Benvenuti al numero 111 di Orazio Food Experience e in particolare do il benvenuto a Tony, Mary, Giovanni e Federica (più quelli con un indirizzo email da cui non capisco il nome) che si sono iscritti durante l’ultima settimana. Qualche giorno fa mi trovavo a Nizza e non ho resistito alla tentazione di cercare un posto che servisse delle ostriche. Certo, giugno è un mese senza la R e quindi per antonomasia inadatto alle ostriche, anche se il vero motivo per evitare le ostriche nei mesi caldi è legato al passato, quando la catena del freddo non era efficace e quindi le ostriche non riuscivano a raggiungere fresche i mercati. Oggi il problema è risolto dai camion frigorifero. Ho comunque raggiunto l’obiettivo. Le ho trovate ed erano buone. Per il vino consiglio uno Chablis, a mio avviso il miglior vino da ostrica, anche se il vino della tradizione francese sarebbe il Muscadet della Loira (ottima scelta peraltro). Un po’ meno adatto è lo Champagne o le bollicine in generale. Lo zinco delle ostriche infatti, mescolato all’acidità e all’anidride carbonica dello Champagne (o di qualunque altro vino spumante), produce sentori metallici che qualcuno potrebbe trovare sgradevoli, anche se riconosco che ostriche e Champagne fanno allegria e lussuria e quindi pazienza per la controindicazione. Due parole sulle ostriche, che aiuteranno quando le si vogliono ordinare. Anzitutto la taglia. Quella media è la n. 3. La 5 è piccola (e meno pregiata). La 1 o la 0 sono delle magnum. Sono grandi e normalmente molto pregiate. La 00 è un’ostricona, grandissima e molto pregiata, adatta per un sashimi. Quanto alla tipologia, esistono due grandi famiglie, le ostriche piatte (Belon e Marennes) e le concave (Fines de Claire). In realtà il mondo delle ostriche è molto più complesso, ma questa è una panoramica “ostrica easy”.
Le Belon hanno la carne bianca e un'aroma che ricorda la nocciola. Hanno una bella carnosità quasi croccante e il gusto delicato. Le Marennes hanno i bordi con un gradevole colore tendente al verde, grazie a un’alga unicellulare presente sul fondo dei bacini di allevamento, hanno la polpa compatta, carnosa e anche questa croccante, persistente al palato.
E poi ci sono le concave, le Fines de Claire. Le Fines diventano “de Claire” quando vengono affinate per 1-2 mesi nelle claires, bacini d’allevamento che anticamente erano saline e oggi sono usate dall’ostricoltura. Si differenziano secondo il tipo di allevamento, in Fines, Spéciales e Pousse. Queste ostriche nascono tutte Fines, poi vengono selezionate e le più belle vengono fatte affinare: le Spéciales per almeno 2 mesi, le Pousse per 4-8 mesi. Le Fines de Claire sono molto carnose. Sono un po’ più saline delle piatte e al palato risultano un po’ meno delicate.
Anche se la Francia è il produttore più importante, soprattutto per la qualità delle ostriche allevate sulle coste della Bretagna meridionale e della regione di Marennes-Oléron, l’ostrica vive in tutti i mari. Anche in Italia si trovano delle ostriche di ottima qualità, in particolare segnalo le ostriche rosa di Scardovari, allevate nel Parco Regionale del Delta del Po, le pugliesi ostriche di San Michele, allevate nel Gargano, e le ostriche "Shardana" allevate nello Stagno di Tortolì, situato al centro della sub regione Ogliastra nella costa orientale della Sardegna.
Io per aperitivo ho preso tre Belen n.3 e tre Fines de Claire n. 3 pour faire la bouche. Poi 3 Gilardeau polpose e succulente (hanno la G impressa a laser sul guscio, sono buonissime e sono delle Spéciales), per finire con tre carnosissime Pousse en Claire. Con un bicchiere di Chabils. Forse due. Poi cena. A proposito ecco come si aprono le ostriche (nel video un rilassato Marcel Lesoille, che detiene il record mondiale di apertura ostriche, 41 in un minuto!):
Questa settimana propongo la videoricetta di un superclassico, la crème brûlée con la tecnica della bassa temperatura sottovuoto. Inoltre sul sito della Cucina Italiana ho trovato una gustosa insalata a base di patate, fagiolini e lamponi.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Crème brûlée a bassa temperatura sottovuoto
La ricetta della settimana: Insalata con patate, fagiolini e lamponi
Il ristorante della settimana: La Griglia di Varrone, Milano
Il vino della settimana: il Cinsault Marie-Galante del Domaine Zélige-Caravent
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo).
