Benvenuti al numero 192 di Orazio Food Experience. Un particolare benvenuto a chi si è iscritto nell’ultima settimana! Da oggi, dando retta ad alcune richieste, cercherò di andare più spesso “a capo”, magari talvolta mettendo anche dei titoli. Apparentemente il mio stile stream of consciousness alla James Joyce non viene ritenuto adatto al formato online, soprattutto quando si parla di cibo e e di vino.
Oggi vorrei parlare di uno dei tesori indiscussi della gastronomia lombarda, un formaggio erborinato ricco e intenso al quale ci rivolgiamo ogni volta che cerchiamo qualcosa di intensamente buono: parlo del Gorgonzola, grasso, cremoso, dolce e piccante allo stesso tempo, un formaggio popolare per eccellenza, conosciuto da tutti, da gustare da solo o con del pane e semplicissimo da utilizzare nelle ricette più disparate.
Il Gorgonzola
Tipologie Il Gorgonzola, una DOP dal 1996, è un formaggio a pasta molle, che si distingue nelle tipologie “piccante” (detto anche “naturale” o “a due paste”) e “dolce”, con presenza di venature bluverdastre e/o grigio-azzurre, dovute al processo di erborinatura, prodotto con latte vaccino intero proveniente da una zona di produzione che include molte province di Lombardia e Piemonte (in Lombardia: Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano, Monza, Pavia, Varese; in Piemonte: Alessandria, Biella, Cuneo, Vercelli, Novara, Verbano-Cusio-Ossola).
Le differenze tra i due formaggi sono notevoli e riguardano la tempistica della stagionatura, la tecnica di produzione, il tipo di latte vaccino usato, le forme usate per la stagionatura e commercializzazione e conseguentemente il sapore e consistenza finali. Nel caso del Gorgonzola dolce la stagionatura deve essere di almeno 50 giorni, mentre quella del Gorgonzola piccante è di almeno 80 giorni. Il piccante si fa nel modo tradizionale consolidatosi nei secoli in cui vengono mischiate due paste, una pasta, cagliata la sera prima, a cui vengono inoculati colture di funghi (che genereranno le muffe) e una seconda pasta, cagliata il giorno successivo, senza inoculo, tanto che viene anche chiamato Gorgonzola a due paste. Inoltre viene usato latte “crudo”, ovvero non pastorizzato. Il Gorgonzola dolce, il cui procedimento e affermazione sul mercato sono invece recenti, risalendo all’immediato dopoguerra, si fa con un’unica pasta, quella inoculata con le colture di funghi, e con latte pastorizzato. Il Gorgonzola dolce viene stagionato e commercializzato in forme cosiddette grandi (da 10 a 13 kg) ed è cremoso e dolce, mentre il piccante (che poi di piccante ha poco) viene stagionato e commercializzato in forme cosiddette medie (da 9 a 12 kg) e piccole (da 6 a 8 kg), è più sapido e con un sapore più deciso e ha una pasta più erborinata, consistente e friabile.
Come si produce Sia per il Gorgonzola dolce, sia per il piccante la lavorazione è simile a quella con cui si produce lo stracchino. La magia di fondo di questo formaggio, però, sta nelle muffe. Ad un certo punto, infatti, dopo che il latte è stato cagliato (per il procedimento di come si fa il formaggio rimando alla mia newsletter n. 183), vengono aggiunte delle colture di muffe (a una delle due paste nel caso del Gorgonzola piccante e all’unica pasta nel caso del Gorgonzola dolce) che sono quelle che generano le colorazioni verdi e le venature blu caratteristiche del Gorgonzola.
In particolare si aggiunge Penicillium roqueforti, in polvere, che viene poi distribuito in modo uniforme all'interno della cagliata. La cagliata viene quindi messa in forme per la stagionatura, che avviene in ambienti con temperature e umidità controllate. Durante questo processo, la muffa inizia a crescere e svilupparsi all'interno del formaggio, creando il caratteristico aspetto a strisce o chiazze verdi-blu (quello dei formaggi erborinati appunto o, in inglese, dei blue cheese).
Durante la maturazione del formaggio, si praticano lungo la superficie della crosta delle forature che permettono alle muffe di proliferare e creare i canali consueti che troviamo quando lo assaggiamo. E’ proprio la muffa che si forma grazie all’inoculo del Penicillium roqueforti che permette al formaggio di aumentare la sua intensità aromatica e di raggiungere livelli gustativi in alcuni casi veramente straordinari.
L’erborinatura dei formaggi è una pratica molto antica nata, come succede molto spesso nel panorama caseario, in modo casuale. Solo nel 1906 il microbiologo statunitense Charles Thom scoprì, catalogò e diede il nome di Penicillium roqueforti a questo fungo dalle alte potenzialità sia per l’industria casearia che per quella farmaceutica.
