Benvenuti al numero 45 di Orazio Food Experience. Oggi mi dedico a un possibile cibo alternativo, gli insetti. Comincio dal “problema”, ovvero il consumo di acqua e la produzione di anidride carbonica che sta portando anche il mondo occidentale a considerare di cambiare almeno in parte le proprie abitudini alimentari. Per produrre un chilo di carne di maiale sono necessari 3500 litri di acqua, 2300 litri per un chilo di carne di pollo e addirittura 43.000 litri per un chilo di carne di vitello. Inoltre l’anidride carbonica emessa per produrre un chilo di carne di vitello è pari a 150 kg. L’allevamento animale e l’agricoltura intensiva su cui si basa la dieta delle popolazioni dei paesi sviluppati non sembrano essere più sostenibili.
Molti pensano che una buona alternativa per soddisfare il fabbisogno alimentare di una popolazione mondiale comunque in aumento possa essere rappresentata dagli insetti. Per quanto non siano disponibili dati sulle necessità di acqua necessarie per la produzione di insetti, che intuitivamente potremmo ritenere molto più basse di quelle necessarie per i tradizionali allevamenti di animali, si pensi solo che l’anidride carbonica emessa per produrre un kg di proteine dai bachi da seta è di circa 15 kg.
Il consumo alimentare di insetti è diffuso in Africa, Asia e Sud America, anche se in Europa mancano le infrastrutture per la produzione intensiva di insetti. Per quanto riguarda i valori nutrizionali, gli insetti rappresentano alimenti competitivi se comparati alle carni e ai pesci. Infatti, il contenuto proteico di locuste e cavallette varia dal 18 al 32%, a seconda della specie; quello dei grilli varia dall’8 al 25% e per i bachi si parla di numeri intorno al 15% . Il contenuto proteico della carne di vitello è intorno al 22% e tale valore si osserva anche per alcuni pesci.
E’ diffusa in Europa un’opinione negativa, anche se coloro (me incluso) che hanno assaggiato prodotti alimentari derivati da insetti ne hanno apprezzato il sapore. Ci viene naturale associare gli insetti a malattie, infezioni, sporcizia e scarse condizioni igieniche. Faccio di tutto per cacciare gli insetti da casa mia, perché quindi dovrei mangiarli?
Forse vale la pena di saperne di più e sfatare qualche bufala.
Il consumo alimentare di insetti è piuttosto diffuso in Asia, in alcuni paesi dell’Africa e in sud America. Da notare che si tratta di cibo destinato ai ricchi.
In paesi come la Cina o l’Indonesia, dove il mercato egli insetti è redditizio, gli insetti vengono allevati in ambienti controllati. Queste condizioni minimizzano il rischio di contaminazioni e il contatto con germi e batteri responsabili di malattie. L’idea che infezioni o malattie possano essere trasmesse dall’insetto all’uomo non ha al momento evidenze scientifiche. E’ ovvio che non fanno testo gli insetti selvatici trovati in contesti naturali aperti quali boschi o prati.
Gli insetti vengono attualmente utilizzati in larga scala per l’alimentazione di animali, come uccelli, pesci e animali domestici in generale. Tuttavia la loro commercializzazione per l’alimentazione umana è un campo praticamente inesplorato. Esiste un numero. esiguo di start-up che se ne occupa (un pacchetto di 100 g di farina di insetti costa intorno ai 10. Euro su Amazon ). Niente paura, per il momento non ho intenzione di acquistarla, né tanto meno di proporvela in una ricetta. Quindi, nonostante le prospettive economiche siano redditizie e il mercato degli insetti commestibili sia destinato ad aumentare in modo esponenziale (secondo il Global Market Insight, più del 40% prima del 2023) questo tipo di mercato è praticamente assente in Europa, così come sono assenti le strutture che permettono la produzione di insetti destinati al consumo umano su larga scala.
L’opinione sugli insetti come cibo è comunque molto più positiva di quello che ci si aspetterebbe. Una recente ricerca condotta in Italia e pubblicata sul British Food Journal ha messo in evidenza che il 40% dei partecipanti ha un atteggiamento positivo verso il consumo di insetti.
L’ultima volta che ho pranzato al Noma di Copenhagen, poco più di un anno fa, in questa splendida composizione - che sembra una farfalla, ma era fatta di petali di fiori - il sapore che equilibrava il piatto veniva da una formica gigante posizionata sotto il corpo centrale della farfalla. Non ho resistito e ho voluto vedere anche il terrario in cui lo chef Redzepi alleva le formiche e, insieme al maître che lo ha fatto prima di me, ne ho mangiata una viva: sapeva di buccia di limone.
Nella mia vita quotidiana per adesso continuo a mangiare bistecche e hamburger, però non smetto di informarmi e di provare. Hai visto mai?
