Benvenuti al numero 67 di Orazio Food Experience. Le ricette di cucina, incluse quelle che propongo settimanalmente, sono quasi sempre accompagnate da consigli, trucchi e accorgimenti tecnici vari. Peccato che alcuni di questi accorgimenti siano delle bufale, in qualche caso non facili da smascherare, in altri palesemente assurdi. Faccio il possibile per evitare di cascarci. In effetti ce ne sono alcuni a cui ho creduto per anni prima di scoprire che mi sbagliavo. Avrete certamente sentito parlare del “vero trucco” per ammorbidire il polpo: basta mettere un turacciolo di sughero nell’acqua di cottura. Sembra quasi una superstizione, eppure ci sono molti che ne sono convinti. Anch’io, per non saper né leggere né scrivere, sull’onda della tradizione familiare, non ho mai negato, fino a qualche tempo fa, un turacciolo al liquido in cui si cuoce il polpo, e in fondo ero rassicurato dal fatto che il polpo alla fine veniva tenero. Non è difficile dimostrare che si tratta di una bufala. Basta cucinare nello stesso modo due polpi simili, uno con il turacciolo e uno senza, per non riscontrare alcuna differenza e smascherare la bufala. Eppure anche davanti all’evidenza non ci si arrende. Ma allora perché il polpo diventava morbido? Nel mio caso, credo, perché l’ho sempre lasciato a mollo finché l’acqua di cottura non si fosse intiepidita. Un’altra di queste bufale è spacciata come “segreto della nonna”. Certo già questo dovrebbe insospettire, con rispetto per le nonne. Cioè aggiungere il sale per montare le uova a neve. Come spiega bene Dario Bressanini nel suo libro La Scienza della Pasticceria, nei primissimi istanti della battitura, effettivamente il sale aiuta la formazione di schiuma, ed è questo effetto probabilmente all’origine di questa pratica. Non entro nella spiegazione scientifica, che peraltro esiste, ma è una bufala. Semmai vale la pena di aggiungere agli albumi una sostanza acida, come qualche goccia di limone, per accelerare i tempi e avere una neve più ferma. Il sale meglio aggiungerlo alla fine, se necessario. Insomma il bianco d’uovo con l’aggiunta di un cucchiaino di limone monta prima e meglio di quello col sale. Provare per credere! Ma l’ultima di oggi è una di quelle che mi sono più care. Ne parlano con convinzione chef famosi, ricettari e scuole di cucina. La rosolatura della carne, la cosiddetta reazione di Maillard, sigillerebbe i pori impedendo la fuoriuscita dei liquidi e mantenendo la carne più morbida. Certo che se uno chef che fa questa affermazione magari ti cucina un arrosto perfetto, diventa difficile dagli torto. Diciamo subito che la reazione di Maillard è una cosa buona, se non addirittura necessaria quando si cucina la carne. Essa avviene quando, grazie all’alta temperatura (almeno 140 gradi per la cronaca), gli zuccheri e le proteine della carne interagiscono formando la famosa crosticina. Il risultato è quel sapore tostato, di carne arrostita, che tanto ci piace, come nel barbecue. Quanto alla sigillatura dei pori, si tratta evidentemente di un mito da sfatare. Basta provare a pesare un arrosto dopo la presunta “sigillatura” e ri-pesarlo dopo la cottura in forno: ci accorgeremo che avrà perso circa il 30% del peso, essenzialmente a causa dell’evaporazione dell’acqua, per niente trattenuta dalla presunta sigillatura. Per contro se si procedesse alla cottura a bassa temperatura sottovuoto di un arrosto, sia “sigillato” sia non, ci si accorgerebbe che la perdita di peso sarebbe limitata a meno del 10%. Eppure guai a dire che scottare la carne e fare la crosticina non serva per sigillarla, ma solo per darle un buon profumo e sapore!
Oggi la mia videoricetta è dedicata a un piatto che molti evitano di fare perché considerato complicato e ad alto tasso di fallimento: l’uovo in camicia. Quello che si fa creando un mulinello nell’acqua bollente salata e acidulata e in cui si versa l’uovo intero sgusciato. Il vortice creato normalmente consente al bianco di rapprendersi in modo regolare intorno al rosso e dopo un paio di minuti se tutto è andato per il verso giusto si ottiene l’uovo in camicia. E’ una tecnica che ho utilizzato varie volte e che con un po’ di pratica mi ha consentito di limitare gli insuccessi. Recentemente, seguendo una ricetta che ho trovato sul sito dell’Anova (il roner che uso abitualmente), ho provato a cucinare l’uovo in camicia adottando la tecnica della bassa temperatura. Il risultato è stato sorprendente, soprattutto perché l’uovo viene immerso in acqua con tutto il guscio! Ho deciso quindi di farne un video. Inoltre propongo una ricetta di una gustosa torta salata che ho trovato sul sito del cucchiaio d’Argento, la torta salata con verdure.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Uova in camicia a bassa temperatura
La ricetta della settimana: Torta salata con verdure
Il ristorante della settimana: Frangente, Milano
Il vino della settimana: Montevertine
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo).
Se state leggendo questa newsletter, probabilmente siete già abbonati, ma mi farebbe molto piacere se suggeriste di iscriversi (orazio.substack.com/subscribe) a un amico o un’amica che amano i buoni vini e la buona cucina.
