Benvenuti al numero 194 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana!
Dopo oltre un anno di continui rinvii, ci siamo. Se non sarà entro Pasqua (ahimè sempre più vicina) sarà subito dopo, ma il mio videocorso sulla cucina a sottovuoto a bassa temperatura è finalmente terminato (sono arrivato a oltre 50 video). Mancano poche rifiniture nel montaggio e il completamento della dispensa di accompagnamento, che dovrebbero richiedere ancora qualche giorno.
La cottura sottovuoto a bassa temperatura o a temperatura controllata è spesso chiamata “sous vide”, che vuol dire sottovuoto in francese, o con l'acronimo CBT, ovvero “cottura a bassa temperatura”. E’ un metodo di cottura che consiste sostanzialmente nel mettere sottovuoto il cibo in un sacchetto apposito insieme al condimento desiderato e cucinarlo a bagnomaria in un contenitore in cui l'acqua viene mantenuta alla temperatura voluta attraverso uno strumento chiamato “roner”, un termine ormai comunemente usato per indicare un attrezzo che dovrebbe essere chiamato “termoregolatore a immersione”. Per la cronaca, il temine “roner” deriva dalla crasi del nome di due grandi chef spagnoli, Joan Roca e Narcis Caner (le prime due lettere del cognome del primo, “ro”, e le ultime tre lettere del cognome del secondo “ner”), che crearono uno dei primi termoregolatori a immersione e gli diedero appunto il nome di roner, un brand che poi è rimasto a identificare l'attrezzo.
Si tratta di una tecnica largamente usata nella cucina professionale e, da qualche tempo, sempre di più, anche nella cucina casalinga, grazie alla disponibilità di attrezzi come i roner di nuova generazione e macchine del sottovuoto sempre meno ingombranti, poco costose, facili da usare e performanti (oggi si trovano roner che costano intorno ai 100 euro e macchine del sottovuoto intorno a 50).
Le origini “moderne” di questa tecnica di cottura, i cui primi esperimenti furono fatti dal Conte Rumford già nel Settecento (che però usava l’aria, anziché l’acqua come fluido termoreattore), risalgono agli inizi degli agli anni ‘70, quando uno chef francese, George Pralus, del famoso ristorante Troigros, a Roanne, si mise alla ricerca di una tecnica che gli consentisse di prolungare il tempo di conservazione del foie gras senza alterarne l’aspetto o il gusto. Scoprì che la cottura degli alimenti sottovuoto a bassa temperatura, oltre ad aumentarne la durata di conservazione, contribuiva al miglioramento di aromi e sapori e contrastava il calo peso. Fu così che nacque la cucina sottovuoto a bassa temperatura. Ma è all’inizio degli anni 2000 che la cottura sottovuoto a bassa temperatura ha iniziato a diffondersi, grazie all’affermazione della cucina d’avanguardia spagnola, arrivando dopo il 2010 ad essere conosciuta e praticata in tutto il mondo. Io, per esempio, che ne avevo sentito parlare da alcuni chef già da qualche anno, comprai il mio primo roner nel 2011 dopo l’uscita dei famosi 5 tomi di cucina, Modernist Cuisine di Nathan Myhrvold, che svelava tutte le tecniche della nuova cucina modernista e di cui vi ho parlato, qualche anno fa, nel numero 19 di questa newsletter.
La cottura sottovuoto a bassa temperatura ha vari vantaggi.
Cottura uniforme e precisa degli alimenti. Si riesce a cucinare tutto l'alimento dalla superficie al cuore, alla temperatura voluta, senza le approssimazioni, le imprecisioni e i compromessi della cottura tradizionale. A tutti sarà capitato di esagerare o di rimanere indietro in una cottura. Si può dire basta a petti di pollo stopposi, arrosti gommosi, brasati induriti, pesci o verdure stracotti.
Minore perdita di liquidi e mantenimento nel sacchetto dei succhi di cottura. Con la chiusura del sacchetto, i liquidi che fuoriescono dagli alimenti rimangono nel sacchetto e possono essere utilizzati per realizzare delle ottime salse. Inoltre, proprio grazie alle basse temperature, i liquidi che fuoriescono sono molto di meno di quelli che si disperdono con le culture tradizionali. Con la cottura tradizionale, anche se si vuole raggiungere un risultato “al sangue”, si espone l'alimento, non solo nelle parti più esterne, a temperature che favoriscono la fuoriuscita dei liquidi. Con la cottura CBT, la temperatura è uniforme - per la carne rossa, tra i 50 e i 60 gradi - e sempre sotto la soglia critica che fa perdere liquidi, e quindi gli alimenti rimangono più morbidi.
Minore calo peso. Questo forse è una cosa che interessa più la ristorazione professionale. Comunque è chiaro che se si perdono meno liquidi il peso dell'alimento rimarrà maggiore. Questo nella ristorazione professionale vuol dire maggior numero di porzioni. In ogni caso è evidente che con la bassa temperatura gli alimenti rimangono più succosi.
Mantenimento delle qualità nutrizionali e organolettiche. Si salvaguardano molte qualità sia sotto il profilo nutrizionale come le vitamine, le proteine, gli zuccheri e grassi, sia sotto quello organolettico come profumo e colore. I sapori e gli aromi sono più decisi e intensi. Grazie al sacchetto sigillato si ottengono preparazioni molto profumate e saporite e con un minimo quantitativo di spezie e di aromi. Inoltre si previene la perdita di sapore dovuta all'ossidazione e all'evaporazione delle sostanze volatili.
Perfetta riproducibilità del piatto. Non è necessario essere cuochi virtuosi ed esperti per fare una cottura perfetta e riuscire a cucinare un ingrediente sempre nello stesso modo, una volta capiti dosi, tempi e temperature. I risultati sono facili e sicuramente replicabili anche da chi è meno esperto.
