Benvenuti al numero 60 di Orazio Food Experience. Ho ricominciato, come molti credo, a frequentare i ristoranti. Certo, distanziati e all’aperto, e il lunedì della riapertura c’era un gran freddo e minacciava pioggia, ma la voglia era tanta e ho affrontato ugualmente le intemperie. E tra le varie cose tra cui i sorrisi delle persone di sala intuiti dietro le mascherine, le parole di benvenuto, la bollicina di accoglienza e il consiglio (da me richiesto) del maître sui piatti da scegliere, ho apprezzato il piacere di consultare la “carta” dei vini, pardon la “lista” dei vini – oggi il piacere di toccare e sfogliare la “carta” è impedito dalle norme anti-covid, chissà, magari un giorno anche le liste cartacee torneranno… – a cui, nell’occasione, ho potuto accedere col cellulare attraverso un QR Code (che vuoi che sia, per chi si è perfino abituato a Zoom!). La lista dei vini: croce per alcuni, delizia per altri. Eh sì, perché la reazione davanti alla lista dei vini non è univoca. C’è chi la richiede e adora consultarla, e io sono tra quelli, c’è chi ne è intimidito se costretto a consultarla (soprattutto quando sei tu quello che deve fare la scelta, i vini non ti hanno mai interessato, si è creata aspettativa sulla scelta del vino e non c’è un altro a cui delegarla), e c’è chi proprio la ignora. La verità è che esistono almeno due gruppi di persone. Il primo gruppo è composto da quelli a cui importa profondamente ciò che bevono. Normalmente se ne intendono a sufficienza e vogliono poter scegliere tra diversi vini, in modo da poter individuare quelli che esaltino il pasto o l’occasione. Vogliono vedere una lista che esprima un punto di vista, che abbia un’anima, una direzione, proprio come normalmente lo si pretende dal menù proposto dallo chef. Il secondo include coloro ai quali non importa molto di quello che bevono e si accontenterebbero di qualunque vino, che sia il vino della casa o il secondo vino meno costoso della lista. E’ un gruppo molto più numeroso di quello che si creda, visto che sembra che il secondo vino meno costoso della lista sia quello normalmente più “cliccato”. Forse esiste anche un gruppo intermedio, a cui piacerebbe bere qualcosa di buono, magari di buon rapporto qualità prezzo, ma che non conosce abbastanza vini e produttori per fare una buona scelta. Normalmente i meno timidi coinvolgono il sommelier, altrimenti la scelta va fatalmente o su uno dei pochi vini riconosciuti all’interno della lista, quando il prezzo della bottiglia non risulti inaspettatamente spropositato, o c’è sempre il secondo vino meno costoso.
Ma come deve essere una buona lista dei vini (parlo almeno per il primo gruppo)? E’ il biglietto da visita per molti locali nonché l’immagine riflessa della cantina e dei vini a disposizione. A mio avviso una carta dei vini deve essere semplice da consultare, sintetica, coerente col locale, ragionevole nei ricarichi e deve avere personalità. Deve fornire un criterio di lettura capace di aiutare il cliente a scegliere il vino desiderato senza leggere tutta la carta, con un indice se è lunga e un chiaro criterio di organizzazione (tipo di vino e territorio ad esempio). Devono esserci le informazioni che servono oltre a tipologia e zona di produzione, ovvero nome del vino, produttore, anno di produzione e prezzo. Deve essere chiara l’indicazione sui vini che non ci sono più se non sono stati depennati dalla lista (niente di peggio di fare la bocca a un vino che risulta esaurito!). Altre informazioni lasciamole dare al sommelier. Mi aspetto che la carta dei vini sia adatta alla cucina dello chef e al tipo di locale: in un locale con cucina tipica dovrebbero prevalere i vini del territorio, in un ristorante di lusso non dovranno mancare le etichette rare e internazionali, in un ristorante di cucina contemporanea mi aspetto una certa varietà di proposte originali. E attenzione ai ricarichi, che siano onesti. Oggi l’informazione diffusa consente facili verifiche incrociate. E last but not least che la carta abbia una personalità, una direzione, un’anima: ad esempio specializzata sui vini di piccoli produttori poco conosciuti, o su vini di alto rapporto qualità prezzo, o che abbia grande scelta al bicchiere, o che sia orientata ai vini del territorio, o di una determinata zona, o di un determinato stile, una direzione insomma. Spesso anche liste con poche etichette possono risultare estremamente attraenti. Ad ogni modo, quando la lista dei vini non vi ha dato la risposta desiderata, il mio consiglio è quello di ricordarsi che c’è il sommelier o un qualcuno che deve per forza essersi occupato della lista dei vini a cui chiedere consiglio, magari dandogli indicazioni precise: “vorrei bere divinamente, spendendo meno di 30 euro, con un vino appropriato per la pepata di cozze e le lasagne al forno che ho appena ordinato”: vedrete che non ne uscirete delusi!
Ma veniamo alle ricette. Oggi la videoricetta è dedicata alle penne all’arrabbiata. Inoltre propongo una ricetta vegana trovata sul sito del Cucchiaio d’Argento: le zucchine al forno con il panko.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Penne all’arrabbiata
La ricetta della settimana: Zucchine al forno con il panko
Il ristorante della settimana: Sine, Milano
Il vino della settimana: Xinomavro, la Grecia del vino contemporaneo
Se vi viene voglia di acquistare via Amazon qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, per favore cercate di farlo attraverso i link che trovate nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo).
