Benvenuti al numero 191 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Vi piace il radicchio? A me piace molto. Qualche settimana fa ho anche pubblicato la ricetta del risotto al radicchio. E’ un ortaggio che conosco bene e forse dovrei mangiarne di più. Quello rosso lo troviamo sotto forma di tre tipologie: il “Chioggia”, il “Treviso” e il “Verona”. E poi c’è quello “variegato”, il “Castelfranco”. Sono tutti IGP e come si vede dai nomi la zona di produzione è il Veneto, dove troviamo la famosa strada del radicchio che congiunge il centro storico di Treviso con Castelfranco attraverso un percorso paesaggistico e culturale di notevole valore: seguendo il corso del fiume Sile si attraversa Quinto di Treviso, si passa per l'Oasi naturalistica del Mulino Cervara, per raggiungere Morgano e di qui Badoere. Continuando il percorso si raggiunge Levada, frazione di Piombino Dese, dove sorge Villa Marcello, per proseguire verso Nord, fino a Fanzolo dove sorge la villa Emo, patrimonio UNESCO, realizzata da Andrea Palladio. Proseguendo verso Ovest attraverso un territorio dal grande valore paesaggistico si arriva a Castello di Godego prima di arrivare a Castelfranco.
Il Radicchio Rosso di Chioggia è quello tondo, il più coltivato e consumato in Italia. E’ rosso, di intensità variabile, con nervature bianche. Leggermente amarognolo, è la varietà più sapida di tutte. Il Radicchio Rosso di Treviso è disponibile nelle versioni precoce e tardivo. Il radicchio precoce è caratterizzato da un cespo voluminoso, ben chiuso e allungato. Le foglie sono di colore rosso intenso, con una nervatura principale molto accentuata di colore bianco. Di consistenza croccante e di sapore amarognolo, masticandolo diventa dolce. Il tardivo è considerato da molti il più pregiato, addirittura il Re del radicchio, con la sua consistenza croccante e un profilo gustativo più dolce rispetto a tutti gli altri. Il Radicchio Rosso di Verona, anch’esso disponibile nelle versioni precoce e tardivo, è di colore rosso scuro intenso e ha una forma allungata e compatta, che quasi ricorda un cuore, leggermente più panciuto rispetto al Treviso. Il precoce è forse la varietà con la nota amara più spiccata: è croccante e io lo trovo perfetto per le insalate. Il Radicchio Variegato di Castelfranco è una verdura a foglia color verde-giallino o giallo crema, con macchie rosse, ha una forma a cespo aperto, diversa rispetto al Chioggia, tondo, e al Treviso e Verona, affusolati. Il gusto è amarognolo e il sapore delicato. Anche il Castelfranco lo trovo perfetto per le insalate.
Il radicchio è un ortaggio che si trova tutto l'anno, ma il periodo migliore per consumarlo va da ottobre fino a primavera, in base alla varietà. Il radicchio tardivo, dopo la raccolta, che deve avvenire almeno dopo due gelate, è sottoposto alla pratica dell’imbianchimento, una pratica che stimola la ripresa del processo vegetativo, e, avvenendo in assenza di luce, permette alle piante di mantenere la loro particolare colorazione e di perdere un po’ delle tipiche note amare. Ecco perché risulta più dolce. La pianta del radicchio, Cichorium Intybus, appartiene alla famiglia delle Composite, la stessa del gruppo delle cicorie. È proprio l'acido cicorico che conferisce al radicchio il tipico timbro amarognolo.
