Benvenuti al numero 256 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Ammettiamolo: ognuno di noi ha almeno un barattolino di paprika scaduta da chissà quando, un misto curry comprato in un impeto di entusiasmo etnico, un bastoncino di cannella o un baccello di vaniglia superstite di un Natale lontano. Le spezie spesso vengono accumulate nella zona della dispensa ad esse dedicata (ammesso che sia stata designata). Raramente (mai?) si fa un inventario, salvo quando ne serve una, che regolarmente è quella che manca o, peggio, si compra quella di cui si pensa di avere bisogno, senza consumare prima quella che giace in dispensa. E’ capitato solo a me? Tanto le spezie mica scadono (purtroppo non è così!). Eppure le spezie hanno un enorme valore in cucina. Lo sa bene chi fa da mangiare, le spezie in cucina possono cambiare le regole del gioco. I piatti senza spezie funzionano lo stesso, ma manca qualcosa. Quel dettaglio che cambia tutto, che dà profondità, carattere, emozione: un pizzico di pepe, una punta di curcuma, mezzo chiodo di garofano. Basta un pizzico al momento giusto per trasformare una triste minestra in una sinfonia, una verdura al vapore in un viaggio a Marrakech, un arrosto qualunque in un grande evento. In questo post troverai una piccola guida pratica: quali spezie non dovrebbero mancare mai, gli sbagli più comuni da evitare, come sceglierle, conservarle e capirne la durata. Ma prima il consueto consiglio per gli acquisti (che è anche un modo per sostenere questa newsletter). Attenzione domani mattina scade la promzione! Grazie a chi ha già acquistato il mio videocorso “La mia cucina sottovuoto a bassa temperatura” e per le eccellenti recensioni che alcuni di voi hanno scritto. Per acquistarlo basta accedere alla home page del corso attraverso il bottone qui sotto:
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Quali spezie non possono mancare in dispensa
Non riesco ad immaginare una dispensa senza spezie. Certo la scelta dipende dal proprio stile di cucina e dai propri gusti, ma alcune spezie sono così versatili da meritare un posto fisso nella dispensa di chiunque ami cucinare (attenzione, questo elenco è solo un punto di partenza!):
Pepe nero in grani. Essenziale, da macinare al momento per un aroma fresco e pungente.
Paprika dolce e affumicata. Perfetta per carni, legumi e verdure. Aggiunge colore e dolcezza, oppure un tocco “smoky”.
Curcuma. Dal colore intenso e il sapore terroso. Ottima in piatti orientali, zuppe e riso.
Curry in polvere. Mix bilanciato per introdurre l’India in cucina. Da scegliere in base all’intensità (mild o spicy). Gli appassionati possono farselo a partire dai singoli ingredienti.
Noce moscata intera. Da grattugiare al momento. Insostituibile in purè, besciamella, piatti a base di uova.
Cannella in stecche o macinata. Ideale per dolci, infusi, ma sorprendente anche con carni o verdure stufate.
Chiodi di garofano. Aromatici e potenti, da usare con parsimonia in piatti invernali, carni, dolci e conserve.
Cumino. Dal sapore intenso e caldo, tipico delle cucine mediorientali e messicane.
Coriandolo. Dal profumo agrumato e leggermente speziato, i semi si usano in curry, sottaceti e miscele mediorientali.
Cardamomo. Aromatico, resinoso, con sfumature agrumate e mentolate. Da usare intero o in polvere in dolci, risi e piatti speziati.
Peperoncino secco. Per chi ama il piccante, in fiocchi o intero.
Alloro. Da aggiungere a zuppe, stufati, brodi. Dona un’aromaticità balsamica e profonda.
Anice stellato. Dolce e liquoroso, con note di liquirizia. Perfetto in infusi, marinate e piatti asiatici.
Semi di finocchio. Dolci e freschi, ricordano l’anice. Ideali per arrosti, insaccati, pane e tisane digestive.
Erbe aromatiche secche. Rosmarino, timo, origano, salvia e altre essenze. Utili in cucina quotidiana, soprattutto per arrosti, sughi, patate e pane. Più concentrate delle fresche, vanno dosate con misura.
E poi ci sono i pezzi pregiati:
Zafferano. Pochi stimmi bastano a profumare e colorare un intero piatto, ma attenzione: è una delle spezie più costose e delicate. Teme la luce, l’umidità e… il tempo. Meglio conservarlo in barattolini ermetici, al buio, e consumarlo entro un anno per apprezzarne davvero l’aroma.