E veniamo alle ricette. Oggi la videoricetta è il roastbeef cotto sottovuoto a bassa temperatura, una tecnica di cottura di cui ho parlato negli scorsi numeri di questa newsletter. Inoltre propongo un piatto a base di carciofi, la torta di uova e carciofi alla toscana che ho trovato sul sito del Cucchiaio d’Argento.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Roastbeef cotto a bassa temperatura sottovuoto
La ricetta della settimana: Torta di uova e carciofi alla toscana
Il ristorante della settimana: Romano, Viareggio
Il vino della settimana: Serracavallo, Alta Quota Metodo Classico
Un articolo sul vino: Cristal 2002 vs Dom Perignon 2002 P2
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La videoricetta: Roastbeef a bassa temperatura sottovuoto
Come promesso, vi propongo un classico della cucina a bassa temperatura sottovuoto. Il roastbeef. E’ uno di quei piatti con cui si ottengono risultati così eccellenti e difficilmente ottenibili con una cottura tradizionale - a meno di grandi capacità da parte di chi cucina - che vale la pena di provare. Il pezzo di carne utilizzato è un controfiletto, quindi un tradizionale roastbeef all’inglese, ma si può utilizzare della fesa, noce, sottofesa o scamone. Il risultato sarà comunque stupefacente. E’ un arrosto che necessità di otto ore di cottura e, quindi, perfetto per essere messo nell’acqua calda prima di andare a dormire con cottura perfettamente finita all’ora di colazione, senza odori in cucina, pronto per essere messo in frigorifero e conservato anche per una decina di giorni. Prima di imbustare l’arrosto, vale la pena di rosolare la carne. Questo attribuirà un inconfondibile non so che al sughetto dato dagli umori che fuoriusciranno dalla carne, ma rimarranno imprigionati nella busta. Nel video vi propongo come utilizzare al meglio e non sprecare questo liquido di cottura, che è perfetto per realizzare una maionese di succhi di arrosto.
Buona visione!
La ricetta della settimana: Torta di uova e carciofi alla toscana
Ho cominciato a vedere i primi carciofi al mercato e non ho resistito. Ho trovato una ricetta la torta di carciofi e uova, gustosa e facile da realizzare, che prevede prima la frittura dei carciofi e poi la loro cottura al forno, immersi nelle uova sbattute. Una specie di frittata, ma al forno. Irresistibile. Torta di uova e carciofi alla toscana
Il ristorante della settimana: Romano, Viareggio
Siamo a Viareggio, in viale Mazzini, da Romano, locale storico, aperto nel ‘66 da Romano Franceschini insieme alla futura moglie Franca. E’ uno di quei ristoranti che rappresenta al meglio la migliore tradizione culinaria italiana e che negli anni ha mietuto un infinità di riconoscimenti tra cui la stella Michelin, le Tre Forchette del Gambero Rosso e il Cappello d’Oro della guida dell’Espresso. In sala insieme a Romano il figlio Roberto capaci insieme di creare un’atmosfera magica. In cucina da meno di un anno, Nicola Gronchi, fresco della stella Michelin conquistata dopo solo un anno al Villa Grey di Forte dei Marmi, a lavorare la straordinaria materia prima che Romano Franceschini porta al ristorante ogni mattina dopo aver fatto il giro delle barche. Insieme alle proposte senza tempo della signora Franca, come i mitici Calamaretti ripieni di verdure e crostacei, Nicola porta in tavola un po’ della sua personalità che emerge in piatti dove la qualità della materia prima è esaltata da una mano capace di grande equilibrio come la Seppia alla brace, cime di rapa e ricci di mare, le Trippe di baccalà, funghi cardoncelli e zenzero, lo Spaghetto aglio, olio e peperoncino con gamberi biondi, polvere di olive e bottarga di Cabras, il Risotto con ricci di mare, rafano e sgombro, o il Rombo chiodato alla griglia, rape marinate e cremoso ai pinoli. Una menzione speciale per la carta dei vini, profonda e con ricarichi molto corretti da dove emergono la passione e la competenza di chi l’ha creata. Non abbiate remore a farvi consigliare da Roberto. Che dire, straconsigliato!.
Il vino della settimana: Serracavallo, Alta quota Metodo Classico
Non si parla spesso dei vini calabresi. Figuriamoci poi di uno spumante Metodo Classico. “Quando si pensa al Metodo Classico, infatti, la mente ricollega questa tipologia di vini a territori ubicati nel nord Italia, nella Champagne o in generale a climi freddi. Ma bisogna uscire dai luoghi comuni come fece Demetrio – proprietario dell’azienda Serracavallo e presidente del consorzio di tutela Terre di Cosenza che dal 1995 ha iniziato a condurre sapientemente – passando da un pezzettino di vigna di poco più di un ettaro fino ad arrivare ai 30 circa odierni. Ci è riuscito realizzando questo capolavoro, Alta Quota.” ci racconta Marcello Carli in un articolo pubblicato nella sezione Vino di Passione Gourmet. Serracavallo, Alta Quota Metodo Classico
L’articolo sul vino: Cristal 2002 vs Dom Perignon 2002 P2
Tra un lockdown e l’altro ho partecipato a una straordinaria degustazione di Champagne, organizzata da Exit, il chiosco con cucina a Milano di Matias Perdomo, Thomas Piras e Simon Press del ristorante Contraste. Tra i vini degustati il Louis Roederer “Cristal” e il Dom Pérignon “P2″ entrambi della stessa grande annata 2002, così diversi tra loro e frutto dell’interpretazione di due grandi chef de cave, Jean-Baptiste Lécaillon e Richard Jeoffroy. Ne ho parlato in un articolo pubblicato nella rubrica Dream wines della sezione Vino di Passione Gourmet. Cristal 2002 vs Dom Perignon 2002 P2
Buona Domenica!
Orazio