Maggiore shelf life. Gli alimenti sono meno soggetti alle ossidazioni e possono essere conservati sia in frigo che in freezer per un tempo più lungo rispetto a quelli cotti con la cottura tradizionale.
Migliore gestione dei tempi di preparazione. Si fa da mangiare quando si ha tempo e si va in tavola quando si ha fame! Con la cottura a bassa temperatura sottovuoto si possono separare le fasi di preparazione e cottura da quella di finitura del piatto. Normalmente le cotture sono lunghe e la finitura è breve. Si può procedere alla preparazione del piatto in tempi diversi rispetto a quando l’alimento viene consumato. Le cotture si fanno quando si ha tempo, certe si possono addirittura fare durante la notte, mentre invece la finitura del piatto la si fa solo quando si deve andare in tavola.
Minore uso di grassi e niente odori in cucina. L'uso di grassi è spesso non necessario e risulta comunque molto limitato. E poi visto che tutti i profumi rimangono del sacchetto, anche con le lunghe cotture si evitano gli odori in cucina.
Il mio videocorso è diretto principalmente a chi fa da mangiare a casa e non dispone di apparecchiature, metodologie, organizzazione e capacità operativa tipiche di un ristorante. Questo non vuol dire che a casa non si possa realizzare una cucina sottovuoto a bassa temperatura di ottimo livello.
Oggi a Milano piove, penso che mi dedicherò a preparare con il mio roner alcuni dei manicaretti da consumare in settimana!
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Da poche settimane ho un account TikTok con il quale condivido qualche breve video: se vi fa piacere seguirmi, mi trovate qui: Orazio Food Experience su TikTok.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Stinco di maiale al forno con patate
Il ristorante della settimana: Chalet Plan Gorret, Courmayeur (AO)
Il vino della settimana: Borgo Stajnbech, Lison classico… ma non solo
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato.
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La videoricetta: Stinco di maiale al forno con patate
Lo stinco di maiale al forno, tradizionalmente servito con patate, è un piatto gustosissimo, perfetto per il pranzo della domenica, una cena con gli amici, ma anche le occasioni di festa. Nell'occasione mostro sia come rendere saporita la carne attraverso una salamoia e una marinata, sia come preparare le patate al forno. Buona visione!
Il ristorante della settimana: Chalet Plan Gorret, Courmayeur (AO)
Siamo a un paio di chilometri dal centro di Courmayeur, nello Chalet Plan Gorret (strada Plan Gorret, 45). In questo piccolo e delizioso hotel di montagna, dotato di sole 6 camere, troviamo l’omonimo ristorante in cui, consigliato da un amico, sono stato di recente. La location sembra perfetta a seconda delle stagioni sia per andare sulle piste sia per fare passeggiate, oltre che per godersi il panorama. Il ristorante è accogliente, con un tipico arredamento da chalet di montagna. Sorprendente invece il menu, in cui insieme a tipici piatti valdostani la fa da protagonista una cucina sarda a base di pesce! Ecco la frase di esordio della carta: “Il Monte Bianco concede un ballo alla Barbagia fondendosi in un unico abbraccio: il menù Sardostano”: un’introduzione che si presterebbe a facili ironie se dietro non ci fosse qualcosa di veramente solido: anzitutto una materia prima ben selezionata e una mano esperta nel trattarla (mamma Rosanna, se non ho capito male) in tutti piatti assaggiati, dal crudo di pesce su cui troneggiava uno squisito tonno rosso, alla Catalana con l’aragosta trattata alla perfezione, senza dimenticare una commovente fregola in guazzetto e ottime “lorighittas” fatte a mano con sughetto di gamberi, scampi, cozze, vongole e calamari. Non mancano i piatti di carne come lo stinco di maiale, il carré di cervo o il brasato di manzo, insieme ad altre specialità sarde come culurgiones e malloreddus e tra i dessert una sontuosa seada. Insomma ce n’è per tutti. E poi c’è l’anima del locale, Paola Olla, dalla cui energia è difficile non essere contagiati, che insieme a Nicola, che propone una carta dei vini molto ben curata e a uno staff giovane e cortese assicura un’esperienza veramente piacevole, che ti lascia la voglia di rifarla. Ringrazio l’amico Emilio per l’ottimo consiglio, che mi sento di estendere a chi si dovesse trovare in zona. Attenzione, bisogna prenotare con anticipo, soprattutto se si è in zona weekend. Ne vale la pena! Chalet Plan Gorret.
Il vino della settimana: Borgo Stajnbech, Lison classico… ma non solo
Borgo Stajnbech è una piccola, giovane e dinamica realtà del comprensorio Lison Pramaggiore di 17 ettari vitati, che da poco si è affacciata anche sulla scena internazionale. La cantina, a conduzione famigliare, è gestita da Adriana Marinatto e dal marito Giuliano Valent, con una produzione che arriva a circa 130.000 bottiglie annue da vitigni bianchi come tocai (oggi lison, per il vino bandiera ”150” Lison Classico DOCG) pinot grigio, sauvignon, chardonnay, verduzzo e da vitigni rossi come malbec, merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon, refosco dal peduncolo rosso. Della zona di produzione del Lison Classico DOCG, del vitigno predominante in questo territorio, il Tai, conosciuto anche come Friulano o Vecchio tocai, e di alcuni dei vini prodotti da Borgo Stajnbech, ci parla Angelo Sabbadin in un articolo pubblicato recentemente nella sezione vino di passione Gourmet. Borgo Stajnbech, Lison classico…ma non solo
Buona lettura e buona domenica!
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