Vaniglia in stecca. Regina incontrastata di dolci e creme, molto più profumata della versione in polvere o in estratto. Una stecca ben conservata (in un tubetto o barattolo sigillato) può durare anche 12 mesi, ma col tempo perde elasticità e potenza aromatica. Se è dura e secca, ha perso il meglio di sé.
Gli strumenti
Per usare bene le spezie non servono attrezzature da laboratorio, ma almeno due strumenti non dovrebbero mai mancare in cucina.
Macinapepe (o macinaspezie). Che sia manuale o elettrico, ti permette di macinare al momento pepe, cumino, coriandolo, semi di finocchio, senape e tanto altro. Il profumo che si sprigiona è incomparabile rispetto alle spezie già macinate da settimane o mesi.
Mortaio con pestello. Per spezie dure come chiodi di garofano, grani di pepe, cardamomo, o per creare miscele personalizzate (curry o mix di spezie per arrosti). È anche lo strumento perfetto per chi ama “sentire” la cucina con le mani: pestare è un gesto antico, concreto, sensoriale.
In fondo, se tratti bene le spezie, loro faranno lo stesso con i tuoi piatti. Ma senza macinarle al momento, è un po’ come bere il caffè fatto con polvere di tre mesi fa.
Gli errori principali con le spezie
Anche le migliori spezie perdono il loro potere se usate male. Ecco gli errori più comuni:
Acquistare miscele industriali troppo economiche. Spesso contengono poco delle spezie vere e molte aggiunte (sale, zucchero, amidi).
Usare spezie scadute o spente. Aroma e sapore saranno deboli o assenti. Meglio poco, ma buono.
Aggiungerle a caso. Ogni spezia ha un suo carattere. Evita miscele senza criterio: rischi di sovrastare il piatto.
Non dosare bene. Alcune spezie, come chiodi di garofano o noce moscata, vanno usate in minuscole quantità. Un eccesso può rovinare il piatto.
Cuocerle troppo a lungo. Alcune spezie (come il curry o la paprika) bruciano facilmente se lasciate in padella senza liquidi. Vanno tostate brevemente o aggiunte in momenti precisi.
Non assaggiare mentre cucini. Il potere delle spezie cresce con il calore. È fondamentale usare l’attrezzo più sofisticato di cui disponiamo in cucina: il proprio palato, per assaggiare ed evitare di eccedere. Le spezie non vanno buttate a caso: guidano il piatto, non lo coprono. Assaggia, dosa, pensa.
Come scegliere le spezie
La qualità delle spezie determina profondamente il risultato finale dei tuoi piatti. Ecco alcuni consigli per scegliere spezie di qualità:
Acquistare spezie intere. Le spezie intere (pepe in grani, noce moscata intera, cannella in bastoncini, chiodi di garofano interi, ecc.) mantengono più a lungo aroma e sapore rispetto a quelle macinate. Vanno macinate al momento dell'utilizzo per sprigionare al massimo le loro proprietà aromatiche.
Osservare l’aspetto. Le spezie fresche hanno colori brillanti e vivaci. Colori sbiaditi indicano un prodotto vecchio o mal conservato.
Fare attenzione alla provenienza. Prediligere spezie con indicazioni chiare sull'origine e provenienti da marchi affidabili. Spezie con provenienze definite (ad esempio vaniglia dal Madagascar, cannella dallo Sri Lanka) offrono maggiori garanzie di qualità.
Acquistare in piccole quantità. Acquista quantità limitate per mantenere le spezie sempre fresche. Nel tempo aromi e proprietà organolettiche tendono a decadere.
Controllare data di scadenza o di confezionamento. Anche se non diventano dannose, le spezie perdono gradualmente intensità. Quando il profumo svanisce, è finita: se non senti nulla, non è più una spezia, è polvere colorata.
Come conservare correttamente le spezie
Una buona conservazione preserva il sapore e i principi attivi delle spezie:
Usare contenitori adatti. Utilizza contenitori ermetici in vetro scuro, ceramica o acciaio, perché proteggono dall’umidità, dall’aria e dalla luce.
Conservare in luogo fresco e asciutto. Evita di conservare le spezie vicino a fonti di calore (forno, fornelli) o umidità (lavello, frigorifero), che accelerano la perdita di aroma.