Il radicchio è un alimento molto leggero e digeribile, particolarmente consigliato a chi segue una dieta, ha bisogno di abbassare il colesterolo nel sangue e disintossicare l'organismo. È composto per la maggior parte da acqua e fibre, ma è ricco anche di nutrienti come vitamine, soprattutto la C, K e del gruppo B, e potassio. Per chi lo consuma regolarmente è un vero toccasana. E’ un ottimo antiossidante, in grado di contrastare il precoce invecchiamento cellulare, previene l'osteoporosi e grazie alla vitamina K facilita la coagulazione del sangue. Aiuta la digestione, l'espulsione dei gas intestinali e, come tanti alimenti amari, è un prezioso alleato del fegato, contribuendo a mantenerlo sano e attivo stimolando la produzione di bile. Contrasta l’anemia, contribuisce ad abbassare il colesterolo cattivo e riduce la glicemia. Come altri ortaggi il massimo degli effetti benefici si ottengono quando viene consumato crudo, per esempio nelle insalate o in pinzimonio. E’ comunque eccellente anche cotto per realizzare primi piatti, come paste e risotti, o preparazioni da forno come lasagne, crespelle e cannelloni, per realizzare contorni se cucinato semplicemente alla piastra o al forno, o come ingrediente per secondi piatti in torte salate e piatti di carni o pesce. Ieri al mercato ho trovato del tardivo di Treviso. Una parte la uso, insieme alla ricotta, per farcire dei cannelloni di crespelle (la ricetta, con le dovute varianti, è simile a quella delle crespelle con ricotta e spinaci); il resto, per farci una variopinta insalata mista.
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Da pochi giorni ho un account TikTok con il quale condivido qualche breve video: se vi fa piacere seguirmi, mi trovate qui: Orazio Food Experience su TikTok.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Pollo in fricassea
Il ristorante della settimana: Reale, Castel di Sangro (AQ)
Il vino della settimana: Giuseppe Mascarello & Figlio: alle origini del Nebbiolo
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato.
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La videoricetta: Pollo in fricassea
La fricassea identifica un modo di cucinare il pollo in umido da condire con la salsa derivante dagli umori rilasciati in cottura arricchita con un emulsione di tuorlo d'uovo e limone. Una squisitezza. Provare la ricetta per credere! Buona visione!
Il ristorante della settimana: Reale, Castel di Sangro (AQ)
Sono tornato qualche giorno fa al ristorante Reale, di Niko Romito, di cui avevo già parlato nel numero 8 e nel numero 122 di questa newsletter, e vista l’eccezionalità dell’esperienza ho pensato di riparlarne. Siamo a Castel di Sangro, a un’altitudine di 860 metri, nel complesso di Casadonna, in quello che nel ’500 era un convento di suore, dal cui restauro sono nati il ristorante Reale, tristellato dal 2013, un incantevole bed & breakfast di 10 camere, e la scuola di cucina professionale “Accademia Niko Romito”. Fanno parte della tenuta di 6 ettari un vigneto sperimentale, un frutteto e un giardino di erbe aromatiche e spontanee. Artefice di questa meraviglia, insieme alla sorella Cristiana, Niko Romito, chef, imprenditore, docente, uno di quelli che le mode non le seguono, ma le creano con progetti destinati a lasciare il segno: il pane come portata del menu per esempio, i format Spazio, Bomba e Alt, la video enciclopedia Unforketable, e la collaborazione con i Bulgari Hotel a Pechino, Dubai, Shanghai e Milano. La cucina del ristorante Reale è una cucina di ricerca, in costante evoluzione. Alla base del metodo ci sono lo studio della materia prima, per comprenderla e coglierne l’essenza, e l’adozione di tecniche di trasformazione e lavorazione, per estrarne sapori e aromi con l’obiettivo di esaltarla, senza dimenticare che si può far da mangiare divinamente integrando gusto e salubrità e rispettando la sostenibilità ambientale ed economica. Vanno in questa direzione ad esempio l’attenzione