Benvenuti al numero 251 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Il post sull’espresso di settimana scorsa sembra sia piaciuto. Ma in fondo, il caffè in Italia è una cosa seria: ognuno ha il suo culto, le sue verità, le sue manie, le sue idiosincrasie e le sue preferenze. E oggi, come promesso, vorrei parlare di qualcosa di ancora più personale: il caffè fatto a casa, che per molti rimane uno degli impatti più piacevoli col mattino. Ma prima il consueto consiglio per gli acquisti (che è anche un modo per sostenere questa newsletter). Grazie a chi ha già acquistato il mio videocorso “La mia cucina sottovuoto a bassa temperatura” e per le eccellenti recensioni che alcuni di voi hanno scritto. Per acquistarlo basta accedere alla home page del corso attraverso il bottone qui sotto:
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Il caffè a casa: capsule o moka?
Purtroppo il vero espresso, tecnicamente parlando, è difficile da replicare a casa. Richiederebbe macchine costose, macinacaffè di livello, manutenzione continua, tempo, prove. Non è impossibile — molti appassionati ci riescono — ma non è per tutti. Per la maggior parte delle persone (me incluso), la scelta del caffè a casa si riduce a due opzioni: la capsula, che assomiglia all’espresso, o la moka, che non è un espresso, ma rappresenta una forma autonoma e nobile di caffè domestico.
Le capsule sono nate per riprodurre l’esperienza dell’espresso in modo automatico e pulito: inserisci la capsula, premi un tasto, e ottieni un caffè con crema, corpo e un’apparente somiglianza con l’espresso da bar. Ma, come abbiamo visto la scorsa settimana, non è esattamente la stessa cosa: il caffè è pre-macinato da mesi, e raramente di alta qualità; la temperatura e la pressione di estrazione sono spesso inferiori agli standard ideali; la schiuma assomiglia alla crema, ma ne è solo una parodia; l’esperienza sensoriale è piuttosto piatta. Bisogna ammettere però che le capsule sono comode, pulite, facili da usare. E per molti, è sufficiente. Per chi ama l’espresso tuttavia, il confronto con quello del bar (almeno di quello dei buoni bar) è insostenibile.
La moka, d’altra parte, è un classico della cultura italiana. È la macchina del caffè di casa per eccellenza, e ha il grande pregio di non fingere di essere un espresso. Non mancano i vantaggi: anche se molti pensano il contrario, produce un caffè più estratto e quindi più ricco di caffeina rispetto all’espresso (perfetto per chi si è appena svegliato); ha un gusto, pieno, rustico e con un aroma caratteristico; crea in casa quell’odore inconfondibile che segna le mattine italiane; funziona senza corrente, si ripara facilmente (quando si cambia la guarnizione) e dura una vita; permette di usare qualunque caffè, di variare, di sperimentare. Certo non fa la crema – anche se prendendone le prime gocce e mischiandole velocemente con un po’ di zucchero si riesce a fare qualcosa di simile, ma se ti piace senza zucchero: no way –, rischia di surriscaldare o bruciare il caffè se non si seguono certe regole e richiede un minimo di attenzione (acqua giusta, fuoco basso, rimozione tempestiva). Ma è sincera, economica, radicata nella nostra cultura. E con un po’ di tecnica (macinatura adeguata, fuoco basso, spegnimento prima del gorgoglio), può dare risultati sorprendentemente buoni.
Naturalmente per chi ha tempo, voglia e budget, una buona macchina per espresso da casa, abbinata a un ottimo macinacaffè, può avvicinare l’esperienza del bar. Ma è una passione, non una scorciatoia. Richiede pratica, conoscenza tecnica, pulizia regolare e investimenti non banali: insomma, una strada che percorrono in pochi.
Personalmente, ho deciso di non avere in casa una macchina a capsule. Preferisco la moka. Ha i suoi limiti, certo. Ma mi dà più piacere, più libertà, più autenticità. Quando voglio un vero espresso, vado al bar — da chi ha le mani, la macchina e l’attenzione per farlo bene.