Proteggere dalla luce. Conserva le spezie lontano dalla luce diretta, preferibilmente in un cassetto, armadietto o dispensa buia. La luce deteriora rapidamente oli essenziali e aromi.
Non contaminare le spezie. Evita di prelevare le spezie con le dita umide. Usa sempre utensili asciutti per non alterarne le qualità.
Congelare solo in casi particolari. In genere le spezie non vanno congelate perché ciò ne altera consistenza e aroma. Alcune eccezioni, come zenzero fresco o foglie aromatiche fresche, possono essere congelate per un uso prolungato nel tempo.
Quanto durano le spezie?
Indicativamente, ecco la durata media delle spezie se conservate correttamente:
Spezie intere (pepe in grani, cannella in stecche, chiodi di garofano): circa 2-3 anni.
Spezie macinate (pepe macinato, curcuma, cumino): circa 6-12 mesi.
Erbe aromatiche secche (origano, basilico, timo): circa 6-12 mesi.
Quando la spezia non emana più profumo intenso e ha un sapore blando, è giunto il momento di sostituirla con una nuova. Seguendo questi semplici consigli, sarai certo di utilizzare sempre spezie fragranti e aromatiche che renderanno speciali tutti i tuoi piatti.
Meglio poche spezie, ma buone (e vive)
Insomma, trattiamole bene queste spezie. Non servono scaffali pieni di barattolini esotici con nomi impronunciabili: bastano poche varietà, scelte con cura, conservate come si deve e usate con intelligenza. Non sono magia, ma poco ci manca. La prossima volta che prepari un piatto, prova ad aggiungere quel pizzico in più — di attenzione, di consapevolezza, magari anche di pepe fresco appena macinato. La differenza si sente, eccome. Le spezie non servono a fare scena: servono a fare la differenza. Ma solo se le usi bene. E se ora ti è venuta voglia di andare a controllare la data di scadenza del curry… beh, hai già fatto il primo passo.
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Un altro consiglio per gli acquisti: il mio libro “La mia cucina a bassa temperatura sottovuoto” e si trova su Amazon in versione cartacea oppure digitale. Buona lettura!
Questo numero contiene:
La videoricetta: Scaloppine di vitello con asparagi, piselli e fondo al vino bianco
Il ristorante della settimana: Mogo, Milano
Il vino della settimana: La famiglia Cavalli: non solo vino ma anche aceto balsamico
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La videoricetta: Scaloppine di vitello con asparagi, piselli e fondo al vino bianco
Le scaloppine di vitello sono un classico della cucina casalinga. Veloci e semplici da preparare, sono pronte in pochi minuti. Servite con verdure di stagione come asparagi e piselli e impreziosite dal fondo cremoso al vino bianco, diventano un secondo particolarmente gustoso e scenografico. Da provare! Buona visione!
Il ristorante della settimana: Mogo, Milano
Siamo al civico 1C di Via Bernina a Milano, in zona Scalo Farini, in un ex polo industriale dove aveva sede la birreria torinese Edit. Qui troviamo Mogo, un indirizzo di recentissima apertura che merita attenzione, un locale difficile da incasellare. “Hi-Fi Bar & Dining” è la definizione ufficiale, ma non basta. È un luogo in cui la cucina giapponese contemporanea si accompagna alla mixology d’autore e a un’esperienza sonora da audiofili. Il cuore pulsante del locale è l’imponente bancone, attorno al quale ruotano piatti, drink e tracce selezionate con cura maniacale. Là dentro Filippo è il cuore della mixology, capace di garantire la coesione tra cucina, suono e drink. A firmare la proposta gastronomica è Yoji Tokuyoshi, chef giapponese di stanza a Milano, già sous-chef dell’Osteria Francescana e protagonista, con Alice Yamada, di aperture intelligenti come Bentoteca, Katsusanderia, Pan e Piccolo Pan. A supportarli nella creazione di Mogo ci sono due realtà che parlano il linguaggio del suono e dell’immagine: Polifonic, collettivo musicale e festival di culto, e Burro Studio, agenzia di comunicazione dall’impronta visiva fortemente musicale. Se non ho capito male il nome Mogo trae ispirazione dalla parola “Mmogo”, appartenente alla lingua Sotho (Africa meridionale), e significa “insieme” o “unione”. Il richiamo è immediato: un luogo pensato per favorire l’aggregazione, la condivisione e il dialogo tra persone, musica, cucina e design.
