Benvenuti al numero 59 di Orazio Food Experience. Ho aperto recentemente una bottiglia di vino del 1970. E’ vero che il vino più invecchia e più è buono? La risposta è “normalmente no”, e, aggiungerei, “e in certi casi dipende”. La maggior parte dei vini non è fatta per essere invecchiata, e viene immessa sul mercato nel momento in cui il produttore ritiene che il vino sia pronto per esprimere le sue migliori caratteristiche. In genere i vini bianchi e i vini rosati, con alcune eccezioni, vanno consumati prima possibile; i vini rossi possono, in qualche caso, anche essere affinati per qualche anno in aggiunta al periodo di affinamento già attuato dal produttore, e in rari casi per lungo tempo. Le condizioni che consentono e, a volte, consigliano un invecchiamento, o meglio un affinamento in bottiglia più o meno lungo, dipendono dal tipo di uva, rese, qualità del terreno, età della vigna, condizioni di maturità dell’uva al momento della raccolta, modalità di vinificazione e affinamento prima dell’imbottigliamento. Quando ci sono tutte le condizioni perché un vino sia adatto a un lungo affinamento in bottiglia, questo può avere un buon risultato solo se la conservazione delle bottiglie avviene in un luogo adeguato, fresco (12-15 gradi), umido (circa 70% di umidità) e buio, tipicamente una cantina interrata o condizionata artificialmente. Più il vino invecchia, più le condizioni di conservazione sono importanti. Per i vini di maggior pregio, che spesso sono quelli che più di altri sopportano e beneficiano dell’affinamento in bottiglia, alcuni commentatori consigliano la finestra temporale entro cui il vino andrebbe consumato. Se non si ha esperienza, vale la pena di seguire quelle indicazioni. Personalmente ho una preferenza per i vini che hanno bisogno di un certo affinamento dopo il loro rilascio e quindi mi sono dotato di una cantina con le caratteristiche richieste. Tra i vini adatti posso menzionare il Barolo, il Barbaresco, i cosiddetti “Supertuscans”, il Brunello di Montalcino, il Taurasi, l’Amarone, alcuni Chianti e certi vini a base di Sangiovese, i vini di Borgogna e Bordeaux e molti della Valle del Rodano, i vini a base di Riesling, soprattutto quelli prodotti in Germania e Alsazia, lo Chenin Blanc della Loira, certi Verdicchio, certi vini rossi spagnoli prodotti nella Ribera del Duero e nella Rioja, alcuni Chardonnay vinificati in barrique, molti vini dolci, i vini fortificati (come Porto, Madeira o Marsala), quelli vinificati in ossidazione come gli Cherry spagnoli o i Vin Jeaune del Jura, oltre a certi Champagne e spumanti italiani. Sono certo di avere dimenticato qualcosa essendomi limitato a quelli che bevo io. Ma cosa ci si deve aspettare da un vino affinato per lungo tempo? Se le cose sono andate bene con l’affinamento i vini acquistano dolcezza, profondità e spessore. I vini rossi si “ammorbidiscono”, perdono gli spigoli, i tannini polimerizzano, insomma si addolciscono, il gusto si stratifica, le sensazioni diventano più delicate e nello stesso tempo più nette. Alcuni colori come il violaceo o il rosso rubino virano verso il granato se non addirittura verso l’aranciato o l’ambra, mentre i vini bianchi virano verso il giallo oro e l’ambra. I profumi varietali, quelli che vengono direttamente dal frutto e quelli secondari, cioè quelli che derivano dal processo di vinificazione, vengono accompagnati, se non rimpiazzati, dai profumi terziari: per i vini rossi sentori di brandy, cacao, cacciagione, caramello, chicchi di caffè, china, chiodi di garofano, cioccolata, cuoio, frutta secca, funghi, goudron (catrame), legno di cedro, liquirizia, lucido da scarpe, marmellata, muschio, noce moscata, olio di oliva, porto, salsa di soia, tabacco, tartufo, uva sultanina, vaniglia e per i vini bianchi albicocca appassita, cherosene, frutta candita, marmellata di arancia, mela cotogna, miele, nocciola, pane tostato, pepe bianco, pesca melba, torrone, vaniglia, zafferano, zenzero, tanto per fare qualche esempio e molte di queste sensazioni le si ritrovano nel retrogusto. Le parole non rendono certo l’emozione e la magia dell’esperienza. Se le cose sono andate male ce ne accorgiamo subito. Le bottiglie spesso hanno perso liquido e hanno un basso livello, l’odore è di “vecchio”, sgradevole, e va verso la muffa e qualche volta verso l’aceto. Nei rossi l’ossidazione può provocare un’odore di lana bagnata e nei bianchi l’odore della buccia della mela andata a male o una versione sgradevole dell’odore del marsala o madeira (si parla infatti di vini “marsalati” o “maderizzati”), e a quel punto è probabile che in bocca il vino risulti amaro. Il colore risulta sfumato e il vino svanito. C’est la vie! Qualcuno dice che quando si parla di vini molto vecchi non esistono grandi vini, ma solo grandi bottiglie. A proposito, la bottiglia del 1970 era un Vega Sicilia Unico, una Ribera del Duero che dopo più di 50 anni era una vera bomba!