alla eliminazione di grassi e l’attenzione ad evitare sprechi alimentari. Il menù vegetariano (quasi) di qualche giorno fa, “Degustazione Reale”, a base di verdure di stagione, era semplicemente sublime in tutte le sue portate, oltre che in perfetta sintonia con la filosofia del ristorante: piatti come Foglia di broccolo e anice, Rapa rossa, uva fragola e rucola, Lenticchie, nocciola e aglio, Carciofo e rosmarino, Spaghettone, cime di rapa e limone e Scarola arrosto, sono destinati a rimanere impressi nella memoria per l’intensità e complessità del loro gusto, rimanendo leggerissimi e salutari. Il perfetto servizio al tavolo è orchestrato con maestria da Cristiana Romito (direttrice dell’intera struttura). Ampia la lista dei vini, curata da Gianni Sinesi, che insieme a numerose etichette blasonate, spesso presenti con una bella disponibilità di annate, presenta anche prodotti di ricerca. Nel pairing vengono proposti anche distillati e bevande analcoliche. Come ha scritto nel suo articolo di qualche giorno fa Leonardo Casaleno, direttore della guida ristoranti di Passione Gourmet, “Il menù, (quasi) completamente vegetale, per complessità e profondità di pensiero potrebbe risultare un paradigma assoluto di genere, nonché testimonianza del processo creativo del ristorante Reale che continua nel suo irrefrenabile viaggio di evoluzione perpetua mediante uno studio particolareggiato e un’identità personale resiliente che persiste nel suo sviluppo incessante. E chi critica il cuoco per la sua apparente mancanza di prolificità nel proporre un menù completamente nuovo tra una stagione e l’altra, a nostro avviso perde di vista un concetto importante, strettamente legato al processo iterativo che viene implementato in queste cucine, finalizzato a raggiungere una perfezione praticamente inarrivabile. I piatti del Reale subiscono una drastica trasformazione ogni anno, mantenendo sostanzialmente la stessa forma ma migliorando notevolmente in termini di gusto, consistenza e persistenza, con l’ingrediente che assume un ruolo di protagonista assoluto (un assaggio, oggi, dello strepitoso Lenticchie, nocciola e aglio non sarà la stessa cosa dello stesso piatto assaggiato qualche anno fa”. Un posto che non basta frequentare una volta nella vita, ma che, almeno una volta ogni tanto consiglio di visitare. Reale
Il vino della settimana: Giuseppe Mascarello & Figlio: alle origini del Nebbiolo
“La nebbia densa e malinconica che pervade le Langhe e lascia intuire le forme dei filari, i castelli, i borghi, in un’atmosfera ovattata che secondo leggenda darà il nome al Nebbiolo, padre dei vini piemontesi, è la medesima che ha ispirato i grandi poeti italiani. La nebbia impenetrabile che cela le istanze cupe del passato, da cui Giosuè Carducci cerca di sfuggire, quando nel 1890, in vacanza, ai piedi del Gran Paradiso, compone la poesia Piemonte. La nebbia a cui Giovanni Pascoli nel 1903 dedica una lirica, ambientata in una località costiera, nella raccolta Canti di Castelvecchio, svelando le sue angosce più intime, cercando un senso nell’ineluttabile esistenza dell’uomo, la nebbia di Palazzeschi, Baganzani, Bettini, Signorini. Quella che si origina in autunno, proprio mentre le uve Nebbiolo raggiungono la loro maturazione tardiva e gli acini piccoli, di colore viola scuro, si ricoprono di una copiosa pruina, che potrebbe essere, secondo un’altra tesi, all’origine del nome Nebbiolo. Uve di pregio che mutano in un vino potente, complesso, elegante, che ha bisogno di tempo per esprimersi al meglio, le cui origini affondano nella storia.” Comincia così il bell’articolo che Eros Teboni, sommelier campione del mondo nel 2018, ha scritto per la sezione vino di Passione Gourmet per introdurre l’azienda Giuseppe Mascarello & Figlio e la sua degustazione del loro Langhe Doc Nebbiolo 2020. Giuseppe Mascarello & Figlio: alle origini del Nebbiolo.
Buona lettura e buona domenica!
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