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La videoricetta: Penne all’arrabbiata
Continuo con la serie dei miei piatti preferiti: le penne all’arrabbiata, da fare a casa o con amici, sono un piatto per tutte le occasioni, in grado di risolvere pranzi, cene e dopocene. E’ un piatto semplicissimo in cui le penne sono condite con un sugo al pomodoro dove il peperoncino si deve sentire. E più si mette peperoncino e più arrabbiata è la pasta. Senza negarci il piacere rinfrescante del prezzemolo che smorza l’arrabbiatura. Penna rigata o liscia? Confesso che preferisco la penna liscia, e so di essere in minoranza, perché ha una cottura più uniforme, anche se nella ricetta uso la penna rigata, più diffusa e che mette d’accordo tutti in famiglia. Concedo che la penna rigata “prenda meglio il sugo”, o che comunque dia questa sensazione. Diciamo che più il sugo è liscio (mai troppo liscio, mi raccomando, altrimenti tanto valeva fare degli spaghetti) e più ci va la pasta rigata, più il sugo è denso e ristretto più ci andrebbe la pasta liscia. A me piace restringere il sugo, ma non troppo, e quindi entrambi i formati vanno alla perfezione. Buona visione!
La ricetta della settimana: Zucchine al forno con il panko
Piatto vegetariano a base di zucchine impanate col panko (ma si può usare il pangrattato) che ho trovato sul sito del Cucchiaio d’Argento. Il panko è usato nella cucina giapponese. Si ricava dal pane a cassetta e si presenta in piccoli fiocchi. Ha il vantaggio che in cottura tende a gonfiarsi e non assorbe l’olio, inoltre produce un tipo di croccantezza che a me piace. E’ un contorno sfizioso che si abbina con tutto, che può fare anche da aperitivo o antipasto, magari da abbinare a una buona insalata per ottenere un pasto completo, leggero e salutare: Zucchine al forno con il panko
Il ristorante della settimana: Sine, Milano
Siamo a Milano, dove viale Umbria incontra Corso XXII marzo. Qui dopo aver ristrutturato lo spazio di una vecchia officina di moto,, un paio di anni fa Roberto Di Pinto, lasciato l’Hotel Bulgari, dove era nel frattempo diventato executive chef, decide di aprire Sine. Il nome, dal latino “senza”, dovrebbe riflettere la filosofia del locale, secondo cui i piatti sono al centro e ciò che è superfluo va eliminato. Il locale è lungo e stretto, piuttosto minimal, di un’eleganza sobria con alcuni tavoli che hanno un divanetto rosso dalla parte della parete. Roberto ha un curriculum di cucine importanti in Francia e Inghilterra oltre che in Italia tra cui spicca l’esperienza fatta da Gennarino Esposito a Vico Equense. I suoi piatti, molti dei quali esprimono chiaramente l’origine partenopea, esprimono originalità, semplicità (“sine” direi) e una precisione che solo la padronanza di tecniche di alta cucina può dare. Non c’è un piatto del menu che non mi abbia incuriosito, soprattutto dopo aver sperimentato il risultato di quelli che ho ordinato dal menu alla carta, Sgombro, tzatziki, rapa rossa e salicornia, Peluselli alla Nirano, vongole e provolone silano, Scorfano crudo e cotto, limone candito e acqua pazza, Pluma di maialino iberico, pesche grigliate, friarello in tempura e salsa allo zenzero, Sacro e profano, babà al rhum e gelato al popcorn. In questo periodo di pranzi e cene “all’aperto” c’è anche un menù degustazione da sei portate a 95 euro. Prezzi adeguati alla qualità del locale. Interessante la carta dei vini, chiara e con buona scelta al bicchiere, popolata di etichette selezionate con attenzione, con un capitolo che include un’ottima selezione di vini campani. Conto di tornarci presto, magari questa volta all’interno, perché il ristorante merita!
Il vino della settimana: Xinomavro, la Grecia del vino contemporaneo
La Grecia è il paese vinicolo più antico dell’Unione Europea e a testimoniarlo sono i numerosi rinvenimenti archeologici risalenti al 2000 A.C..Anche i due poemi classici per eccellenza, l’Iliade e l’Odissea, ci raccontano come tante zone della Grecia facessero grande consumo di vino. E proprio ai greci si devono alcune tra le prime coltivazioni della vite in alcune regioni italiane. Eppure i vini greci non godono di grande reputazione. Si può dire che è da pochi anni che alcuni produttori hanno puntato sulla qualità e su sistemi di vinificazione moderni, che stanno dando dei risultati soddisfacenti in termine di gradimento internazionale. Emiliano Castelli inizia così un appassionato articolo pubblicato su Passione Gourmet: “La tradizione si è, nel tempo, scontrata con eventi storici e condizioni sociologiche che l’hanno dispersa, diluita, relegata a un ruolo di secondo piano nella vitivinicoltura europea, apparentemente incapace di mantenere il passo con i tempi. Ma il vento cambia continuamente e, oggi, si respira aria nuova. tanto che pure l’interesse pare essere rinnovato, verso un mondo che cresce in funzione di una nuova generazione di produttori e un terroir che, lo scopriremo, è unico ed emozionante.” Xinomavro, la Grecia del vino contemporaneo.
Buona Domenica!
Orazio