La videoricetta: Uova in camicia a bassa temperatura
Sono un fan delle uova in camicia, una tecnica di cottura particolarmente salutare che consente di gustare l’uovo al meglio. E’ un piatto adatto non solo per la colazione, ma anche per pranzo e cena, che consente una miriade di abbinamenti e che la combinazione con pane abbrustolito o toast rende straordinario. Ha un unico difetto: esige una certa pratica e, per evitare fallimenti, spesso si preferiscono tecniche meno complicate. Nel video mostro come preparare le uova in camicia usando la tecnica della bassa temperatura, che, udite, udite, vengono cotte in acqua calda nel loro guscio, evitando le difficoltà tipiche di questa cottura. Quando dopo pochi minuti l'uovo è cotto, si interrompe la cottura immergendolo in acqua fredda e a questo punto si rompe il guscio e si deposita l’uovo in camicia sul pane. Il risultato è molto simile a quello che si raggiunge con la tecnica tradizionale, però con un metodo quasi troppo facile. La cosa che ho trovato ancora più interessante è che adottando questa tecnica, si possono preparare tante uova contemporaneamente e conservarle in frigorifero, visto che l’uovo rimane nel suo guscio, per quando se ne ha bisogno. In questo caso è sufficiente rigenerare le uova in acqua non troppo calda (50 gradi) per una decina di minuti quando si vuole mangiarle. L’unica attenzione è rispettare rigorosamente temperature e tempi di esecuzione. Buona visione!
La ricetta della settimana: Torta salata con verdure
Le torte salate, anche se richiedono l’uso del forno, sono paradossalmente tra i piatti estivi preferiti. Facili da preparare, si conservano benissimo in frigorifero, e si adattano facilmente per una colazione al sacco da consumare sotto l’ombrellone, Sul sito del Cucchiaio d’Argento ho trovato la ricetta della torta salata di verdure: facile, leggera e gustosa: Torta salata con verdure
Il ristorante della settimana: Frangente
Siamo a Milano, all’inzio di via Panfilo Castaldi, il senso unico che parte dalla salitina a destra del Westin Palace di Piazza della Repubblica. E qui, finalmente, ritroviamo Federico Sisti, già noto per aver deliziato i palati dei milanesi quando era al Ronchettino (zona Missaglia), che ha aperto Frangente, insieme ai soci Josef Khattabi (Kanpai e Osteria alla Concorrenza), Enrico Cruccu e Laura Bencini. Quando si entra nel ristorante, sulla destra c’è la cucina a vista davanti alla quale c’è un bancone con 5 sgabelli. E lì c’è Federico che ti dà il benvenuto, insieme a Gabriele Bonvissuto (già sous chef al Ronchettino) e Alessandro Donadello. Il locale, completamente rifatto rispetto al ristorante coreano che c’era prima, si sviluppa in profondità e si articola su tre sale che contengono una quarantina di coperti. Frangente, come l’onda, con il soffitto blu intenso, le pareti della sala color sabbia e le sedie che riprendono le tonalità delle sdraio a ricordarci che Federico è romagnolo di Riccione. La cucina segue il mercato e l’istinto dello chef. Insieme a una carta fissa c’è la possibilità di far fare all’estro di Federico che esprime la sua creatività riformulando in chiave contemporanea molti piatti della tradizione, non solo romagnola e meneghina, alleggerendoli da una parte e arricchendoli di gusto dall’altra. Troveremo di volta in volta tagliatelle al ragù di coppa e stinco, spaghetti ai frutti di mare, la sua celebre lasagna verde, la mitica trippa sfumata all’aceto di vino, animelle, costoletta alla milanese (quella alta, da urlo), il pesce del giorno e il suo hamburger di cui si è favoleggiato quando il locale era ancora chiuso e si poteva fare solo asporto attraverso la finestrella che dalla cucina dà sulla strada. In sala c’è una vecchia conoscenza, Fabio Catino (ex Spazio Milano), sempre pronto a un consiglio sui piatti del giorno o una buona bottiglia da una lista che si sta popolando di etichette selezionate con cura. Posto dove stai tanto bene e torni volentieri!
Il vino della settimana: Montevertine
Cantina mitica, Montevertine sorge sulle colline del Chianti. nel comune di Radda in Chianti. Nasce alla fine degli anni ‘60 grazie all’intuizione di Sergio Manetti, allora industriale siderurgico, che, visto il successo della prima annata prodotta, il Montevertine 1971, decide di dedicarsi interamente alla produzione del vino, affiancato in cantina dal grande e indimenticato Giulio Gambelli. Nel 1977 nasce “Le Pergole Torte”, il primo sangiovese vinificato in purezza mai prodotto nella zona, bocciato dal consorzio del Chianti Classico, in quanto non comprendeva le altre uve previste nel disciplinare dell’epoca, ma premiato da un eccezionale successo di critica e pubblico. “Ed ebbe anche molto coraggio, Sergio Manetti, nel non aderire al disciplinare del Chianti, contribuendo quindi anche lui alla nascita dei grandi vini toscani che sarebbero diventati i cosiddetti Super Tuscan”, ci racconta Thomas Coccolini Haertl nel suo articolo pubblicato nella sezione vini di Passione Gourmet: Montevertine
Buona Domenica!