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La videoricetta: Crème brûlée a bassa temperatura sottovuoto
Ho provato a fare la crème brûlée con la tecnica della bassa temperatura sottovuoto o se si vuole con la tecnica della vaso-cottura (perché invece della busta sottovuoto ho usato vasetti weck, cioè quelli che si chiudono con le clips). Il risultato è perfetto. Si possono usare anche barattoli a vite. Ci sono tutti i vantaggi tipici della cottura sottovuoto, cioè oltre alla cottura perfetta e alla semplicità di esecuzione, la possibilità di farne in quantità per poterli consumare anche in giorni diversi. Soluzione eccezionale se si hanno ospiti. Nel video ho usato barattoli piuttosto grandi, da 270ml. Ma ne esistono anche più piccoli, da 200 e perfino da 100 ml. Buona visione!
La ricetta della settimana: Insalata con patate, fagiolini e lamponi
Un’insalata estiva, gustosa, semplice e salutare, a base di patate, fagiolini e lamponi, ma anche ceci e puntarelle che ho trovato sul sito della Cucina Italiana. Un jolly. Si presta a fantasiose addizioni, ma anche a sottrazioni (se manca qualcosa, la si fa lo stesso). Buon appetito! Insalata con patate, fagiolini e lamponi
Il ristorante della settimana: La griglia di Varrone, Milano
Siamo a Milano, in zona Corso Como, in via Tocqueville, 7. Qui troviamo La Griglia di Varrone, locale dove si mangia carne alla griglia. Ce n’è uno anche a Lucca (dove è stato aperto il primo locale) e uno a Pietrasanta (aperto da poco). Il posto è spazioso, il design è sobrio, moderno, minimal. La spettacolare griglia, a vista, emana profumi dalle carni in cottura che ti predispongono alla goduria. Le carni sono visibili in vetrina. Il proprietario, Massimo Minutelli, è toscano, un tipo con l’ossessione della ricerca delle carni più pregiate provenienti da tutto il mondo, e con una predilezione – che condivido – per Rubia Gallega e maiale iberico di Joselito. Il menù è ampio. Ce n’è per tutti i gusti. Prezzi milanesi. Se non si hanno le idee chiare non male il “Menu degustazione” da 65 euro e sontuoso il “Fidati di me” da 120 euro. Le carni sono cotte alla perfezione. Ottima la lista dei vini. E’ vero che ho promesso di mangiare meno carne, ma almeno quando la mangio che sia buona! La Griglia di Varrone, Milano
Il vino della settimana: il Cinsault Marie-Galante del Domaine Zélige-Caravent
Ho pensato al Cinsault grazie a un invitante articolo della sezione Vino di Passione Gourmet, che accosta questo vino, il cui vitigno in Languedoc viene anche vinificato in purezza, a un piatto “cult” della cucina del tristellato di Mauro Uliassi in quel di Senigallia, la pasta al pomodoro alla Hilde. Un piatto a cui Mauro Uliassi (del cui ristorante ho scritto al numero 14 di questa newsletter) è riuscito a trasferire il profumo del raspo dei pomodori. La lettura dell’articolo mi ha fatto venire voglia non solo di tornare da Uliassi (quella mi sarebbe venuta comunque), ma anche di riprovare il Cinsault, un vitigno che troviamo sia nella Valle del Rodano nello Chateauneuf-du-Pape vinificato insieme a Grenache, Syrah e Mourvedre sia in Languedoc, dove, quando vinificato in purezza, dà luogo a un vino leggero e profumato, con basso contenuto di tannini. La pasta, la foglia di pomodoro e il Cinsault
Buona Domenica!