Ma veniamo alle ricette. Oggi nella videoricetta vi mostro come preparare un perfetto brasato al vino rosso usando la tecnica di cottura a bassa temperatura sottovuoto. Inoltre propongo una ricetta vegana trovata sul sito del Cucchiaio d’Argento: il cous cous di verdure.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Brasato di manzo al vino rosso a bassa temperatura sottovuoto
La ricetta della settimana: Cous cous di verdure
Il ristorante della settimana: Ristorante Albergo della Torre, Mortara (PV)
Il vino della settimana: Coulée de Serrant 1999
Se vi viene voglia di acquistare via Amazon qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, per favore cercate di farlo attraverso i link che trovate nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo).
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La videoricetta: Brasato di manzo al vino rosso a bassa temperatura sottovuoto
Non ho potuto resistere e ho provato a fare uno dei miei piatti preferiti, il brasato di manzo al vino rosso, usando la tecnica della cottura a bassa temperatura sottovuoto. Nel video mostro alcuni accorgimenti per riuscire mettere sottovuoto nella busta liquidi come il vino anche non disponendo di una macchina del sottovuoto a campana, ma di una semplice. Con le carni che richiedono lunghe cotture la bassa temperatura consente di ottenere risultati difficilmente ottenibili con una cottura tradizionale. Il taglio di carne che ho utilizzato, il cappello del prete, è risultato cucinato alla perfezione, con la carne tenerissima e succosa. Avevo provato questa cottura anche col guanciale e i risultati sono stati stupefacenti. Capisco perché nella cucina professionale questa tecnica è così frequentemente utilizzata. Il video mostra tutti i passaggi per realizzare un brasato perfetto. Buona visione!
La ricetta della settimana: Cous cous di verdure
Semplice da preparare, il cous cous di verdure è un primo piatto sano e gustoso. Una ricetta che consente di variare gli ingredienti usando gli ortaggi di stagione o comunque quelli che piacciono di più. Sul sito del Cucchiaio d’Argento ne ho trovato una versione vegana perfetta sia per pranzo sia per cena: Cous cous di verdure
Il ristorante della settimana: Ristorante Albergo della Torre, Mortara (PV)
Siamo a Mortara, in una viuzza del centro, Contrada della Torre, vicino alla Basilica di San Lorenzo. Qui c’è il Ristorante Albergo della Torre (mi spiace, ma non ha un sito e non vi posso fornire il link), una delle trattorie del cuore del mio amico Mario e ora anche mia. Di quelle dove si fa una cucina del territorio e dove lo chef e proprietario, Lorenzo Rossi, conosce personalmente tutti i fornitori e come lavorano, perché qui sulla materia prima non si scherza. Un posto da habitué, dove la moglie di Lorenzo, che serve ai tavoli insieme alla figlia, sembra conoscere tutti. Tra risotti, ravioli, tortelli, tagliolini tirati a mano, spezzatino di manzo, tagliata, o calamari in guazzetto, nel menu scritto a penna (in bella grafia e con qualche cancellatura), il comfort food non manca. La tartare, condita alla perfezione, è da urlo, il risotto con l’anatra molto ben fatto e il bonnet e la zuppa inglese finali garantiscono che ci si ritorni non appena possibile. Rapporto qualità prezzo eccellente. Grazie Mario: che bel posto!
Il vino della settimana: Coulée de Serrant 1999
Il Coulée de Serrant è uno di quei vini che quando lo vedo in una lista, soprattutto se ha qualche annetto (oggi che ho parlato dei vini invecchiati…), lo prendo. Ne ho trovata una bottiglia in un ristorante visitato recentemente per una recensione. E’ un vino bianco a base di Chenin Blanc dalla Loira. Lo fa un mito del vino, Nicolas Joly, il proprietario e vigneron del Clos de la Coulée de Serrant, un’icona della viticoltura cosiddetta naturale in Francia, per il suo impegno pioneristico che risale ai primi anni ‘80, nell’adozione e diffusione della modalità biodinamica di conduzione delle proprie vigne. Ho pubblicato nella sezione vini di Passione Gourmet un articolo sul Coulée de Serrant 1999.
Buona Domenica!
Orazio