Benvenuti al numero 32 di Orazio Food Experience. Cucino regolarmente a casa da una quarantina di anni. La mia è chiaramente una cucina casalinga tradizionale. Ho imparato a cucinare consultando i libri di cucina di cui sono stato negli anni un vero collezionista. Nei ricettari ho sempre trovato lo stesso limite. Si parte dal presupposto che il piatto venga consumato quando viene cucinato. Se fosse sempre così sarebbe difficile, se non impossibile, conciliare un’attività lavorativa svolta fuori casa a tempo pieno con la possibilità di mangiare a casa propria, in quanto la maggior parte delle ricette richiede tempi incompatibili con un ritorno a casa diciamo intorno all’ora di cena. Negli anni ho sempre cercato quindi di trovare il modo di cucinare piatti che si potessero preparare la domenica e conservare in frigorifero o nel congelatore (come zuppe, vellutate, arrosti e lasagne). Per quanto i ricettari si siano evoluti e contemplino l’uso di elettrodomestici come le planetarie, i robot da cucina, il frullatore a immersione e perfino il Bimby, c’è molto poco, se non sul web, sulle possibilità di utilizzo degli elettrodomestici di ultima generazione che ormai sono disponibili anche per la cucina casalinga oltre che per la ristorazione professionale. Mi riferisco agli abbattitori di temperatura, alle macchine del sottovuoto e agli strumenti che consentono le cotture a bassa temperatura, tipo il roner o i forni a vapore. Si tratta di elettrodomestici che cambiano radicalmente il paradigma della preparazione del cibo perché oltre a migliorare i processi quali raffreddamento, congelazione e cottura di precisione, consentono di separare il momento della preparazione da quello della consumazione (sono infatti alla base del catering moderno). In casa, hanno la potenzialità di modificare abitudini consolidate e forse è proprio questo, più che il loro costo (peraltro enormemente ridottosi negli ultimi anni) a limitarne la diffusione. Cambiare, anche se questo porta chiari miglioramenti, non è mai facile.
La videoricetta che propongo oggi è un gran classico della cucina toscana, la ribollita. Un piatto che per antonomasia si presta alla consumazione in un momento diverso da quello di preparazione, visto che per apprezzarlo al meglio bisogna “ribollirlo”. Quanto alla ricetta della settimana propongo una pasta sfiziosa che ho trovato sul sito Passione Pasta. Questo numero contiene:
Le videoricetta: La ribollita
La ricetta della settimana: Paglia e fieno con salsiccia e castagne
Il ristorante della settimana: La Locanda dei Banchieri, Fosdinovo
Il produttore della settimana: Josko Gravner
Un articolo sul vino: Degustazione di vini del Domaine Leroy
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La videoricetta: La ribollita
La ribollita è lo squisito piatto di recupero per eccellenza della tradizione culinaria toscana. Le origine di questa pietanza risalgono al Medioevo quando i nobili, terminato il loro pranzo, davano il pane avanzato ai servi, che per sfamarsi lo univano alle loro verdure, facevano bollire il tutto e ottenevano una zuppa che è un po’ l’antenata della ribollita. Piatto attualissimo, vegano, perfetto per autunno e inverno, la ribollita è un minestrone di verdura i cui protagonisti sono il cavolo nero, le altre tipiche verdure della stagione fredda come verza e bietole, i fagioli, cannellini secondo la ricetta tradizionale, e il pane casereccio raffermo (se non l’avete raffermo lo si può sempre tostare) da aggiungere alla zuppa quando la si fa “ribollire”. Ne esistono innumerevoli versioni che variano da famiglia a famiglia. Io quindi vi darò la mia. E’ una ricetta che sposa perfettamente la mia idea di cucina casalinga in cui le preparazioni possano essere fatte in quantità quando si ha tempo, porzionate, surgelate e conservate nel congelatore per poterle consumare quando se ne ha voglia (“metodo Orazio”). Il video è un po’ lungo perché ho cercato di spiegare tutti i passaggi. Trovo questa ricetta squisita, conveniente e salutare. Provatela, ne vale la pena. Buona visione.
La ricetta della settimana: Paglia e fieno con salsiccia e castagne
Ho trovato questa ricetta sfiziosa e saporita nel sito di Passione Pasta che propone storie e ricette sulla pasta una più bella dell’altra. Perfetta per la stagione, la ricetta di Paglia e fieno con salsiccia e castagne include anche la preparazione della pasta fatta in casa. Se avete poco tempo, ovviamente, la pasta si può facilmente trovare in un pastificio o confezionata. Da provare!