Ci sono stato due volte: una per il brunch, l’altra per cena. Esperienze diverse, entrambe significative.
Il brunch, disponibile nel weekend dalle 11 alle 16, è tutto fuorché convenzionale. L’ambiente cambia luce a seconda della musica, i piatti si muovono tra Giappone e Occidente con leggerezza e precisione. In carta piatti come Avo-Mogo toast con shokupan, avocado, uovo motbido, yuzu e pepe shansho (13 €), Pastrami toast (15 €), Wagyu Burger con cheddar, cavolo, salsa tonkatsu ed erba cipollina (22 €), Scrambled Eggs (18 €) e French Toast (12 €).
A cena il tono si fa più raffinato, ma resta conviviale. I piatti sono pensati per essere condivisi, e raccontano una cucina di ispirazione giapponese con influenze internazionali, filtrata da uno sguardo colto e contemporaneo che non dimentica di essere in Italia. Tra le proposte: Tuna ajitama con uovo marinato, tartare di tonno e uova di trota (16 €), Hamachi crudo con estratto di mela verde (15 €), Pollo teriyaki (18 €), Pane burro, acciugha e wasabi (10 €), Spuma di mortadella con burrata e pistacchio (12 €), Tartare di Fassona (16 €), Tartare di tonno (18 €) e Cocktail di mare con capesante, gamberi, ostriche, lumache di mare e tartare di tonno (32 €). Materia prima di livello con piccole sbavature di gioventù come residuo di guscio nella capasanta, tracce di sabbia nella lumaca di mare, servito un po’ troppo freddo il gambero la cui cottura peraltro era perfetta. Giovane, in rodaggio, ma in netta crescita il servizio al tavolo. Drink list di tutto rispetto sia per brunch che per cena: cocktail signature convincenti, buona selezione di vini, whisky giapponesi, mezcal e sake.
A pranzo, durante la settimana, Wagyu burger e patatine con cheddar, cavolo, salsa tonkatsu ed erba cipollina (22 €), Avo-Mogo Toast, (13 €) Pastrami toast (15 €), Veggy yashisoba saltati con verdure di stagione, zenzero, salsa di soya e salsa tonkatsu (13 €), Hambagu Donburi (riso al vapore, wagyu hamburger, verdure di stagione, zenzero marinato) (18 €) e Salmone Donburi (riso al vapore, salmone marinato al miso, verdure di stagione, zenzero marinato) (14 €).
Non è solo un locale dove si mangia e si beve bene: Mogo è un luogo che si ascolta. La programmazione include serate a tema e performance dal vivo. Il sistema audio è calibrato al millimetro, niente musica sparata o chiacchiericcio da fondale. Qui il suono è protagonista, l’approccio di chi la musica la prende sul serio. Milano continua a essere una fucina di posti di nuova concezione, destinati a essere imitati. Mogo è un posto con una visione chiara e originale, nuovo, che non rincorre mode, e che, a mio avviso, traccia una rotta. Sono contento di esserci stato e ho intenzione di tornarci. Mogo
Il vino della settimana: La famiglia Cavalli: non solo vino ma anche aceto balsamico
Oggi invece di parlare di vino, parliamo di Aceto Balsamico Tradizionale, di Modena e di Reggio Emilia. Ne avevo già parlato in una newsletter di qualche anno fa (la n. 152). Approfitto di un articolo scritto per Passione Gourmet da Thomas Coccolini Haertl che parlando di un produttore di Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia, la famiglia Cavalli, ci racconta anche cos’è l’Aceto Balsamico Tradizionale, perché si produce solo a Modena e a Reggio Emilia e cosa lo differenzia da altri aceti balsamici, che non vanno confusi con questo preziosissimo nettare. La famiglia Cavalli, che dai primi del 1900 si era distinta a Scandiano, in provincia di Reggio Emilia, per la produzione di Lambrusco e vini bianchi frizzanti, grazie alla passione di Ferdinando, detto Nando, vignaiolo e cantiniere, a metà del Novecento decise di aprire una piccola acetaia di famiglia e tra i primi ad avviare una produzione artigianale di Aceto Balsamico Tradizionale di tutto rispetto che in pochi anni lo ha fatto conoscere e apprezzare in tutto il mondo. Oggi l’acetaia è gestita dal figlio Giovanni. Ecco il link all’articolo: La famiglia Cavalli: non solo vino ma anche aceto balsamico.
Buona lettura e buona domenica!
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