Per migliorare la qualità del caffè con la moka consiglio un macinacaffè manuale, di quelli che consentono diversi livelli di macinatura, facili da usare e che non occupano tanto spazio (es: il Siberthal o il Timemore Chestnut C3 Esp Pro). Il caffè in chicchi si conserva meglio e, appena macinato, ha una fragranza senza eguali. L’uso del macinacaffè è un game changer, cambia tutto. Se si vogliono sperimentare caffè diversi, con miscele e livelli di tostatura diversi, comprarli in chicchi è l’ideale!
Come fare un buon caffè con la moka
Usa un caffè appena macinato: capisco, è forse il requisito più difficile, se ne ne può fare a meno, ma vale la pena. La macinatura giusta: non troppo fine (tipo espresso), né grossa (tipo caffè americano), ma media: piò o meno come il sale fino.
Conserva il caffè in un contenitore ermetico: che sia in grani (meglio) o già macinato, il caffè deve stare in un contenitore ermetico, meglio se sottovuoto, in luogo asciutto e al buio.
No frigo!: è un errore diffuso. Condensa e umidità sono i nemici giurati del caffé: gli sbalzi di temperatura, tipici di un alimento che viene portato fuori e rimesso in frigo, sono la panacea della condensa e l’umidità la sua conseguenza. Se proprio vuoi uccidere il tuo caffè mettilo in frigo, per di più macinato! Tra l’altro il caffè è un assorbiodori. Per un caffè col retrogusto di frigo…
Usa acqua “buona”: Niente sapori di cloro please!
Usa acqua già calda: E’ un vero trucco: riempi la caldaia fino alla valvola di sicurezza e scalda l’acqua. Così eviti di surriscaldare il caffè e limiti l’amaro (questa non la sapevi)! Poi metti il filtro, il caffè, e avvita il raccoglitore: occhio a non scottarti, usa una presina!
Non pressare il caffè: Riempi il filtro senza schiacciare. Il caffè deve essere livellato, non compattato (la “pressatura” è necessaria per l’espresso che spinge a 9 bar di pressione, non per la moka!).
Fiamma bassa: Il calore troppo forte è uno degli errori più frequenti, rovina tutto. Fuoco dolce e paziente.
Togli dal fuoco appena inizia il gorgoglio: Non aspettare che l’acqua salga tutta: spegni e lascia finire fuori dal fornello. Eviti la sovraestrazione.
Mescola il caffè prima di versarlo: La prima parte che esce è più intensa, l’ultima più debole: mescolare uniforma l’estrazione.
Pulisci solo con acqua: Per carità: niente saponi! I residui di detersivo alterano il gusto. Basta acqua e asciugatura accurata.
E ora si va di moka!
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Un altro consiglio per gli acquisti: il mio libro “La mia cucina a bassa temperatura sottovuoto” e si trova su Amazon in versione cartacea oppure digitale. Buona lettura!
Questo numero contiene:
La videoricetta: Fusilli con crema di asparagi e speck
Il ristorante della settimana: Santa Clara, Formentera (Spagna)
Il vino della settimana: Champagne Grande Sendrée della Maison Drappier
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La videoricetta: Fusilli con crema di asparagi e speck
I fusilli con crema di asparagi e speck sono un primo piatto semplice ma ricco, perfetto per la primavera! La dolcezza vellutata degli asparagi freschi incontra la sapidità croccante dello speck, il tutto avvolto in una crema verde brillante che sa di stagione. Ho scelto i fusilli, ideali per trattenere ogni goccia di condimento, ma potete usare anche un’altra pasta corta di buona qualità — l’importante è che sia al dente! A completare il piatto, le punte degli asparagi, che aggiungono colore, sapore e un tocco elegante: perché sì, anche l’occhio vuole la sua parte. Scopri tutti i passaggi nel video: è una ricetta veloce, appagante e perfetta per fare un figurone senza complicarsi la vita! Buona visione!