La storia Non si conosce con esattezza il periodo della nascita del Gorgonzola. La sua paternità è contesa da due comuni, l’omonimo comune di Gorgonzola in provincia di Milano e il comune di Pasturo (LC) in Valsassina che è una località caratterizzata dalla presenza di numerose grotte naturali che favoriscono la perfetta stagionatura di tanti grandi formaggi. La tendenza a favorire maggiormente la tesi sul comune di Gorgonzola si fonda sul fatto che nei secoli successivi all'879 (l’anno di nascita per gli storici di questo formaggio) Gorgonzola ne divenne il maggior centro commerciale in assoluto. Il formaggio allora si chiamava "Stracchino di Gorgonzola" anche se la sua classica venatura verde, che ne perfezionava il nome in "Stracchino verde" o “Erborin” viene fatta risalire al XI secolo. Il nome "Stracchino" deriva dalla parola “stracc” che nel dialetto regionale lombardo significa “stanco”. Lo stracchino veniva infatti preparato con il latte munto delle vacche stanche dopo una lunga giornata di transumanza, in autunno, in fine lattazione, di ritorno dagli alpeggi. E Gorgonzola era la meta delle vacche alla fine della transumanza.
In origine, e fino al secondo dopoguerra, con il nome di Gorgonzola si intendeva quello che era prodotto esclusivamente a "due paste" ancora oggi prodotto sotto il nome di Gorgonzola piccante (o naturale) e, come tale, tutelato dal consorzio del Gorgonzola. Il Gorgonzola a due paste è un formaggio che ha riscosso un certo successo nel corso dei secoli, e agli inizi del XX secolo sviluppò un fiorente mercato estero verso la Francia, la Germania e l'Inghilterra dove trovò tanti ed eccellenti estimatori.
Nell'ultimo dopoguerra, tuttavia, i produttori introdussero una tecnica nuova per produrre il Gorgonzola, sicuramente più economica e allo stesso tempo anche più gradita dal mercato. Nacque così il gorgonzola a una pasta, mediante l'utilizzo di latte pastorizzato di una sola mungitura. Ne scaturì un formaggio decisamente più dolce e cremoso che presto conquistò una larga fascia di pubblico. Gradualmente tutta la filiera si è adattata con entusiasmo a questa nuova versione sostituendo tecniche decisamente più empiriche e oggettivamente più costose.
Nel 1975 avvenne la prima marchiatura ufficiale sul gorgonzola fresco con la lettera "g" e nel 1996 ,con l'istituzionalizzazione del consorzio europeo delle denominazioni di origine, il Gorgonzola divenne DOP europea.
Altri erborinati Oltre al francese Roquefort, formaggio a pasta molle da latte di capra, anch’esso con una storia millenaria, e all’inglese Stilton, formaggio erborinato a pasta dura da latte vaccino, in Italia ci sono almeno altri due formaggi erborinati da menzionare: il Castelmagno DOP prodotto nel comune omonimo in provincia di Cuneo, oltre che a Monterosso Grana e Pradleves, un formaggio a pasta semidura, erborinato e prodotto da latte vaccino (talvolta addizionato con latte ovino o caprino in percentuali che non superano mai il 20%) con la tecnica della doppia pasta, e il Bleu d’Aoste, uno squisito formaggio erborinato a pasta cruda, prodotto in Valle d’Aosta da latte vaccino pastorizzato proveniente da bovini di razza valdostana rossa o pezzata nera.
In cucina Il pregio del Gorgonzola consiste, oltre che nella sua bontà da solo o col pane, anche nella sua versatilità in cucina, visto che può essere usato anche come guarnitore e insaporitore di moltissimi piatti e ricette. Il Gorgonzola dolce si presta molto bene per la preparazione di pasta, primi piatti e soprattutto per essere usato come spalmabile per verdure a crudo, per la classica polenta, per i risotti. Invece il Gorgonzola piccante è molto utile per la preparazione di farciture di involtini di carne, di ravioli freschi, per la produzione di polente conce come ad esempio in Valtellina e in Valle d’Aosta.
L’abbinamento col vino Il Gorgonzola dolce si abbina difficilmente ai vini rossi, per la propensione che ha questo formaggio ad accentuare le parti dure del vino, soprattutto i tannini. Di solito preferisce vini morbidi, bianchi con una certa dolcezza. Straordinario con vini passiti e vin santi. Il Gorgonzola piccante invece si accosta più facilmente a vini rossi strutturati o a passiti quali il Moscato di Scanzo (prodotto nell'omonimo comune di Scanzorosciate) o al Marsala vergine, nonché alle birre trappiste.
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Direi che sono pronto per un risotto alla rapa rossa, in cui il tocco finale è proprio dato da gocce, anzi, meglio una colata, di crema di Gorgonzola!
