piazza Gae Aulenti. I grattacieli di Porta Nuova rappresentano un’oasi di eleganza e tranquillità e ospitano diversi ristoranti e locali importanti, come Iyo Kaiseki e Iyo, Al Mercato Steaks & Burgers, e Tuya. Il Ristorante Berton, aperto 10 anni fa – ricorrenza a cui lo chef Andrea Berton ha dedicato il menù celebrativo Signature – è stato da subito insignito della stella Michelin. Il locale riflette in pieno lo stile dello chef, essenziale, elegante e profondamente contemporaneo. Linee pulite, materiali pregiati, sedute comode, tavoli distanziati e pareti in vetro che permettono alla luce naturale di illuminare la sala contribuiscono a creare un’atmosfera raffinata e accogliente. Oltre alla sala centrale, il ristorante offre anche un tavolo in cucina, pensato per vivere un’esperienza immersiva a stretto contatto con la brigata, e una sala privata, ideale per cene riservate o incontri di lavoro. Recentemente, il locale si è arricchito di un nuovo e raffinato dehors, uno spazio esterno elegante e protetto, che permette di godere della cucina in un ambiente luminoso e rilassato anche durante la bella stagione.
La cucina di Andrea Berton è l’espressione di una filosofia chiara: essenzialità, precisione e rispetto per la materia prima, con un tocco di avanguardia. Ogni piatto nasce da un’idea ben definita e si sviluppa attraverso una tecnica impeccabile, dove al centro ci sono il gusto e l’identità del prodotto, secondo un concetto di cucina “pulita”, dove ogni ingrediente ha un ruolo preciso, senza sovrapposizioni inutili, con l’obiettivo di esaltare il sapore originale delle materie prime, con lavorazioni sottili e intelligenti. Una cucina insomma che attraverso rigore, tecnica, originalità e qualità della materia prima è in grado di regalare emozioni. L’ultima volta che ci sono stato (pochi giorni fa), tra i vari piatti mi hanno colpito uno strepitoso Carciofo alla griglia, salsa di vongole, bottarga e tuorlo d’uovo, un gustosissimo nella sua apparente semplicità Fungo Portobello, prezzemolo e acetosella, e il signature dish Risotto alla pizzaiola con acqua di mozzarella già premiato come “Risotto dell’anno” dalla Guida L’Espresso nel 2017. Tre i menù degustazione, Non solo brodo, un percorso gastronomico celebra il brodo, trasformandolo da semplice componente a protagonista assoluto del piatto. Porta Nuova che riflette la contemporaneità e l’innovazione del quartiere in cui è situato il ristorante e Signature con i piatti iconici dello chef, rispettivamente a 180, 175 e 155 euro. Si possono anche scegliere solo alcuni piatti dai menù degustazione. In sala Gianluca La Serra, il maître, assicura con la sua squadra un servizio impeccabile e Luca Berté, il sommelier, sa dare il giusto consiglio per scegliere la bottiglia giusta in una lista di vini ricca di eccellenti etichette. Consigliatissimo. Ristorante Berton
Il vino della settimana: La Viarte: la nuova sfida della famiglia Polegato
La Azienda Agricola La Viarte è una rinomata cantina situata a Prepotto, in provincia di Udine, nel cuore dei Colli Orientali del Friuli, un corpo unico che occupa tutta la sommità di una collina, a quasi 200 m di altitudine, 15 ettari di bosco e 24 ettari di vigneto. Fondata nel 1973, l’azienda si estende su terreni caratterizzati dalla preziosa “ponca”, una conformazione geologica tipica della zona, composta da marne e arenarie stratificate, ovvero alternanze di argilla e sabbia solidificate nel corso di milioni di anni, che conferisce ai vini struttura, verticalità, buona acidità, tensione gustativa, e una sensazione finale netta e pulita. Sono vini persistenti, che si distinguono per eleganza più che per opulenza.
Nel 2023, La Viarte ha intrapreso una nuova fase sotto la guida della famiglia Polegato, portando una ventata di innovazione pur mantenendo salde le radici nella tradizione vitivinicola friulana.
La filosofia produttiva dell’azienda si basa su pratiche sostenibili, con una coltivazione delle vigne che segue principi analoghi al lutte raisonnée francese (una viticoltura integrata che evita per quanto possibile l'uso di prodotti fitosanitari chimici). Le viti, allevate a Guyot e orientate verso est-sudest, sono curate con attenzione per garantire la massima qualità delle uve, raccolte esclusivamente a mano.
Angelo Sabbadin, profondo conoscitore della zona e dei vini friulani, ha scritto per Passione Gourmet un appassionato articolo in cui ci conduce attraverso il territorio più orientale del Friuli a ridosso del confine sloveno, intervista la Famiglia Polegato e ci lascia le note di una straordinaria degustazione dei vini dell’azienda Viarte. Ecco il link: La Viarte: la nuova sfida della famiglia Polegato
Buona lettura e buona domenica!
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