Il ristorante della settimana: Santa Clara, Formentera (Spagna)
Siamo a Sant Francesc Xavier, il più grande centro abitato della splendida isola di Formentera, in Carrer Pla del Rey, 102. Il ristorante Santa Clara, aperto recentemente, si è rapidamente affermato come uno dei migliori della cittadina, se non dell’intera isola. Elegante, non pretenzioso, avvolto da un pergolato di bouganville, con una chiara connotazione italo-spagnola, riesce a incarnare perfettamente lo spirito rilassato e autentico dell’isola.
In cucina, un giovane chef di talento propone una cucina creativa e contemporanea, fondata su ingredienti di alta qualità. I piatti, sia di carne che di pesce, sono cotti alla brace nel forno Josper, che regala sapori intensi e cotture sempre perfette, con contorni che sorprendono per originalità e gusto. Il ristorante propone in parallelo un menù vegetariano goloso e ben studiato, con proposte di stagione e qualche incursione fusion italo-spagnola. Anche la carta dei dolci è curata e varia, perfetta per chiudere in bellezza.
Tra gli antipasti notevoli i Cuori di carciofo alla brace, pata negra, foie gras e formaggio manchego e il Midollo di manzo, porri e nocciole. Tra in primi eccellenti e originali i Rigatoni Mancini, burro acido, limone, pepe nero e pata negra. Invitante la parte del menù dedicata alle verdure, soprattutto di stagione, e tra i numerosi piatti di carne e pesci al Josper per tutti i gusti strepitosa per qualità e cottura perfetta la Entraña (diaframma) del Nebraska. E per chiudere, tra i dessert, ottima la Cheesecake baska e marmellata di arance.
Il personale di sala giovane, cordiale, sorridente, attento a ogni dettaglio, senza mai risultare invadente è capace di offrire un servizio impeccabile. Completano l’esperienza una selezione di vini ben costruita e cocktail equilibrati e piacevoli, realizzati con cura.
Santa Clara non è solo un ristorante dove si mangia bene: è uno di quei posti dove si torna volentieri e che viene voglia di consigliare agli amici (ne approfitto per un grazie all’amica che l’ha consigliato a me!). Se siete in cerca di un indirizzo speciale a Formentera, segnatevelo. Ne vale la pena. Santa Clara, Formentera
Il vino della settimana: Champagne Grande Sendrée della Maison Drappier
La Maison Drappier è una storica casa di Champagne situata a Urville, nel cuore della Côte des Bar, nella regione dell’Aube, in Francia. Fondata nel 1808 da François Drappier, la maison è rimasta una delle poche realtà familiari indipendenti della Champagne, oggi guidata dalla settima e ottava generazione della famiglia: Michel Drappier e i suoi figli Charline, Hugo e Antoine. La Maison Drappier ha circa 110 ettari di vigneti, di cui 60 di proprietà diretta, situati principalmente a Urville. La varietà predominante è il Pinot Noir, che rappresenta circa il 70% delle coltivazioni, mentre il restante è suddiviso tra Chardonnay, Pinot Meunier e varietà autoctone rare come Arbane, Petit Meslier e Pinot Blanc. Drappier è nota per essere la prima maison a coltivare tutte e otto le varietà autorizzate nella denominazione Champagne, inclusa la recente aggiunta del Voltis, un ibrido resistente alle malattie fungine .