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Da pochi giorni ho un account TikTok con il quale condivido qualche breve video: se vi fa piacere seguirmi, mi trovate qui: Orazio Food Experience su TikTok.
Questo numero contiene:
La videoricetta: Sformato di porri, patate e mortadella
Il ristorante della settimana: Disfrutar, Barcellona
Il vino della settimana: Cartizze
Se vi viene voglia di acquistare qualcuno degli attrezzi di cucina che uso nelle videoricette, trovate i link ad Amazon nella descrizione dei video sulla pagina YouTube (cliccate “Mostra altro”, perché la lista sta in fondo), o, in mancanza, troverete comunque il modello dell’attrezzo utilizzato.
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La videoricetta: Sformato di porri, patate e mortadella
Un piatto semplicissimo, uno svuotafrigo, a base di porri e patate arricchito da qualche salume avanzato (ok la mortadella, ma vanno bene anche speck o salame), e da un formaggio filante (a me piace la provola affumicata, ma vanno bene anche la scamorza o la fontina oltre all’immancabile parmigiano).: combinando questi ingredienti come spiegato nel video si può fare uno sformato, veramente goduriosissimo. Da provare. Buona visione!
Il ristorante della settimana: Disfrutar, Barcellona
Siamo a Barcellona, in una via poco fuori dal centro cittadino, calle Villarroel, 163. Qui si trova Disfrutar, il ristorante aperto nel Dicembre 2014 da Mateu Casañas, Oriol Castro e Eduard Xatruch, al tempo del mitico El Bulli braccio destro e sinistro di Ferran Adria. Da fuori l’insegna è proprio minimal. Si accede al ristorante da un corridoio stretto e lungo alla fine del quale sulla destra si trova la cucina e in fondo la grande e luminosa sala dove sono dislocati i tavoli. Sempre dal corridoio, sulla sinistra si trovano le scale che portano al piano inferiore dove ci sono la cantina, la cucina destinata alla ricerca e sviluppo, e lo chef table che può ospitare fino a 6 persone. In cucina ci sono 35 persone. In sala 25, per servire una quarantina di sedute, quando il ristorante è pieno, cioè sempre, sia a pranzo sia a cena. Tre stelle Michelin dal 2023, ma per gli appassionati di tutto il mondo virtualmente tre stelle da quando è nato, secondo miglior ristorante al mondo per la World's 50 Best 2023, e tra i ristoranti top del mondo in ogni guida che si rispetti, Disfrutar (in spagnolo “godere”), nomen omen, è un posto dove si va non solo per mangiare divinamente, ma per cercare emozione. Castro, Xatruch e Casañas hanno fatto e continuano a fare un grande lavoro di ricerca, continuando nel tempo a spostare sempre un po' più in alto l'asticella del possibile, giocando con gli ingredienti, cercando di amplificarne i sapori, creando consistenze “wow”, divertimento in ogni boccone e sorpresa in ogni presentazione con l’obiettivo, secondo me perfettamente riuscito, di donare emozione pura. E non c’è bisogno di essere sofisticati gourmet.
Due i menu degustazione (entrambi da 275 euro), il menu dei “classici” e il menu “Festival” (quello che ho preso qualche giorno fa, quando ho avuto l’occasione di ritornarci), fatto di piatti nuovi creati per la stagione. Lascio la sorpresa a chi avrà la voglia di andarci e la fortuna di trovare posto.
Non vorrei dimenticare la sala, guidata magistralmente dal restaurant manager Vicente Lara, che ha un ruolo cruciale durante tutta l'esperienza. Sorrisi, calore, disponibilità, rigore impeccabile, informalità, personalità mostrati da tutte la persone che di avvicendano al tavolo per raccontare i piatti in modo da trasmetterne la complessità della ricerca tecnica e consentire di apprezzarli al meglio. Notevole il wine pairing (145 euro) che consiglio vivamente. Un posto che almeno una volta nella vita va provato. Disfrutar
Il vino della settimana: Cartizze
Il Cartizze, o meglio il Conegliano-Valdobbiadene DOCG Superiore di Cartizze è una tipologia di Prosecco, poiché la zona del Cartizze si trova compresa in quella del Prosecco Superiore. Il Cartizze rappresenta la punta d’eccellenza della produzione del Conegliano-Valdobbiadene DOCG. In occasione della pubblicazione della decima edizione di Vinetia – La Guida ai vini del Veneto di AIS, presentata il 4 novembre scorso, in cui al Valdobbiadene Superiore di Cartizze Docg de La Tordera è stato assegnato il premio quale miglior metodo Charmat, Angelo Sabbadin, presidente della giuria che ha assegnato il premio, ha scritto un articolo per la sezione vino di Passione Gourmet in cui si parla del Cartizze.
Buona lettura e buona domenica!
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