Il ristorante della settimana: La Locanda de Banchieri, Fosdinovo
Siamo a pochi passi dalla medioevale Fosdinovo, a pochi minuti dalla costa della Versilia. E’ qui che Giacomo Devoto ha aperto il suo nuovo ristorante, la Locanda de Banchieri, in un luogo che faceva parte dei possedimenti della nobile famiglia toscana dei Banchieri. Nato a Sarzana, Giacomo, classe 1981, è uno chef che ama definirsi autodidatta. Ha iniziato la sua carriera nella cucina di Paracucchi e dopo varie esperienze in ristoranti e hotel, il suo spirito imprenditoriale lo porta ad aprire il Rifugio Baita Belvedere, a Champoluc, in Valle d’Aosta, a 2400 metri. Qui inizia un suo personale percorso gastronomico, che porta la Baita, manco a dirlo, a diventare presto rinomata per la sua cucina, per condurre la quale Giacomo si avvale della collaborazione di Nicolò Salvagnin. Successivamente apre, a Sarzana, le Officine del Cibo, più che un ristorante un vero e proprio laboratorio artigianale del gusto, che ha mietuto riconoscimenti dalle più importanti guide gastronomiche. Inizialmente, alle Officine la proposta era basata sulla convivenza tra piatti della tradizione ligure - rivisitati in chiave moderna con un tocco di creatività - e prodotti del forno, sia pizze sia preparazioni gourmet, ottenuti utilizzando farine selezionate e farciture eccellenti grazie a un continuo studio su lievitazioni e cotture. Non mi sono mai pentito delle tante volte che in cui sono stato alle Officine del Cibo, provando sia le specialità liguri proposte da Giacomo sia le preparazioni da forno preparate dal pizzaiolo Giuseppe Messina. Dal giugno di quest’anno alle Officine è rimasto Giuseppe con le sue pizze, mentre Giacomo dedica la maggior parte del suo tempo alla nuova Locanda de Banchieri, forse il suo ristorante ideale, raccolto, intimo, confortevole, con un vasto orto dove attingere superbe materie prime, in collina a pochi chilometri dal mare per una cucina che utilizza il meglio della terra e il meglio del mare. Alla Locanda dei Banchieri Giacomo propone una cucina basata sull’attenta scelta delle materie prime del territorio e che interpreta in modo creativo la tradizione enogastronomica della Lunigiana. Il ristorante è aperto tutti i giorni a cena e nel fine settimana anche a pranzo, su prenotazione. Nella Villa sono allestita anche quattro ampie camere di charme. Pare che la colazione sia imperdibile. La Locanda dei Banchieri.
Il produttore della settimana: Josko Gravner
Il nome Josko Gravner oggi evoca anzitutto i suoi vini in anfora e poi il territorio, Oslavia, una piccola frazione di Gorizia, a cavallo del confine tra Italia e Slovenia. Josko (Francesco) in realtà iniziò praticando una viticoltura convenzionale, ma a un certo punto decise di disfarsi delle vasche in acciaio e delle barrique e nel ’97 inizia a macerare le uve in grandi tini di legno senza alcun controllo della temperatura, per arrivare nel 2001 alla vinificazione in grandi anfore interrate, quelle in terracotta di origine caucasica provenienti dalla zona di Kakheti. Antonio Di Mora, direttore di sala del ristorante Joia, a Milano, grande estimatore e appassionato dei vini di Josko Gravner, ne ha pubblicato su Passione Gourmet una ricostruzione biografica. Josko Gravner
L’articolo sul vino: Domaine Leroy
Lalou Bize-Leroy è conosciuta in tutto il mondo come Grande dame della Borgogna. Giovanissima, prende le redini della Maison Leroy nel 1955 e diventa co-direttrice del Domaine de la Romanée-Conti (di cui la famiglia Leroy è co-proprietaria) insieme ad Aubert de Villaine, dal 1974 fino al 1992. Lascia la direzione di DRC in seguito a disaccordi con de Villaine circa la gestione della distribuzione dei vini e rafforza la Maison di famiglia. Costituisce il Domaine d’Auvenay e nel 1988 acquista con il supporto del suo importatore giapponese Takashimaya – che tuttora ne detiene 1/3 – i terreni di Charles Noellat a Vosne-Romanée e di Philippe-Rémy a Gevrey. In totale 22 ettari, destinati a diventare il Domaine Leroy. Con rendimenti minimi e cuvée prodotte in quantità limitate, il Domaine d’Auvenay e il Domaine Leroy producono vini estremamente ricercati, riconosciuti tra i più grandi – e purtroppo più cari – del mondo. Ho avuto modo qualche tempo fa di partecipare a una strepitosa degustazione di vini del Domaine Leroy, che ho raccontato in un articolo pubblicato nella rubrica Dream Wines della sezione Vino di Passione Gourmet. Degustazione di vini del Domaine Leroy
Buona Domenica!
Orazio