La maison adotta pratiche di vinificazione che mirano a esprimere la purezza del terroir. L’uso di solfiti è ridotto al minimo, e alcune cuvée, come il “Brut Nature Sans Soufre”, sono prodotte senza aggiunta di solfiti. Inoltre, Drappier è pioniera nell’uso di bottiglie di grande formato, avendo creato nel 1999 la “Primat”, una bottiglia da 27 litri, e successivamente la “Melchizédec” da 30 litri, la più grande bottiglia di Champagne al mondo. Tra gli Champagne prodotti, c’è il Drappier Grande Sendrée, un assemblaggio di Pinot Nero (55%) e Chardonnay (45%) provenienti da vigneti coltivati su suoli calcarei kimmeridgiani, tipici della zona, cuvée che prende il nome da una parcella di terreno chiamata “La Grande Sendrée”, così denominata dopo che un incendio devastò Urville nel 1836, lasciando il suolo coperto di ceneri (“cendres” in francese). Un errore di trascrizione nel catasto trasformò “Cendrée” in “Sendrée”, nome che è rimasto fino ad oggi. Il vino è stato recensito nella sezione vino di Passione Gourmet. L’articolo contiene anche un video in cui il vino è assaggiato alla cieca e commentato da Eros Teboni, nominato nel 2018 miglior sommelier al mondo, da Leila Salimbeni, direttrice della rivista Spirito diVino, e dal sottoscritto. Ecco il link Champagne Grande Sendrée della Maison Drappier.
Buona lettura e buona domenica!
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Grazie per il commento. Prima o poi parlerò delle miscele. Ho già accennato qualcosa nel post della settimana scorsa in cui ho confrontato Arabica e Robusta e dato una rapida (forse un po' superficiale) indicazione delle caratteristiche di alcuni caffè a seconda della provenienza. Diciamo che il consiglio di macinare di volta in volta, oltre all'indubbio vantaggio del maggiore aroma sprigionato dalla tazzina di caffè, ha come presupposto che il caffè venga acquistato in chicchi. Questo comporta una migliore possibilità di conservazione, ma soprattutto la possibilità di acquistare il caffè direttamente nelle torrefazioni che normalmente sono in grado di fornire (e suggerire) caffè di diverse qualità, acquistabili anche in piccole quantità, con l'ulteriore vantaggio di poterli conservare bene e consentire un assaggio alternato. 👍
Basta: qui siamo arrivati al massimo livello! L’esposizione in italiano ha ormai preso la strada della perfetta unione di purezza, perfezione e forte personalità, con una scelta di aggettivi, immagini e termini scelti che danno proprio il senso perduto della bella scrittura. E poi, il profumo italiano in casa, la « sincerità », il radicamento nella cultura, la crema parodistica, il caffè più estratto (ammazza ci sono medici di valore che continuano a pensare che l’espresso del bar contenga più caffeina): bellissimo! Verissimo! Tutto ben scritto e concentrato, ma non troppo concentrato: come il caffè della moka. Ma la cosa pazzesca è che i contenuti sono notevolissimi: poche righe per imparare montagne di informazioni e importanti suggerimenti tecnici sul caffè fatto in casa (ne ho spremuti milioni, penso in particolare a quelli degli ultimi 15 anni, per francesi affascinati e coinvolti, cui inizialmente si rivolge la domanda immancabile: vuoi il caffè italiano o la capsula? A chi sceglie il primo si dice: « risposta giusta », sorridendo calorosamente, promuovendo, avvolgendo con lo sguardo in un abbraccio mediterraneo, anzi adriatico; a chi il secondo, « sbagliato »: si allargano le braccia e si dice, comunque ti perdono e ti accolgo a casa mia come un fratello, con il tempo capirai). Adesso compero il macinatore, estraggo dal testo appena letto una buona mezza dozzina di istruzioni passo passo, stampo e affiggo all’interno dell’armadio nel quale in cucina tengo il caffè, così da seguire i consigli tecnici giorno per giorno, curioso di trovare la strada giusta: perché sì, purtroppo anche a 5.800 anni d’età, patito del caffè espresso e innamorato di quello casalingo, ho sbagliato per 58 secoli anche i passaggi di base! Verrebbe da spazientirsi ma invece si apprezza la possibilità di imparare, sperimentare e migliorare.
Adesso però che ci hai portati fin qui, la prossima puntata occorre la spiegazione su come orientarsi sulla scelta dei chicchi: eh sì perché lì si apre un mondo. So bene che l’ultimo articolo ne ha già trattato, ma forse si può andare più lontano?
Grazie ancora, questi articoli sono un modo bello e pieno di intensità per avviare la festa della domenica mattina.
Chapeau bas.